Il chiaroscuro tonante e l’esaltazione coloristica che rifugge da ogni intento antiplastico, rendono l’arte del Guercino raffinata e poetica, concreta testimonianza di quell’artista originario di Cento “che dipinge con somma felicità d’invenzione. È gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori”. Sono queste le parole attraverso cui Ludovico Carracci, suo maestro in giovane età, descriveva il talentuoso pittore, soffermandosi sulla bellezza delle sue opere ed il suo aspetto, che invece dal bello era, paradossalmente, così tanto lontano.
L’esposizione visibile sino al 26 gennaio 2025 presso le romane Scuderie del Quirinale, racconta il magico luminismo guercinesco e i capolavori da lui realizzati durante il papato Ludovisi, risultato degli insidiosi meccanismi che dai tempi più remoti si innestano fra arte e potere. Curata da Raffaella Morselli e Caterina Volpi, la mostra si sofferma in particolare sul rivoluzionario biennio tra il 1621 e il 1623, ovvero quello del papato di Gregorio XV e del mecenatismo del cardinal nipote Ludovico Ludovisi: i due trasferitisi da Bologna a Roma, portarono con sé il loro pittore preferito, Giovanni Francesco Barbieri, meglio conosciuto come Guercino.
Realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale Romano, le Gallerie degli Uffizi e i Musei Capitolini, la mostra vede la presenza di 121 opere provenienti da 68 prestigiose istituzioni prestatrici. Il percorso espositivo, come già il titolo mette in luce, si snoda non solo attorno alla figura di Guercino ma approfondisce anche il breve ma intensissimo periodo del papato Ludovisi a Roma.
Oltre a lui, le sale accolgono capolavori di Guido Reni, Domenichino, Lanfranco, Annibale e Ludovico Carracci, Pietro da Cortona, Padovanino, Van Dyck, Poussin e Bernini. A rendere interessante l’itinerario, è proprio il confronto artistico che scaturisce fra ritratti e paesaggi di artisti che del ‘600 hanno fatto la Storia, evocando episodi di rivalità, scambio e influenza reciproca: dall’incantevole arte del Guercino ai dissapori di Bernini e Pietro da Cortona, i due geni del Barocco, sino al Poussin, il “Raffaello francese” che amava l‘Italia e i suoi paesaggi.
Dinastia Ludovisi: fra arte e potere nella Roma del Seicento
Nonostante la sua breve durata – dal 1621 al 1623 – il papato Ludovisi, incastonato fra le potenti famiglie dei Borghese e Barberini, apporta nella Capitale innumerevoli innesti artistici. Con la nomina pontificia di Gregorio XV, si assiste anche alla contestuale fioritura dei pittori di scuola bolognese in città, primo fra tutti proprio il Guercino, a cui nel dicembre del 1621 fu commissionata la grande pala Sepoltura e gloria di Santa Petronilla per la Basilica di San Pietro, oggi ai Musei Capitolini. «Ammirai in modo particolare la Santa Petronilla, la quale stava già in S. Pietro, dove venne sostituita all’originale una copia in mosaico. Si vede il cadavere della santa sotto alla tomba, richiamato a novella vita, ed a giovinezza eterna in cielo; si potrà dire quello che si Vorrà di questa doppia azione, il quadro non cesserà per questo dall’essere stupendo» scriveva Goethe nel suo Viaggio in Italia nel 1817.
In vista del Giubileo del 1625, il papa e il cardinale Ludovico Ludovisi, avviarono un’imponente opera di promozione di eventi religiosi: il commuovere diventa mezzo di persuasione e l’arte strumento di propaganda per trasmettere significati simbolici attraverso un’iconografia capace di toccare nel profondo lo spettatore. Ne è concreta testimonianza il Mosé, recente aggiunta al catalogo di Guercino: si riconosce nella tela un profeta in preda ad una visione estatica e l’unico attributo iconografico che lo identifica come tale, sono i raggi di luce allusivi alla rivelazione divina.
Casino Ludovisi: da Caravaggio a Guercino, un prezioso scrigno nel cuore di Roma
Il percorso della mostra prosegue eccezionalmente con la visita al Casino Ludovisi: originariamente di proprietà del Cardinal Del Monte, mecenate del Merisi a cui commissionò il dipinto murale che si trova all’interno con Giove, Nettuno e Plutone, la villa venne poi venduta alla famiglia Ludovisi, diede il nome al complesso architettonico.
Del Caravaggio, Guercino ebbe dunque modo di osservare da vicino un’opera che costituisce un unicum all’interno della vasta produzione dell’artista lombardo: infatti, nel 1621 papa Gregorio XV gli commissiona una sconvolgente Aurora affrescata nel grande salone del piano nobile, che poi dà il nome al Casino: nel dipinto è rappresentato il volo del calesse trainato da due cavalli pezzati nell’immensità della volta celeste, tra le figure allegoriche del giorno e della notte.
Secondo Denis Mahon, l’intuizione arriva al maestro attraverso la lettura dell’Iconologia di Cesare Ripa: nella rappresentazione, il maestro di Cento sembra aver fatto uso parziale anche se non strettamente fedele, del celebre manuale iconografico. Qui l’Aurora viene descritta come «giovinetta, alata, per la velocità del suo moto, che tosto sparisce, di color incarnato con manto giallo, nel braccio sinistro un cestello pieno de varij fiori, et nella stessa mano tiene una facella accesa, et con la destra sparge fiori».
Un segno inconfondibile animato dall’impulso di un barocco scenografico intriso di classicismo ed esigenze naturaliste: “ovunque si respira Guercino” scriveva sempre Goethe. E come biasimarlo.
Dal 31 ottobre al 26 gennaio 2025
Scuderie del Quirinale, Roma