Al di là di una periferia, cos’è un confine? Un rito ripetuto, quasi perpetuo, che celebra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo, l’andare oltre per dare un senso alle linee, forse una necessità che ha a che fare con l’irrefrenabile bisogno di quei confini che in realtà, abbiamo dentro.
Le luminose mura dello spazio di AlbumArte, nel cuore della città eterna, accolgono la ricerca artistica di Verdiana Bove, Guglielmo Maggini, Pietro Moretti, Caterina Sammartino e Adelisa Selimbašić, giovani talenti under 35 che operano nella Capitale. La mostra, dal titolo Al di là della periferia della pelle, è curata da Adriana Polveroni e Cristina Cobianchi e racconta prospettive diverse sull’indagine della marginalità, per parlare di confini urbani ed umani, concreti e spirituali e che a volte, più che superare, basta semplicemente abbracciare. Opere inedite e site-specific, si interrogano su come la pelle possa delimitare il corpo dall’esterno, definendo primariamente la distanza fisica fra il dentro e il fuori.
Un confine urbano, come quello approfondito da Pietro Moretti, in cui la pittura, evoca stati d’animo vissuti in atmosfere cittadine, intrise di ricordi ed immaginazione: osservare un suo quadro equivale a perdersi fra le più remote contraddizioni dell’esperienza umana. Con Verdiana Bove le periferie corporee diventano incontri di luci ed ombre, visualizzati in tempi e spazi onniscienti, in cui la pelle diventa il primo momento per distinguere.
Adelisa Selimbašić utilizza la raffigurazione di scenari femminili in contesti odierni e mai oggettificati, raccontando e disegnando corpi ed identità in un figurativismo che a primo impatto ricorda la sensibilità pittorica di Romina Bassu. Un ambiente intimo e dalla luce soffusa connota l’arte di Caterina Sammartino, in uno spazio altro che unisce e diventa paradigma di connessione con il circostante. La culla posta al centro della stanza, è realizzata in lino e canapa, in cui si intravedono – come spesso accade nelle sue creazioni – sprazzi di colore oro, da lei inteso come unico modo di raggiungere lo spirituale, in un paradigma visivo che inverte il senso dei fondi medievali più belli. Argilla, polimeri plastici, presenze viventi e luminose dall’aspetto resinoso: il lavoro di Guglielmo Maggini ha luogo al confine tra installazione e scultura, natura ed artificio.
Ciò che scaturisce dall’itinerario espositivo, è una ricerca aperta sul presente e sul dialogo a più voci, in quella perenne sensazione che inevitabilmente accompagna chi entra da AlbumArte, quel vivere un tempo già trascorso o non ancora avvenuto, immerso nella tensione di quei “confini al di là della pelle” che a volte, sono semplicemente dentro.
All photo Giorgio Benni, courtesy AlbumArte
Dal 18 novembre 2024 al 4 gennaio 2025
AlbumArte, Via Flaminia 122, Roma