Un vaso, Orvieto e Vittorio Sgarbi

Orvieto

Tutto parte da un vaso che viene ritrovato da Marco Marino, restauratore e antiquario, commerciante di maioliche e proprietario di un museo privato. Il vaso viene venduto da Marino per 5 mila euro, essendo un pezzo databile al 1630,  alla fondazione cassa di risparmio di Orvieto. In poche settimane la città viene ricoperta da manifesti anonimi che chiedono le dimissioni del sindaco Antonio Concina accusato di sperperare denaro pubblico per comprare falsi leggendari. Si cerca, e viene trovato, l’anonimo accusatore, tale Marcello Mencarelli, l’altro antiquario del posto. Come è ovvio che sia, parte la controdenuncia, che diventa fuoco, perchè nel frattempo Marino è diventato assessore alla Cultura. Giancarlo Bojani, il perito del tribunale, afferma che il vaso per puzza risalirebbe alla fine dell’Ottocento. Il ceramologo da parte di Mencarelli, Giuliana Cardelli, conferma la datazione e aggiunge che l’opera è anche pesantemente restaurata e che il suo valore commerciale è pari a zero. Salta fuori, poi, che non è mai stato fatto l’esame della termofluorescenza che permette di datare esattamente il manufatto. Marino chiama in causa Vittorio Sgarbi che definisce comunque compatibile il prezzo pagato.