Mocha Mousse, il colore del 2025 nella storia dell’arte

Dagli antichi dipinti rupestri sino al contemporaneo più vivo: la particolare tonalità di marrone scelta da Pantone è protagonista anche nell'arte

Solamente pochi giorni fa, l’azienda statunitense Pantone designava il Mocha Mousse come il colore del 2025: una tonalità di marrone «tenue e rilassante», morbido, caldo, avvolgente. Le sfumature del marrone come questa, hanno dimostrato nel corso della storia dell’arte una forte presenza nei dipinti dove il colore veniva utilizzato per realizzare tonalità crepuscolari o scure. Anticamente, per ottenere una cromia del genere e le sue relative nunces, si utilizzava l’umber, pigmento naturale di argilla composto da ossido di ferro e ossido di manganese, le cui prime tracce sono presenti nei dipinti preistorici o il terra d’ombra grezza, altro pigmento naturale che deriva dalla terra.

«Il marrone è un colore lento. Prende il suo tempo. È il colore dell’inverno. Ma anche il colore della speranza, in quanto sappiamo che non resterà sepolto per sempre nella neve ghiacciata» scriveva il regista e scrittore Derek Jarman in Chroma. E forse è proprio per questo che, sebbene la sua apparente assenza simbolica, sia stato così amato dagli artisti di tutti i tempi.

Il Mocha Mousse, dai geroglifici egizi all’arte romana

Nell’Antico Egitto, era proprio il marrone a connotare la pelle delle figure: marrone/rossiccia per quelle maschili e gialla per quelle femminili. In questo caso specifico, i colori riflettono la realtà: gli uomini uscendo di casa molto più delle donne per lavorare, erano ovviamente maggiormente esposte al sole. Per quanto riguarda l’arte romana, è sopratutto durante l’età antonina che si prediligevano decorazioni policrome con cornici in stucco bianco su fondi gialli, rossi e marrone.

Dall’arte medievale all’arte moderna, le sfumature del Mocha Mousse

Alnus glutinosa, ontano comune, catecù, noce comune, henné, salice rosso, nocciolo sono solo alcune delle venature di marrone utilizzate dagli artisti durante il periodo medievale. Nel Rinascimento invece, il marrone indicava un abito modesto e religioso, mentre il beige era il colore delle povertà. In Inghilterra, abiti marrone opaco erano indossati dalle classi inferiori. Leonardo Da Vinci ad esempio, era solito utilizzare lavaggi colorati in tonalità seppia. Nel De coloribus libellus pubblicato a Venezia nel 1528Antonio Telesio seleziona dalla selva lessicale dell’antichità soltanto dodici colori principali e tra questi, anche le diverse tonalità di marrone.

Durante il periodo barocco, non è raro trovare sfondi castano o cioccolato fra cui si annodano complessi meccanismi simbolici e allegorici: fiori recisi o appassiti, frutta fresca o bacata, vasi, tavole imbandite, porcellane, libri, bicchieri, clessidre, candele, teschi sono gli elementi variamente combinati, legati ai temi della fugacità del tempo e della bellezza o a quello della morte e della vanitas, che spiccano su scenari color caffè.

Il colore nel contemporaneo

Nelle opere di Georges Braque il movimento spaziale richiama la quarta dimensione temporale, con frammenti assemblati e schiacciati sulla tela. La mancanza della prospettiva e l’assenza di ombre costringono gli occhi dello spettatore a muoversi continuamente alla ricerca di un punto di vista anche se quest’ultimo non esiste. Ad essere sempre presente però, è proprio la medesima gamma cromatica, visto che le tinte infatti sono sempre le stesse: l’ocra, il bianco, il grigio, ma sopratutto il marrone assieme a materiali fino ad allora totalmente estranei alla pittura come sabbia, legno, paglia e corda che riprendono i coloriti più svariati del bruno.

Fra gli artisti dei nostri giorni, Livio ContaPeter DemetzArnold HolzknechtWalter MoroderHermann Josef RunggaldierAndreas SenonerPeter SenonerMatthias Sieff, Mario CeroliAdolf VallazzaWilly Verginer e Bruno Walpoth, realizzano scultore lignee in cui le modulazioni del marrone, sono le assolute protagoniste.

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