Nei cinema italiani, la storia dell’Ecce Homo di Caravaggio

Un documentario diretto da Àlvaro Longoria, racconta l'affascinante storia dell'Ecce Homo del Merisi. Nei cinema il 10, l'11 e il 12 marzo

Il Caravaggio perduto è il documentario diretto da Àlvaro Longoria e racconta l’affascinante storia di un quadro, l’Ecce Homo di Caravaggio. Attraverso un viaggio nelle diverse città europee, il lungometraggio illustra alcune dei capolavori del Merisi, aiutandoci a comprendere la sua arte e la sua unicità, che lo ha reso uno degli artisti più importanti della storia.

Il documentario racconta anche l’affascinante e misterioso mondo dei “dormienti”, ovvero di quelle opere d’arte di enorme valore che restano nascoste o erroneamente non classificate come tali, così come il dipinto che fa da punto focale della nostra storia. Guidato dal mercante d’arte Jorge Coll e dai suoi soci, il team ha seguito per tre anni con un accesso unico ed esclusivo il restauro, l’attribuzione e la vendita di quest’opera d’arte, che fino ad allora era rimasta nell’ombra. Il thriller ricostruisce il retroscena del restauro e del lungo processo che ne ha confermato l’attribuzione, aprendo le porte all’affascinante mercato dell’arte e a tutte le sue complessità, visibile nei cinema italiani il 10, l’11 e il 12 marzo.

L’Ecce Homo, il quadro caravaggesco del mistero

Le indagini sull’autenticità della tela sono durate ben tre anni, con grande parte della critica che oramai non ha più dubbi sulla sua originalità. I dubbi in realtà erano sorti a causa della pessima conservazione in cui il quadro riversava: l’elemento visivo è sempre legato a ciò che si vede e ciò che si vede può benissimo essere una immagine alterata, che a causa di successive ri-dipinture, può naturalmente ingannare.

Il dipinto è comparso in un’asta spagnola nell’aprile del 2021, dove risultava attribuito a Jusepe de Ribera e valutato appena 1500 euro. La questione è stata sollevata da Maria Cristina Terzaghi, professoressa universitaria di storia dell’arte moderna nonché grande studiosa dell’artista seicentesco e da altri importanti critici italiani. Da qui la decisione di non vendere l’opera e di non farlo uscire dai confini dello stato spagnolo.