I lavori più recenti di Jan Fabre protagonisti da Mucciaccia Gallery

Un gioco con i materiali per indagare questioni esistenziali contraddistinguerà la mostra dell'artista belga da Mucciaccia Gallery

L’esplorazione di questioni esistenziali attraverso la performatività dei materiali prescelti sarà al centro della rassegna che la romana Mucciaccia Gallery ospiterà dal 31 gennaio al 1 marzo 2025: il protagonista è Jan Fabre. Portando nella Capitale l’arte visionaria di uno dei più grandi innovatori della scena contemporanea, la galleria presenterà per la prima volta in Italia i due più recenti capitoli della produzione artistica di Jan Fabre. Si tratta di Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud) e Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre), raccolti in una mostra a cura di Dimitri Ozerkov.

Jan Fabre: un percorso ai confini dell’arte

Tra materia e spiritualità, Jan Fabre porta a Roma il suo universo creativo, esplorato con un corpus di opere che attraversano l’essenza del pensiero umano, la fragilità della vita e il potere trasformativo dell’arte. Ma le grandi questioni divengono prodotti visivi attraverso un vero e proprio gioco con la performatività dei materiali: la mostra è allora un’occasione in cui, nel dialogo costante tra corpo, mente e materia, immergersi in un viaggio tra simbolismo, innovazione e intimità personale, nel quale Fabre continua a spingere e a forzare i confini dell’arte reinventando antiche metafore per affrontare questioni contemporanee. In particolare, l’esposizione fa un uso innovativo di materiali come il marmo di Carrara, il Vantablack (la più nera versione esistente del nero) e i colori a matita e tempera.

Mucciaccia Gallery: si parte con “Songs of the Canaries”

La fragilità della vita, l’inseguimento dei sogni e la continua ricerca dell’umanità di comprendere il cielo sono al centro del primo capitolo espositivo, intitolato Songs of the Canaries (A Tribute to Emiel Fabre and Robert Stroud). Fabre esplora queste tematiche attraverso un’installazione composta da opere meticolosamente scolpite in marmo di Carrara e disegni a matite colorate su Vantablack. Una serie di sculture raffigura canarini appollaiati in cima a cervelli umani, apparentemente in contemplazione dei meccanismi interni della mente. Dettagli come le piume di un canarino – metafora della libertà e della fragilità – o le vene di un cervello si trasformano in una poesia scultorea che armonizza i suoni del cielo con l’eco dei pensieri umani, attraverso titoli evocativi come Thinking Outside the Cage (2024), Sharing Secrets About the Neurons (2024) e Measuring the Neurons (2024).

Vera e propria protagonista di questa prima sezione espositiva è la scultura monumentale The Man Who Measures His Own Planet (2024). Nell’opera una figura si erge su una scala, con le braccia tese come a voler misurare l’immensità del cielo: il cranio aperto rivela una “terra incognita” del cervello, simbolo dell’incessante ricerca dell’artista e dell’uomo per capire l’incomprensibile, mentre il corpo è modellato su quello di Fabre stesso. Il volto rimanda invece al fratello scomparso prematuramente, Emiel, a cui è dedicata la mostra. In più, questo primo capitolo Songs of the Canaries è anche un omaggio a Robert Stroud, detto “Birdman of Alcatraz”, un prigioniero che divenne un rinomato ornitologo, specializzato in canarini.

La seconda sezione da Mucciaccia Gallery tra arte e jazz

Il secondo capitolo alla Mucciaccia Gallery sarà Songs of the Gypsies (A Tribute to Django Reinhardt and Django Gennaro Fabre), una sezione che mescola il jazz e l’arte con la vita personale dell’artista in un’esplorazione della relazione tra fragilità e creazione in opere che uniscono tradizione iconografica e innovazione contemporanea. Le tre grandi sculture in marmo di Carrara che costituiscono il cuore dell’installazione è raffigurato un neonato fuori scala, il figlio dell’artista all’età di 5 mesi e mezzo, ma alto come il padre.

Questa seconda sezione della mostra inizia infatti con una nota personale: Fabre ha chiamato il suo primogenito Django Gennaro, dove Django si riferisce a Django Reinhardt, virtuoso chitarrista gypsy jazz belga, acclamato da musicisti di tutti i generi come geniale e innovativo. Le delicate forme infantili scolpite incarnano il mistero della nascita e della creazione e sono anche messaggere di partiture musicali jazz, che appaiono sia incise nel marmo sia nei disegni dai colori vivaci, evocando una dimensione giocosa e improvvisata, ispirata alle pitture infantili del giovane Django e ai brani di Reinhardt.

Come una partitura musicale multidimensionale che trasporta lo spettatore sulle note dei grandi successi del chitarrista gitano “Minor Swing”, “Nuages” o “Manoir de Mes Rêves”, le opere conducono in un mondo di sogni concreti, di vite fatte d’arte; un lento swing tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, un invito artistico a contemplare la fragilità e lo splendore della condizione umana. La mostra tutta è un inno alla musica, filo conduttore che attraversa entrambe le serie: Fabre intreccia note e immagini, trasformando il gypsy jazz di Django Reinhardt in una colonna sonora visiva, mentre i canarini, simbolo di canto e libertà, diventano messaggeri tra il terreno e il celeste.

Anche un catalogo per la complessità di Jan Fabre

Nato ad Anversa nel 1958, Jan Fabre è un innovatore di spicco e una delle figure più influenti del panorama artistico contemporaneo internazionale. Contribuendo all’arte visiva, al teatro e alla letteratura, è stato il primo artista vivente a tenere grandi mostre personali in istituzioni prestigiose come il Museo del Louvre di Parigi nel 2008 e il Museo Hermitage di San Pietroburgo nel 2017. Inoltre, è l’unico artista ad aver ricevuto l’onore della Cour d’Honneur del Festival di Avignone per tre edizioni consecutive (2001, 2005 e 2006) e ad essere stato incaricato di creare un’opera per la Felsenreitschule al Festival di Salisburgo nel 2007.

In ragione della sua lunga e consolidata carriera, in mostra saranno presenti i contributi di Giacinto Di Pietrantonio, Melania Rossi e Floriana Conte. L’esposizione sarà anche accompagnata da un catalogo ricco di analisi critiche e immagini, curato da Melania Rossi e Giovanna Caterina de Feo; un approfondito omaggio alla complessità dell’arte del maestro belga, che intreccia temi personali, simbolici e universali.

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