Leiko Ikemura e quel legame con il passato vivo nel presente

Alla Tim Van Laere Gallery, la mostra di Leiko Ikemura è una riflessione sull'uomo e sulle consapevolezze di un mondo in cui bisogna esistere, non solo abitare

Una metamorfica fluidità: non c’è concetto più sintetico per esprimere l’evocativa creatività di Leiko Ikemura, che senza alcuna soluzione di continuità abilmente muore e rinasce nel figurativo e nell’astratto, tra monumentali dipinti, disegni introspettivi e acquerelli, materiche sculture in terracotta smaltata, vetro e ceramica. Illusorio paradosso che, nonostante l’indefinitezza delle forme e quella loro ibrida crudezza, è raro respirare al giorno d’oggi, un’arte più umana di questa. 

L’esposizione romana Mia mamma Roma, terza personale dell’artista alla Tim Van Laere Gallery, allude al celebre film di Pasolini del 1962: qui Mamma Roma, interpretata da un’indimenticabile Anna Magnani, è una prostituta che per amore del figlio decide di cambiare vita. Così, gli spiriti femminili protagonisti dell’arte di Ikemura, sono fragili e malinconici ma allo stesso tempo, rumorosi, eclettici, possenti: dietro la scultura Mia Mamma Roma, fulcro della mostra, imperturbabile si cela una figura dalla forma di un vaso, che incarna concrete metafore dell’esistenza umana e di tutte le sue ideologiche sfaccettature. Proprio come contenitori da riempire, nella dialettica alternanza di pieno e vuoto, le sue sculture accolgono e respingono, lottano e resistono.

Mia mamma Roma è la storia di un’esposizione profondamente legata all’archeologia della Capitale e alle sue infinite stratificazioni temporali. Come è nato questo rapporto?
In realtà, è anche la mia storia personale: quando sono arrivata in Europa, prima di andare in Spagna sono atterrata a Roma, dove sono rimasta per un solo giorno, proprio come Audrey Hepburn e questo è il mio primo ricordo della Capitale, cuore dell’Europa. Mi sono sentita una principessa, come nel film, ma sfortunatamente sono rimasta un solo giorno. Ho girato tanto, ero una giovane ragazza per la prima volta all’estero, ho incontrato persone diverse ed è stato meraviglioso il modo in cui questi incontri di una parte d’Europa sono avvenuti. Questa è la prima storia, ma ce n’è un’altra: sono stata invitata ad esporre dalla Tim Van Laere Gallery esattamente un anno fa: ho visto lo spazio, e ho trovato un’atmosfera magica, contemporanea, di una capitale non solo d’Italia ma per me dell’Europa intera. Personalmente è una città tutta da scoprire per la mia arte: sono molto curiosa e continuo a studiare, poichè affascinata dalla sua storia, dalla sua politica, dalla sua arte. In questo senso sono davvero attratta da Roma perchè il tempo è fluente, ogni volto è intriso di una storia antica, bellezza e vissuto. Del resto, per me non è importante ammirare i dipinti classici come Tiziano, ma devo camminare, guardarmi attorno, vedere i volti e comprendere ciò che accade.

Come i personaggi del film pasoliniano a cui ti sei ispirata, la tua è un’arte che spesso si interroga sugli ultimi, esplorando vissuto umano e condizioni sociali, con sguardo profondo e sensibile. Cosa muove la tua ricerca?
Nel film di Pierpaolo Pasolini Mamma Roma, è molto profondo il legame tra la madre e il figlio: tutta la sofferenza, tutti gli sforzi che ha dovuto sostenere pur di garantire un futuro dignitoso al figlio, nonostante un passato buio. In questo senso, anche mia madre è stata una figura davvero forte e fondamentale per la mia vita. Adoro la forza di queste donne senza nome: il loro potere risiede nel fatto di sostenersi a vicenda e in realtà sono molto preoccupata per il ruolo delle donne cresciute in società patriarcali come il Giappone o l’Italia.

Nelle tue opere è evidente l’intima relazione tra forme umane, animali, vegetali, minerali e cosmologia. Da cosa scaturisce il bisogno di questa sintesi?
Credo che questo derivi dalla mia infanzia, ma anche dal mio periodo in Europa. L’uomo continua a porsi al centro dell’universo spesso dimenticandosi che condivide il mondo con tutte le migliaia di elementi che ne fanno parte. Ritengo che l’arte possa farti portavoce di un messaggio futuro sull’importanza delle connessioni fra di noi e che non si debba focalizzare solo sul capitalismo e sul profitto. Se osserviamo il corpo umano troviamo analogie con gli altri animali, possediamo ali, code ma in differenti forme. Questo ci deve far capire che l’uomo non può essere arrogante e deve rispettare gli altri esseri viventi ed eventi naturali come le nuvole, il sole, il cielo, il vento, ed è ciò che attraverso i miei quadri rappresento.

La serie Girl in mostra, rispetto agli anni Novanta, presenta un’evoluzione: da spiriti fragili a ragazze coraggiose consapevoli dell’incertezza del loro tempo. Cosa ti ha portato a questo netto cambiamento stilistico?
Questo perchè riflette il mio stato di quegli anni, facendo trasparire ogni mia emozione e sentimento: solitudine, vulnerabillità, fragilità di ogni giorno. All’epoca sentivo la solitudine e rappresentava un momento introspettivo per me: è stato un periodo importante perché mi ha permesso di trovare la mia persona. Dopo 20 anni ho voluto dare un evoluzione a quello che avevo lasciato, rappresentando il mio percorso la mia crescita fatta di lotte e di coscienza, con la consapevolezza che le sofferenze non sono finite mai finiranno. Ma adesso lo voglio e lotto.

Dal 16 novembre 2024 al 1 febbraio 2025
Tim Van Laere Gallery, Roma
info: Tim Van Laere Gallery

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