Performing Architecture: le periferie di Milano si trasformano in un laboratorio creativo

Un festival diffuso anima cinque quartieri periferici della città tra architettura, arte e partecipazione collettiva. Un progetto ideato da BASE e DOPO? per valorizzare luoghi trascurati attraverso interventi artistici e culturali

Dal 3 aprile fino al 13 aprile a Milano accoglie il festival dal titolo “Performing Architecture” che animerà cinque quartieri della città: Tortona, Barona, Stadera, Chiaravalle e Corvetto. Si tratta così di un evento diffuso che spazia dall’architettura alle arti performative con un progetto ideato da BASE e DOPO? due realtà culturali impegnate nella promozione del design sociale e nel coinvolgimento diretto delle persone.

Attraverso una proposta che intreccia performance, architettura, arte e design, l’iniziativa si propone di generare nuove modalità di interazione tra cittadini e spazi urbani. Il nucleo concettuale dei vari progetti presentati risiede nella valorizzazione e potenziamento di luoghi già esistenti: spazi marginali o trascurati, il cui potenziale è spesso soffocato dal degrado, dalla microcriminalità e da altre problematiche sociali. L’intento è quello di restituire significato e fruibilità a questi luoghi attraverso interventi artistici e culturali che li rendano punti di riferimento positivi per la comunità.

Un simposio, tenuto nella giornata del 13 marzo 2025, ha anticipato il lancio del festival a cui hanno partecipato curatori, artisti e rappresentanti dei cinque quartieri coinvolti nel progetto. Durante questo sono state portate alla luce le tematiche che daranno forma al festival.

Le due tavole rotonde del simposio di Performing Architecture

Tra i cinque quartieri coinvolti nel progetto “Performing Architecture”, Stadera e Barona emergono come simboli centrali dell’iniziativa. Le associazioni culturali Stadera Design District e Barrio’s operano come veri e propri laboratori di sperimentazione artistica, promuovendo attività di scambio e creazione collettiva. Durante la prima delle due tavole rotonde, il dibattito si è concentrato sull’evoluzione degli spazi urbani e sull’azione collettiva come metodo progettuale.

Anche Fantastudio, un hub specializzato nella produzione di contenuti visivi, era presente all’incontro per presentare il progetto legato al “Salone del Mobile”. Collaborando con l’associazione “Vicini di Strada” e Municipio 5, l’iniziativa punta a valorizzare il quartiere Stadera attraverso percorsi esplorativi. I cittadini potranno visitare coworking, studi creativi e spazi indipendenti dedicati all’arte, al design e all’artigianato, partecipando attivamente alla riscoperta del territorio.

La seconda tavola rotonda, moderata da Salvatore Peluso (co-fondatore di DOPO?), ha visto la partecipazione di BASE Milano, Matilde Cassani, Martina Rota, DOPO?, Sbagliato, Caterina Gobbi, Campo Base Project, Terzo Paesaggio, Lemonot e Luca Boffi. Il simposio è stato occasione per presentare le idee e le strategie di intervento artistico e architettonico nello spazio pubblico. Attraverso un confronto tra gruppi creativi e contesti differenti, l’obiettivo comune era quello di ridefinire gli spazi abitati nella zona sud di Milano. Le pratiche avviate in collaborazione con i residenti dei quartieri mirano a trasformare luoghi esistenti in nuove opportunità di espressione artistica e di inclusione sociale.

Coinvolgimento della comunità

L’approccio alla progettazione partecipata si fonda su percorsi lunghi e articolati, costruiti attraverso una serie di workshop e incontri che coinvolgono scuole, famiglie, artisti e cittadini. L’obiettivo principale è quello di far emergere l’identità e le esigenze di ogni quartiere, attraverso l’adozione di strumenti adeguati e condivisi. Durante un simposio, Sara Ricciardi e Carolina Moretti di Fantastudio sottolineano l’importanza di procedere lentamente, dedicando momenti specifici alla condivisione con i cittadini che partecipano attivamente alla definizione del progetto, delle parole chiave e del luogo da valorizzare.

L’incontro con gli abitanti del quartiere presso la Libreria Chiesa Rossa, punto di riferimento fondamentale per la comunità di Stadera, è stato un primo passo concreto del progetto. Da questo è scaturita una mappatura collettiva dei desideri e dei sogni dei residenti raccolti da sessanta partecipanti. Questa mappatura non è solo un elenco di aspirazioni, ma un insieme di idee legate a luoghi specifici, scelti e discussi congiuntamente da cittadini, artisti e progettisti.

Il Giardino Gianfranco Bianchi è stato individuato come sito ideale per l’installazione finale, frutto di un processo di confronto e dialogo che ha attraversato mesi di incontri e discussioni. L’opera, denominata “Arena Stadera”, è concepita come uno spazio aperto a ogni tipo di interazione e confronto, pronto a riflettere e accogliere le dinamiche quotidiane del quartiere. La varietà delle reazioni attese al progetto diventa essa stessa testimonianza della complessità e della vitalità del contesto urbano.

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