Il nuovo format di Fondazione Malutta, collettivo di oltre 50 artisti che sfida ogni tipo di convenzioni, è “I Pilastri”, serie di idee folli e inattese, che settimanalmente raccontano la ricerca artistica di uno dei membri. Protagonista del terzo appuntamento, inaugurato il 9 gennaio presso l’innovativo spazio veneziano JoyStick, è Barbara Prenka che vive e lavora tra Venezia e Berlino.
Inaspettata sorpresa di queste serie espositive, è la scelta di manifestare una sola opera dell’artista in mostra: proprio per questo, entrando nello spazio, è inevitabile respirare l’arte e coglierne l’essenza, cercando di comprendere da un lavoro singolo l’intera filosofia. Con Barbara Prenka, succede che ti trovi al cospetto di una grande coperta monumentale, un oggetto quotidiano e apparentemente banale, che maschera in realtà metafore molto più complesse: la sensazione è quella di essere immersi in un’atmosfera rarefatta, lasciando al di fuori delle mura, un tempo convulso, febbrile. «Ricreando una coperta, analizzo un simbolo che ci accompagna dalla nascita sino alla morte, un rifugio, una casa. I colori si ispirano a cieli e luoghi distanti, che si uniscono in un’unica immagine i cui ci sono confini ritagliati dalle cuciture», ha raccontato l’artista.
La sua ricerca infatti, non a caso è ispirata dalla consuetudine di cose che spesso diamo per scontato, con un processo creativo sempre in itinere: nella coperta, che spesso ricorre come soggetto nella sua pratica, le cuciture sono labirinti, grovigli simbolici, ancestrali. Allegoria di un viaggio iniziatico, quei rattoppi ricreati in quelle texture e colori così brillantemente sfumati, aiutano a comprendere una storia molto più ampia. Guardando le sue installazioni, si ha come l’impressione di sfogliare un diario segreto, essere al cospetto di qualcosa che ci appartiene ma non conosciamo fino in fondo: un eco nostalgico a cui continuamente facciamo appello nella ricerca della nostra identità, un legame custodito, reinventato, trasformato, proprio come in un rituale di passaggio, il delicato ingombro di qualcosa di segreto e prezioso, nascosto e letteralmente cucito nella propria trama.