I Leoni d’Oro della Biennale Architettura 2025 a Donna Haraway e Italo Rota

Leone d’Oro alla carriera alla teorica del Chthulucene e lo speciale alla memoria per il visionario designer milanese recentemente scomparso

Sono stati assegnati alcuni dei più ambiti premi per la 19ma edizione della Biennale di Architettura di Venezia, che aprirà al pubblico il 10 maggio 2025. Donna Haraway, una filosofa e docente statunitense, capo-scuola della teoria cyborg (una branca del pensiero femminista che studia il rapporto tra scienza e identità di genere) si aggiudica il Leone d’Oro alla carriera; mentre il Leone d’Oro Speciale alla Memoria va al recentemente scomparso all’architetto e designer milanese Italo Rota. Quest’ultimo sarà ritirato dalla sua compagna di vita e di lavoro Margherita Palli che, insieme a Stefano Capolongo, Ingrid Maria Paoletti e Konstantin Novosëlov partecipa alla Biennale Architettura 2025 con il progetto “Material Bank: Matters Make Sense”.

La decisione di questa assegnazione nasce da una proposta del curatore della Mostra, Carlo Ratti, ed è stata approvata dal CDA della Biennale presieduto da Pietrangelo Buttafuoco. In occasione dell’apertura del 10 maggio, avverrà la cerimonia di premiazione presso Ca’ Giustinian.

Il Leone d’Oro alla carriera a Donna Haraway

Carlo Ratti ha così motivato la decisione di assegnare il Leone d’Oro alla Carriera a Donna Haraway: “Donna Haraway è una delle voci più riconoscibili del pensiero contemporaneo a cavallo tra scienze sociali, antropologia, critica femminista e filosofia della tecnologia. Negli ultimi quattro decenni ha saputo esplorare, in maniera multidisciplinare e con una costante capacità di invenzione linguistica, temi come l’impatto dell’evoluzione tecnologica sulla nostra natura biologica, o i modi in cui il contesto ambientale del Chthulucene stiano ridefinendo i confini tra umano e non umano. Haraway ha inventato questa definizione – sulla scia dello scrittore statunitense H.P. Lovecraft – come alternativa al termine “Antropocene” per enfatizzare l’urgenza della coesistenza e della simbiosi con altre specie».

Donna Haraway è nata il 6 settembre 1944 a Denver ed è Distinguished Professor Emerita presso il Dipartimento di Storia della Coscienza dell’Università della California, Santa Cruz (UCSC). Dopo aver conseguito un dottorato in Biologia a Yale nel 1972, ha intrapreso un percorso accademico incentrato sugli studi sulla scienza e la tecnologia, affrontandone le implicazioni culturali, filosofiche e politiche attraverso una prospettiva interdisciplinare che unisce teoria femminista e studi multispecie. Presso la UCSC, partecipa attivamente allo Science and Justice Research Center e al Center for Cultural Studies

La sua riflessione si concentra sull’intreccio tra biologia, politica e cultura, e si articola attraverso il confronto con la fantascienza, la fabulazione speculativa, il femminismo speculativo, la scienza e le pratiche di coabitazione multispecie. Il pensiero di Haraway si distingue così per un approccio critico, ma fortemente immaginativo, volto a delineare mondi alternativi in cui superare o attenuare le sfide del presente grazie alla costruzione di nuovi miti e alla sperimentazione di forme inedite di parentela.

Il Leone d’Oro Speciale alla Memoria a Italo Rota

Carlo Ratti lo ha ricordato così: “L’avventura della Biennale Architettura 2025 iniziò insieme a Italo Rota alla fine del 2023. Si interruppe tragicamente con la sua scomparsa avvenuta un anno fa. Per questo motivo, sono particolarmente contento che il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia abbia accettato la mia proposta di conferire a Italo l’alto riconoscimento del Leone d’Oro Speciale alla Memoria”.

Italo Rota, nato a Milano il 2 ottobre 1953 e scomparso il 6 aprile 2024, ha dedicato oltre tre decenni a una ricerca progettuale avanzata e trasversale, spaziando dall’arte contemporanea alla robotica, con l’obiettivo di integrare sostenibilità e bellezza umanistica in soluzioni architettoniche innovative e d’impatto. Laureatosi al Politecnico di Milano, collaborò a lungo con Vittorio Gregotti e Franco Albini, per poi affermarsi, all’inizio degli anni Ottanta, vincendo insieme a Gae Aulenti e Piero Castiglioni il concorso per gli interni del Musée d’Orsay.

Stabilitosi a Parigi, Rota firmò progetti come la ristrutturazione del Museo d’Arte Moderna del Centre Pompidou (assieme a Gae Aulenti), l’illuminazione della Cattedrale di Notre Dame e delle rive della Senna, il restauro del centro di Nantes e le sale della Scuola francese alla Cour Carré del Louvre. Fece poi ritorno a Milano nei primi anni Novanta.

La sua opera ha lasciato tracce significative in Italia e all’estero, con interventi quali la Fabbrica di Robot Elatech a Brembilla, il Teatro dei bambini in Maciachini a Milano, il Padiglione laboratorio Noosphere presso la Triennale di Milano, e i Padiglioni EXPO 2015 dedicati al Kuwait, al Vino Italiano e a Arts and Foods. Tra le sue opere emblematiche si annoverano anche il Museo del Novecento in Piazza Duomo a Milano, il Tempio Indù a Dolvy, in India, e la sede della Columbia University a New York.

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