È cominciata una nuova era commerciale e i dazi imposti dall’amministrazione Trump sembrano già colpire anche il mondo dell’arte. L’impatto si registra però a monte, sul mercato globale dei materiali, e a osservare il fenomeno, oltre che a subirlo, sono gli artisti. Il presidente degli Stati Uniti ha infatti annunciato a febbraio 2025 nuove tariffe del 10% sulle importazioni dalla Cina, aumentate al 20%, e del 25% sul quelle da Messico e Canada. Pure prima che entrassero in vigore il 4 marzo i dazi firmati da Trump hanno cominciato a creare scompiglio nel settore artistico, in particolare per quegli artisti statunitensi che portano avanti studi e ricerche affidandosi a materiali d’importazione.
Un sovrapprezzo per materiali senza valore
Sono già diverse le testimonianze di artisti statunitensi che lamentano l’impatto dei nuovi dazi. Tra queste c’è quanto affermato da Jennifer Ling Datchuk, che per importare dalla Cina opere rotte in ceramica e stampi in gesso ha dovuto pagare un sovrapprezzo alla dogana. Come ha dichiarato a The Art Newspaper, i funzionari doganali le hanno sottolineato come ad aumentare i valori tariffari fosse una vera e propria «guerra commerciale».

Ma non solo, perché la stessa artista a gennaio ha ordinato dei capelli da una fabbrica di Shenzhen per una mostra e si è vista interrompere la spedizione quando lo United States Postal Service ha rifiutato quelle provenienti dalla Cina. «È come se ogni giorno ci fosse una novità», ha affermato Datchuk, che ha già riadattato la sua pratica impiegando materiali diversi nel 2022, quando i prodotti acrilici, per capelli e per fornace, importati dalla Cina, sono diventati rari o costosi. Ora è la volta, insomma, anche del gesso e di supporti generalmente economici.
Trump e i dazi: il clima è di attendismo
Pronte ad aumentare ancora pure le tariffe, stavolta globali, sulle importazioni di acciaio e alluminio, altri materiali impiegati da numerosi artisti, che subiranno un’implementazione del 25% a partire dal 12 marzo. Per un Paese che importa il 70% del suo alluminio, la prospettiva si fa complessa, soprattutto per la poca presenza sul territorio statunitense di produttori nazionali. In questo senso, a frenare sulle commissioni di progetti sono sia le iniziative pubbliche che i collezionisti privati.
Tra gli artisti che hanno commentato c’è stato Roger Reutimann, che lavora a sculture monumentali, spesso proprio in acciaio. Sottolineando come l’impatto dei nuovi dazi stia creando un senso di insicurezza nei collezionisti, o in generale in coloro che commissionano opere d’arte, ha affermato: «vedo persone che frenano la spesa». Al tempo stesso, non si può correre ai ripari e produrre i materiali localmente, perché i costi aumenterebbero in maniera esponenziale: ai 5.000 dollari stimati per l’importazione di acciaio lucidato dalla Cina corrisponderebbero, nelle valutazioni di Reutimann, ben 30.000 se si scegliesse la via della produzione locale. Resta da vedere se la frenata generale di artisti e committenti implicherà la scelta, ancora una volta dopo gli aumenti nel 2022, di materiali alternativi.
