Among friends, suggeriscono da miart. Come nelle edizioni passate, e come avviene pure in altri appuntamenti fieristici, la manifestazione meneghina lancia una linea, celebrando stavolta Robert Rauschenberg. Pur omaggiando la poetica dell’artista, all’insegna dei legami duraturi, in occasione del centenario della nascita, la ventinovesima edizione della fiera milanese d’arte moderna e contemporanea fa sorgere alcune questioni, dalle ragioni che spingono un evento di mercato a caricarsi di una linea fino alla valutazione dello stato di salute dell’art system. Ma c’è una domanda che il tema della manifestazione impone: nel mondo dell’arte siamo davvero tutti amici? A risponderci sono stati gli stessi galleristi e operatori, che ci hanno raccontato le loro esposizioni in fiera e il loro punto di vista sulla collaborazione nel settore, oltre che sull’argomento più caldo del momento: l’IVA al 22% sulle opere d’arte.


Una fiera “among friends”, ma non lo sanno tutti
Una fiera è senz’altro una grande mostra e un’occasione di incontro all’insegna dell’arte, ma è prima di tutto un evento di mercato. Come è normale, sono diverse le gallerie che non tengono conto nell’esposizione del tema among friends. «Le fiere possono avere di certo un tema ma è chiaro che sono manifestazioni commerciali», dichiara Paola Potena, direttrice della galleria Lia Rumma (Milano e Napoli). «Penso che miart sia una fiera di qualità – prosegue – e in questi eventi il tema diventa un cappello sotto cui possono trovare posto tante realtà diverse e sotto cui ogni galleria può trovare il modo di inserire ciò che vuole».
Per alcune gallerie è di certo più semplice rendere il tema della fiera un elemento strutturale dell’esposizione. È il caso della galleria Mazzoleni, che ha declinato l’elemento-guida dell’amicizia attraverso le opere di Marinella Senatore. «Essendo un’artista partecipativa, Senatore lascia emergere nelle performance e nei workshop diversi sentimenti, tra cui quello dell’amicizia», spiega Jose Graci, direttore della sede londinese della galleria. Un discorso simile lo presenta anche la galleria Gió Marconi (Milano), che in occasione dei suoi sessant’anni di vita porta in fiera le opere di coloro che nel corso del tempo hanno ruotato attorno alla figura del gallerista.

Ma se il tema di una fiera è più una macro-linea, il maggiore investimento sulla sua portata dovrebbe provenire dalla manifestazione stessa. Sembrano inserirsi in questa prospettiva i talks among friends, che ampliano i limiti temporali dell’evento, e le iniziative previste nei giorni di fiera al Caffè Letterario by Herno, che ospita presentazioni di libri e dibattiti nei padiglioni di Allianz MiCo. Eppure la pervasività di quanto la manifestazione intende mettere al centro, l’amicizia come legame duraturo, sembra essere relativa. Nessuno spazio infatti per le forme d’arte più partecipative, le performance, e nessun workshop in programma nei giorni di fiera.
A miart il clima di collaborazione c’è
Su una questione miart ci ha preso in pieno. In un settore competitivo come quello dell’arte – ci si prova ad essere amici, dicono alcuni operatori in fiera – sembra intravedersi un nuovo senso di collaborazione. Oltre a testimoniarlo le numerose copie della lettera firmata da artisti, curatori e galleristi indirizzata al governo per chiedere l’abbassamento dell’IVA – attualmente al 22 % – sulle opere d’arte, lo confermano anche in molti in fiera. «Siamo gli unici che non fanno nulla, almeno finora, per cambiare le cose. Il precedente ministro sosteneva che le gallerie vendono lusso, non cultura, invece l’attuale sembra avere idee diverse», spiega Giuseppe Lezzi di M77 Gallery (Milano).
«C’è un senso di forte solidarietà tra colleghi e ITALICS ne è la testimonianza», spiega ancora Paola Potena. «La fiera è mirata su alcuni temi, funzionali al fatto che l’Italia deve fare sistema – aggiunge – in particolare i galleristi, che hanno gli stessi obiettivi pur nelle loro differenze di identità, di ricerca artistica e strategie commerciali, stanno capendo come fare sistema a dispetto di una politica che li mortifica. Insomma, a fronte dei tagli alla cultura e della mancanza di collegamenti tra enti diversi le gallerie si stanno organizzando e stanno creando un fronte comune. Nel chiedere un’IVA più vantaggiosa si sta scoprendo un nuovo modo di stare e lavorare insieme: nell’unire anche gli artisti tornano così a crearsi comunità, com’era prima».

Eppure sembrano esserci ancora motivi per le gallerie internazionali per partecipare alle fiere italiane. Lo affermano dalla galleria londinese Sadie Coles HQ: «qui c’è un mercato interessante con collezionisti importanti e miart è un’occasione per riconnettersi con loro». Insomma, esserci e creare dialoghi in un appuntamento internazionale sembra comunque valere di più della consapevolezza di un mercato svantaggioso.