Nikki Sixx e il racconto sulle diversità

Nikki Sixx pubblica un libro fotografico "This is gonna hurt" che racconta storie meravigliose, per comprendere la bellezza delle differenze

Nikki Sixx crea qualcosa di rivoluzionario e controcorrente. Ma facciamo un passo indietro. Sul grande schermo la “diversità” è un tema che viene spesso affrontato, non sempre con il giusto rispetto. Il rischio più grande rimane quello di spettacolarizzare qualsiasi cosa, comprese quelle forme di handicap che meritano attenzione e non morbosità da quattro soldi.

Pellicole come “Freaks” (1932) di Tod Browning, L’enigma di Kaspar Hauser (1974) diretto da Werner Herzog, “The elephant man” (1980) di David Lynch ed Edward mani di forbice (1990) di Tim Burton hanno affrontato la deformità come attrazione senza mai dimenticare l’umanità di certi personaggi, seppure inventati. Dal cinema alla musica il passo è meno lungo di quanto si creda: nel 2002 in Italia il leader dei Death ss Steve Sylvester pubblicò l’album “Humanomalies”, dimostrando come alcune tematiche possono essere sdoganate.

A distanza di nove anni, oltreoceano, il bassista e fondatore dei Mötley Crüe Nikki Sixx pubblica il libro fotografico “This is gonna hurt”, in vendita online a 30 dollari. I più scettici potrebbero pensare a una semplice trovata commerciale, ma il fatto che Franklin Carlton Serafino Ferana Jr. – questo il suo nome all’anagrafe – non ha bisogno di denaro (ha venduto ottanta milioni di dischi con i compagni d’avventura Vince Neil, Tommy Lee e Mick Mars), sposta con decisione l’ago della bilancia. Di più. La morte di sua sorella Lisa Marie Feranna, di due anni più piccola (Nikki Sixx è nato nel 1958), affetta da sindrome di down, ha spinto al bassista americano a realizzare il volume per poterglielo dedicare.

«Compongo brani, scrivo diari, scatto delle fotografie. Creo arte e non prodotti», ha dichiarato Nikki Sixx, aggiungendo che le immagini presenti nel libro – tra queste quella di una donna priva delle gambe, di una ragazza magrissima e di una sexy nana – non sono state realizzate per shockare. «Io racconto storie, al pari di un reporter. Per me è l’occasione per far comprendere la bellezza delle differenze». E detto da una persona che imberbe fece il primo tatuaggio («Allora mia madre temeva che volessi unirmi a un circo», precisa), e che oggi ne è ricoperto dalla testa ai piedi, c’è da credergli.

Info: www.motley.com

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