Numero Cromatico, immaginare nuovi orizzonti

Intervista al collettivo vincitore del Talent Prize 2024, una rivoluzione che parte dal rinnovamento, oltre le logiche di mercato

È nelle pieghe della storia che l’arte interrompe la sua linearità. A sussulti temporali, grandi e piccole rivoluzioni hanno forzato la rottura di quella linea, per uccidere il chiaro di luna, provando a regolare i conti con il passato. Nel Novecento c’erano le Avanguardie, prima quelle storiche poi i grandi movimenti degli anni Sessanta e Settanta. Oggi, che di quei gesti sovversivi sembra rimasta solo l’eco, la spinta al cambiamento va rintracciata in sentieri meno battuti, in narrazioni più sussurrate. La ricerca di Numero Cromatico si regge proprio sul presupposto di prendere le distanze da ciò che è stato in una proiezione di futuro interdisciplinare in cui linguaggio, estetica e contenuti si adeguano al presente, utilizzando ogni possibile strumento offerto dalle nuove tecnologie. Diversi per formazione ed esperienze, gli artisti e le artiste che formano il gruppo vincitore del Talent Prize 2024 funzionano come un vero laboratorio di ricerca che intreccia produzione artistica, studio scientifico ed editoria per «concepire l’arte come strumento di sconfinamento e immaginare nuovi orizzonti».

Tre scenari sulla percezione del tempo – Atto I La Memoria, 2021

Quando, come e perché nasce Numero Cromatico?
Nasce nel 2011, in un momento storico molto particolare, in cui il mondo stava attraversando una profonda crisi economica e culturale, partita dagli Stati Uniti ma con forti conseguenze anche nel nostro Paese. Si è trattato di un periodo di recessione con importanti ricadute su molti settori, tra cui quello dell’arte. Avevamo la sensazione che, nell’ambiente artistico, non fosse presente alcun dibattito in grado di produrre delle novità e delle vie d’uscita da alcuni schemi tradizionali dell’arte. Delle questioni per noi di importanza centrale, come il tema della ricerca scientifica, dell’interdisciplinarità e dell’arte come motore di cambiamento, non sembravano interessare il sistema dell’arte contemporanea. D’altra parte, ai nostri occhi, stavano emergendo approcci all’arte molto confusi, spesso conformisti e privi di senso. Questi non offrivano alcun tipo di resistenza estetica, culturale o sociale, non aprivano a chiavi di lettura diverse rispetto al passato, ma seguivano sostanzialmente i trend del mercato. Creammo quindi un gruppo con la voglia e la necessità di contribuire all’evoluzione del pensiero culturale e artistico e con la ferma convinzione di non seguire mode momentanee o compiacere il mercato, il pubblico e i collezionisti.

Da un punto di vista pratico come si sono evoluti quella voglia e quella convinzione?
I primi anni, l’attività del gruppo gravitava principalmente intorno alla rivista “Nodes”, il nostro primo progetto, uno strumento per investigare la condizione dell’arte e le possibili interazioni con altre discipline. Sentivamo l’urgenza di ridare all’arte una centralità nel dibattito culturale e ridefinire delle categorie estetiche e semantiche. Fin da subito la rivista è stata uno strumento per creare una rete di relazioni che ci ha portato negli anni a dialogare con ricercatori di tutto il mondo, compresi premi Nobel e istituti di ricerca nazionali e internazionali. Stavamo gettando le basi per un orientamento interdisciplinare alla ricerca artistica, inteso come un’integrazione di conoscenze e metodi di diverse discipline, che mettesse in atto una reale sintesi di approcci. Nel 2015 decidemmo di prendere uno spazio che funzionasse non solo come studio, ma come luogo in cui produrre progetti espositivi, eventi di divulgazione, momenti di dibattito e confronto sui problemi estetici, coinvolgendo diversi attori del mondo dell’arte.

Numero Cromatico, The future will not wait for us ovvero Il futuro non ci aspetta, Galleria T293, Roma, 2023

L’introduzione dell’IA come ha cambiato il vostro lavoro?
Quando abbiamo deciso, nel 2019, di integrare le IA nella nostra produzione artistica, lo abbiamo fatto innanzitutto perché ci sembrava lo strumento più adatto, avanzato e rapido, per sperimentare la generazione stocastica di stimoli testuali. Questa nuova tecnologia, infatti, ci permetteva di avere a disposizione un algoritmo generativo che, dopo un periodo di addestramento, poteva produrre testi su temi specifici da noi individuati. Da allora abbiamo realizzato tre IA che generano testi di diverso tipo: P.O.E. epitaffi, I.L.Y. poesie d’amore e S.O.N.H. statement sul futuro dell’umanità. Queste nascono dalla volontà di sondare alcune questioni da sempre fondamentali per gli esseri umani: il rapporto con la morte, l’amore e l’immaginazione del futuro. Da qualche tempo stiamo lavorando a due nuovi progetti in cui sono coinvolti anche centri di ricerca nazionali e internazionali. L’idea è di mettere alla prova gli algoritmi, sondare limiti e prospettive, metterli in dialogo tra loro, tutto questo non solo per comprendere il funzionamento delle IA, ma soprattutto per comprendere qual è il ruolo dell’arte in questo momento storico.

Tra i capisaldi della vostra pratica ci sono stati in questi anni veri e propri esperimenti sul campo che intrecciano arte e scienze coinvolgendo il pubblico.
Crediamo che, in questo momento, il metodo scientifico sia uno degli strumenti sperimentali più adatti alla scoperta e alla conoscenza dei fenomeni di funzionamento dell’essere umano. Per questo motivo abbiamo ritenuto necessario promuovere e integrare tali conoscenze nella ricerca artistica e inserirci con la nostra attività anche nel dibattito scientifico sull’arte. Purtroppo, ancora oggi, è molto difficile trovare sia nell’ambiente artistico che in quello scientifico soggetti realmente aperti a un approccio interdisciplinare. Da entrambe le parti si guarda, per motivazioni diverse, con distanza alla controparte. Noi proponiamo invece un approccio effettivamente interdisciplinare in cui le conoscenze scientifiche – insieme a quelle filosofiche e tecnologiche – sono strumentali alla produzione di opere d’arte che possano confrontarsi con i cambiamenti in atto. Nel corso degli anni abbiamo fondato e incrementato un’attività sperimentale che oggi si nutre di importanti collaborazioni e progetti. Le principali linee di ricerca sulle quali lavoriamo sono due: una indaga come i processi cognitivi top down influenzano la fruizione estetica (di questa linea fa parte l’esperimento condotto ad ArtVerona nel 2019, che è stato il primo esperimento di neuroestetica svolto in una fiera d’arte italiana); l’altra indaga, oltre ai processi cognitivi top down, anche l’influenza dei processi bottom up nella percezione dell’opera d’arte (in questo contesto si collocano gli studi svolti nel corso delle mostre Superstimolo al MAXXI di Roma e Eternal struggle of my desire al Museo Nazionale Romano).

The future is here, somewhere, Effimera a cura di Claudia Pignatale e Giorgio Galotti, Internazionali BNL 2024, Roma, photo Serena Eller

Quali sono i risultati scientifici più interessanti o inaspettati a cui siete arrivati?
Abbiamo osservato ad esempio che quando siamo posti di fronte a un’opera che sappiamo esser stata fatta con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, esprimiamo giudizi di piacevolezza e valore estetico significativamente più bassi rispetto a quelli verso un’opera fatta da un umano. Si tratta di un vero e proprio pregiudizio culturale che abbiamo registrato, confermato in letteratura da ormai numerosi altri studi, che indica come le informazioni che abbiamo su un’opera – come ad esempio l’autore o la sua biografia – ne possano influenzare la fruizione. Scopriamo sempre di più che l’esperienza estetica è un processo complesso e multidimensionale, che non ha a che fare solo con le caratteristiche formali dell’opera ma coinvolge tutto ciò che la riguarda, dal contesto alle credenze culturali.

Molti dei testi che vengono prodotti dall’IA si trasformano in opere che prendono forme diverse e occupano diversi supporti, come Noosfera, l’installazione ideata di recente a Pesaro per la Chiesa del Suffragio. Non avete il timore che in questo mare di parole l’opera possa svuotarsi di significato?
La ricerca sulle potenzialità e i limiti degli algoritmi è solo una delle cose sulle quali stiamo lavorando in questi anni. Seppure in molte opere i testi sembrano avere un ruolo centrale, sono presenti molti altri elementi che concorrono alla definizione dell’opera. Tutti questi elementi non hanno lo scopo di offrire al pubblico un significato ma di attivare un’esperienza multisensoriale e ambigua. Noosfera è un ambiente in cui è presente un videomapping di 40x8m, un ambiente sonoro e delle postazioni di ascolto. Lo abbiamo progettato per accompagnare le persone in un’esperienza introspettiva e con l’intenzione di non offrire alcun significato al pubblico, anzi lo scopo è arrivare al grado zero del significato. I testi si sovrappongono e sono un pretesto per lasciare spazio all’immaginazione del pubblico. L’opera, per noi, esiste nelle interpretazioni del fruitore e lo spazio, così, si riempie di volta in volta delle storie e dei significati di ognuna delle persone che visitano la mostra. È il pubblico a creare il significato, mettendo in relazione la propria esperienza personale con tutti gli elementi che costituiscono l’opera.

Nelle regole della bellezza, 2024, Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro

Tra i vostri principi teorici c’è sempre stata l’idea che l’artista non debba esprimere contenuti creativi propri, che cosa rispondete a chi ancora oggi teme che l’intelligenza artificiale possa sostituire l’uomo negli ambiti legati alla creatività? Recenti sentenze hanno persino negato la possibilità dell’arte generata dal’IA di essere protetta da copyright.
Siamo convinti che l’opera d’arte debba essere un dispositivo aperto, uno stimolo in cui il pubblico può proiettare memorie, riflessioni, o mettere in discussione il proprio modo di vedere il mondo. Contestiamo chi crede, ancora oggi, che l’artista debba esprimere se stesso e la propria unicità, o che l’opera d’arte sia frutto dell’ispirazione di una qualche sregolata genialità creativa. Siamo contro il concetto di copyright e contro il concetto di autorialità su cui si è fondato il sistema dell’arte contemporanea e il mercato a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Ciò non sta a indicare che non diamo importanza a chi realizza un’opera d’ingegno, o che non sia giusto riconoscere la maternità/paternità di un’opera, ma con le dovute accortezze. L’autore non può diventare più importante di ciò che produce. Nell’attuale sistema dell’arte contemporanea assistiamo alla mitizzazione dell’autore basata su indicatori che esulano dall’opera d’arte e dall’innovazione teorica ed estetica. In questa direzione la firma vale più delle opere in sé. Si tratta di un meccanismo basato, da un lato, sulle logiche di mercato e, dall’altro, sulle trasformazioni attivate dalla pervasività dei social media.

Cosa c’entrano i social media con la questione dell’autorialità?
C’entrano nella misura in cui stanno trasformando le opere in prodotti e gli artisti in brand da sfruttare sostanzialmente per attività diversificate, spesso molto lontane dalla risoluzione di un problema estetico. Inoltre, siamo ormai immersi in una rete che relativizza i corpi, che ci fa perdere la capacità di distinguere il vero dal falso, che sta modificando i legami, le relazioni, il contatto tra esseri umani. In questo contesto vanno riconsiderati i principi estetici e sociali dell’arte, e sarà necessario riconsiderare i concetti di copyright e di autorialità. Noi abbiamo una profonda fiducia nella specie umana, non troppa invece per le popolazioni umane che abitano la terra in questo momento. La creatività umana è attualmente ancora molto più complessa delle reti neurali. Ma non ci spaventa la possibilità che in futuro le IA possano inventare opere d’arte che competano con quelle create dagli esseri umani. Siamo fiduciosi che creeremo, come specie, le condizioni per nuove forme di convivenza con la tecnologia.

Io vi darei tutto il mio amore, 2024, photo Andrea Donini

“Cancella il passato e mandalo in frantumi” recita una parte del testo ricamato sull’opera vincitrice del Talent Prize. Qual è secondo voi oggi il sistema migliore per andare oltre e creare una nuova narrazione?
L’arte del secolo scorso, basata sulla libertà, la radicalità e spesso sugli eccessi, appartiene al passato. Anche le grandi contrapposizioni tra arte pura e arti applicate, tra opere d’arte e prodotti
di consumo, sembrano essere svanite. L’arte oggi viene valutata sul mercato come un prodotto di marca, come strumento di accusa o di sdegno, o come contributo a temi sociali dibattuti a livello locale o globale. In passato lo scopo degli artisti era sviluppare nuovi stili, scoprire e utilizzare mezzi precedentemente estranei all’arte, prendere le distanze da forme d’arte precedenti. Oggi risulta più importante far parte di un qualche tipo di minoranza, prendere una posizione politica, o essere impegnati in un qualsiasi tipo di attivismo sociale. Tale mancanza di interesse per i fondamenti della ricerca e per le teorie estetiche sta modificando sensibilmente il significato stesso di fare arte. E allora vediamo una standardizzazione dell’offerta artistica internazionale in cui il mercato, i social network, la comunicazione, il marketing, prevalgono sulla ricerca. Gli artisti, che in passato sono sempre stati un’avanguardia culturale, oggi si adeguano alle regole della comunicazione, invece di cercare vie d’uscita o soluzioni a questo stato di cose. Siamo convinti però che l’arte possa offrire al mondo la possibilità di liberarsi da una vita alienata e in balia del vortice del consumismo e del capitalismo digitale. Ma questo non può accadere adeguandosi ai trend e alle mode, o inseguendo la popolarità sui social network. Rinnovare è la chiave della ricerca artistica, e lo sarà anche in futuro, perché la rivoluzione e la ricerca di nuovi paradigmi non sono solo un vezzo appartenuto al passato. Sono la base di come funzioniamo come esseri umani.

L’opera vincitrice del Talent Prize 2024

Numero Cromatico si è aggiudicato il primo premio al Talent Prize 2024 con l’opera Cerca il significato del mondo. Un arazzo che coinvolge l’osservatore su più livelli percettivi ponendo un’interrogazione critica sul presente. Il testo poetico, realizzato con l’ausilio di un’intelligenza artificiale istruita dal collettivo, non ha messaggi precostituiti o univoci e non fornisce contenuti personali degli artisti ma è uno stimolo verbale aperto a più interpretazioni a seconda delle memorie, delle esperienze e dello status di chi guarda. L’opera si fa portatrice delle ricerche in ambito estetico, politico e sociale che Numero Cromatico indaga sin dalla sua fondazione e sui valori estetici fondativi del gruppo. Attraverso arazzi, mosaici, installazioni, ambienti, opere digitali e performance, infatti, Numero Cromatico ha lavorato negli anni sull’attivazione di processi immaginativi nuovi con lo scopo di risvegliare la coscienza collettiva contemporanea anestetizzata dal sistema economico neoliberista.

TTP WINNER WORK – Cerca il significato del mondo, 2024

Biografia del collettivo

Numero Cromatico si compone di ricercatori provenienti da vari campi del sapere, dal mondo dell’arte alle neuroscienze. Sin dalla sua fondazione nel 2011, il gruppo ha avuto come scopo principale quello di ridefinire e ampliare i confini della ricerca artistica, integrando teorie, metodologie e tecnologie, anche scientifiche, alla luce delle possibilità e delle sfide della contemporaneità. Nelle sue installazioni, Numero Cromatico ibrida arte visiva, design, architettura e letteratura, con il sapere scientifico, tra cui neuroestetica, estetica empirica, psicologia sperimentale e digital studies, allo scopo di immaginare nuove forme di relazione tra esseri umani, natura e tecnologie e mettendo in discussione i paradigmi della società contemporanea. Numero Cromatico conta numerose esposizioni personali e collettive in gallerie e musei di tutta Italia, tra i quali il MAXXI L’Aquila, Palazzo Brancaccio e la galleria T293 a Roma, il Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro. Tra i progetti pubblici più recenti: Il vento ti porta a me in occasione dell’iniziativa Straperetana tra le strade del borgo di Pereto in Abruzzo e Io vi darei tutto il mio amore, realizzato per i vent’anni della Fondazione Pastificio Cerere di San Lorenzo. Il collettivo ha deciso di affiggere per le vie della Capitale frasi e pensieri basati sulla raccolta dei sogni del pubblico.

Numero Cromatico, 2024, portrait

numerocromatico.com

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