Comedian, tra Nicolas Bourriaud, la rete e gli NFT

L'opera di Cattelan ha trasformato l'arte in vero e proprio "sito di navigazione". Che ci piaccia o no, è un vero cambio di paradigma

Nel suo libro Postproduction, il critico d’arte francese Nicolas Bourriaud scriveva che «l’arte non è più il punto terminale del ‘processo creativo’ […] ma un sito di navigazione, un portale, un generatore di attività». 

Era il 2004 e allora, come forse a qualcuno ancora oggi, quelle parole apparvero sì seducenti, ma assai enigmatiche. Anni dopo, la curatrice e art writer americana Ceci Moss affermava che «l’opera non è inerte e chiusa, ma evolve all’interno della sua situazione di rete […] un’opera d’arte espansa
riproduce, viaggia e accelera attraverso diversi spazi e forme, ricostituendosi di volta
in volta». Anche allora parole che profumavano di nuovo, ma dal significato lievemente oscuro. 

Ci ha pensato Comedian a chiarire il pensiero dei due teorici. E sì, la banana più ghiotta (c’è sempre qualcuno disposto a qualunque cosa pur di mangiarsela), e più famosa del mondo e tutto il sequel che ne è nato dal 2019, anno in cui viene presentata per la prima volta nello stand della galleria parigina Perrotin e venduta a 120mila dollari in occasione di Art Basel Miami Beach, finalmente dà sostanza vera all’idea di Bourriaud dell’arte non più come oggetto (ma questo lo sapevamo), ma come un “sito di navigazione”. 

Comedian, criticata da più parti, da altri vista come lo smascheramento definitivo dei guasti che hanno stravolto il sistema dell’arte – una sorta di proclama che il “re è nudo” –, al di là delle valutazioni, è ad oggi il punto terminale, il “generatore di attività”, come diceva ancora Bourriaud, di un processo (o di un farsa) che unisce in una feroce strozzatura mercato dell’arte, mondo della comunicazione, meme compresi, e mondo delle criptovalute. Infatti, come dice Ceci Moss, Comedian “non è inerte, ma evolve all’interno della sua situazione di rete, ricostituendosi di volta in volta”.

Ha generato performance, la prima Hungry Artist dell’artista David Datuna – il primo a staccarla dal nastro adesivo e a mangiarsela davanti a una selva di telefonini e il video, pubblicato sul profilo Instagram dell’artista, in un giorno arrivò a sfiorare 60mila visualizzazioni– fino al clamore mediatico e planetario della performance di Justin Sun che, dopo averla pagata oltre 6 milioni di dollari, se l’è mangiata, anche lui a favore di telecamera. Dando manforte, probabilmente suo malgrado, alle riflessioni di Bourriaud e Moss, allorché, dopo l’acquisto di Comedian, ha affermato che «essa rappresenta un fenomeno culturale che connette i mondi dell’arte, dei meme e della comunità delle criptovalute».

E qui vale la pena fermarsi un attimo per ricordare che Justin Sun non è solo un collezionista ricco e dotato di acume performativo. Prima di questo, è il fondatore della piattaforma di criptovalute Tron che, come tutte le criptovalute, ha largamente beneficiato della rielezione di Donald Trump, tanto che si dice in giro che per lui 6 milioni di dollari equivalgano a 600mila euro per un altro riccastro con il prurito dell’arte. E poi c’è il fatto che una casa d’asta come Sotheby’s, chiacchierata negli ultimi tempi per la sua presunta crisi, si è aperta alle criptovalute (segno di crisi o dei tempi?) le quali, quindi, entrano nel mercato dell’arte dal salotto buono.

Ma c’è ancora dell’altro: dalle cripto agli NFT. La furbata di Sun di mangiarsi la banana ha trasformato Comedian appiccicata al muro in una sorta di NFT (ne parla Giorgia Aprosio su Domus), perché la banana non c’è più, come in effetti era già sparita nella bocca di Datuna nel 2019, ma rimangono le puntuali istruzioni date da Cattelan sulla sua possibile sostituzione e su come riappenderla, con il posizionamento obliquo dello scotch. Un po’ come aveva fatto Damien Hirst nel 2022 quando aveva bruciato le sue opere per realizzare degli NFT. Ma allora era l’artista stesso a operare la trasformazione. Ora, invece, a farlo è qualcun altro che agisce nel “campo di navigazione” attivato da Cattelan.  

Quindi, è solo vero in parte quello che scrive Cristian Caliandro, quando dice che, dopo il covid, tutto è cambiato fuorché il mercato dell’arte. Perché stavolta, che ci piaccia o meno, siamo di fronte a un vero cambio di paradigma. L’opera, Comedian, non solo svela la follia del mercato dell’arte, ma diventa qualcos’altro, vive nella rete e genera altre cose, e fa sempre più parte del mondo della comunicazione piuttosto che di quello dell’arte. Mettendo in dubbio la sussistenza stessa dell’arte per come l’abbiamo conosciuta, più o meno, fino ad oggi.

Articoli correlati