Nel Decreto Cultura nessun abbassamento dell’IVA

Una decisione che potrebbe avere delle conseguenze importanti per la competitività dell’Italia sul mercato internazionale

Nella giornata del 3 febbraio 2025 è stato approvato dal Governo il Decreto-Legge Cultura del 27 dicembre 2024 n. 201. Per la sopravvivenza del commercio dell’arte risultava fondamentale per gli addetti ai lavori l’abbassamento dell’aliquota sugli oggetti d’arte, ma non è stato incluso nessun emendamento di riforma della fiscalità e della circolazione delle opere d’arte. Di conseguenza, l’Italia dovrà fronteggiare sempre più gli svantaggi per rimanere competitiva sul mercato internazionale.

Dopo la seconda lettura in Senato, il DL sarà convertito in legge intorno alla fine del mese di febbraio e probabilmente non ci sarà nessuna aggiunta o integrazione. Nel marzo 2023 Vittorio Sgarbi aveva già anticipato un abbassamento dell’IVA al 5,5%. Svaniscono ancora le speranze, almeno per il momento, di possibili agevolazioni del mercato dell’arte in Italia che possano avvicinarla alle condizioni in cui lavorano altri paesi come Francia o Germania.

Le proteste degli addetti ai lavori

Il Gruppo Apollo, a seguito del mancato intervento normativo previsto dal Governo nel Decreto-legge in merito alla mancata riduzione delle aliquote IVA sulle importazioni e transizione relative a opere d’arte, ha espresso un forte disappunto. Apollo, che rappresenta l’industria dell’arte in Italia e riunisce le principali case d’asta, antiquari, gallerie di arte moderna e contemporanea e imprese della logistica, insieme a ANGAMC si sono da tempo esposti per l’adozione di misure correttive volte a mantenere l’Italia competitiva nel mercato.

L’associazione ha dichiarato che «Per il nostro settore questo è il colpo di grazia. Di fatto l’Italia uscirà dal mercato internazionale, perché non le sarà più concesso competere con i paesi europei. Oggi l’IVA ordinaria è al 22% a fronte di regimi fiscali estremamente più competitivi, come quello tedesco o francese, che hanno abbassato strategicamente e in maniera tempestiva le aliquote al 7 e al 5,5%, cogliendo l’opportunità consentita dalla direttiva (UE) 2022/542». 

Prosegue poi: «Il Governo, inoltre non modifica neanche il regime di circolazione dei beni artistici e di antiquariato. Mentre negli altri Paesi europei per l’uscita dei beni dal territorio nazionale si raggiunge come soglia di valore 300.000,00 euro, in Italia esiste un’unica soglia di valore pari a 13.500 euro applicabile a qualsiasi tipologia di beni, tranne quelli archeologici, di età superiore a 70 anni. Tutto ciò crea grave impedimento alla circolazione delle opere rendendo il mercato del nostro Paese sempre più complesso, farraginoso e quindi meno attrattivo, con la conseguente svalutazione dell’arte e degli artisti italiani nel mondo».

Le possibili conseguenze

Con l’assenza dei tagli sull’IVA l’aliquota è ancora fissa al 22%. È così che il mercato dell’arte italiano risulta sempre meno attrattivo: chi vorrebbe fare affari all’interno dei confini è disincentivato e potrebbe valutare l’idea di spostare la propria attività altrove.

La decisione del Governo di non prevedere gli emendamenti a riguardo ha come probabile conseguenza, oltre a mettere in difficoltà il mercato dell’arte in Italia, di far sì che l’Italia risulti un contesto ostile in cui lavorare. Questo potrebbe portare gli operatori a spostare le loro attività in paesi dove il lavoro è più conveniente e prolifico. L’Italia rischia così di perdere molte opportunità di mostre, senza contare le gallerie, le fiere, le accademie e il lavoro di artisti, restauratori e artigiani. Insomma, una grande svalutazione di un settore fondamentale per la cultura e la storia del paese.

Il Gruppo Apolo ribadisce: «Da tempo attendevamo questi provvedimenti vitali per il nostro settore. Occorre dunque intervenire ora con la massima urgenza attraverso misure in grado di interrompere questa spirale che mette a rischio il comparto dell’arte e l’intero sistema culturale del Paese».