Numero Cromatico vince il Talent Prize 2024. Tutti i finalisti e Premi Speciali della XVIIesima edizione

La giuria ha proclamato il collettivo al primo posto di questa edizione insieme agli altri finalisti che saranno in mostra alla GNAM di Roma

Si è svolta il 10 settembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma la riunione della giuria della XVIIesima edizione del Talent Prize, il concorso ideato da Guido Talarico, editore e direttore di Inside Art, promosso da Inside Art, che ha decretato tutti i nomi vincitori del premio che parteciperanno in autunno alla mostra alla GNAM.

Il primo premio è stato conferito al collettivo Numero Cromatico, che si aggiudica un riconoscimento dal valore di 10 mila euro (5mila in denaro e 5mila in promozione), mentre il secondo e terzo posto sono andati rispettivamente a Francesca Cornacchini e Valerio D’Angelo. Le novità di questa edizione, erano state preannunciate, saranno tante, in primis quella della location della mostra conclusiva del Premio, che sarà allestita nelle sale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, e poi l’ingresso del nuovo Premio Speciale GNAM che prevede l’acquisizione da parte del museo dell’opera selezionata dalla Direttrice Cristina Mazzantini: einfühlung (ainfuulun), di Arianna Pace.

La rosa completa degli artisti è stata votata e selezionata quest’estate da una giuria composta dai nomi più autorevoli del mondo dell’arte contemporanea, tra nuovi arrivi e capisaldi che sono con noi dalle primissime edizioni: Cristina Mazzantini (Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma), Guido Talarico (editore e direttore di Inside Art), Alessandro Giuli (ancora in qualità di Presidente della Fondazione MAXXI), Adriana Polveroni (critica d’arte), Peter Benson Miller, (storico dell’arte e curatore), Teresa Emanuele (Art Project Manager e Fotografa), Gianluca Marziani (curatore e critico), Roberta Tenconi (Pirelli HangarBicocca, Milano), Federica Pirani (Storica dell’arte contemporanea), Chiara Parisi, (Centre Pompidou, Metz), Ludovico Pratesi (critico d’arte), Marcello Smarrelli (Fondazione Ermanno Casoli, Fabriano), Anna Mattirolo (Scuderie del Quirinale, Roma), Luca Lo Pinto (Museo Macro, Roma) e Costantino D’Orazio (Direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria).

Il primo posto a Numero Cromatico

Numero Cromatico si aggiudica il primo premio con l’opera Cerca il significato del mondo. Un lavoro inedito che coinvolge l’osservatore su più livelli percettivi – come ci hanno da sempre abituato gli artisti – ponendo un’interrogazione critica sul presente. All’interno dell’opera, infatti, diversi elementi agiscono simultaneamente sul fruitore, il testo poetico realizzato con l’ausilio di un’intelligenza artificiale istruita dal collettivo, non ha messaggi precostituiti o univoci e non fornisce contenuti personali dell’artista ma è un stimolo verbale aperto a più interpretazioni a seconda delle memorie, delle esperienze e dello status di chi guarda.

L’opera si fa anche portatrice delle ricerche in ambito estetico, politico e sociale che Numero Cromatico porta avanti sin dalla sua fondazione e sui valori estetici fondativi del gruppo. Il collettivo, nato nel 2011 a Roma, si compone di un gruppo di ricercatori provenienti dal mondo dell’arte e delle neuroscienze. Sin dalla sua fondazione ha aperto una riflessione sul futuro della ricerca artistica, ibridando sapere umanistico e scientifico, innovazione tecnologica e tecniche artigianali, diventando punto di riferimento sul tema della neuroestetica e dell’utilizzo di tecnologie all’avanguardia nell’arte. Attraverso arazzi, mosaici, installazioni, ambienti, opere digitali, performance, Numero Cromatico ha lavorato negli anni sull’attivazione di processi immaginativi nuovi con lo scopo di risvegliare la coscienza collettiva contemporanea anestetizzata dal sistema economico neoliberista.

I nove finalisti

Il secondo posto va a Francesca Cornacchini con l’opera Thunderbolt #2. Parte della serie See you on a dark night, questo episodio avvia una ricerca sui disastri naturali, proponendo un’operazione subculturale verso nuovi scenari tecno-biologici. Racchiuso nel fumo di un fumogeno, analizza il fulmine, la sua poetica turbolenta, energetica ed entropica. Contestualizzando il lavoro nel Technopessimismo, la tela diventa un paesaggio sovversivo, un nuovo futuro dirompente nella simbiosi armonica tra tecnologia e natura, industria e subcultura. Liberandosi dalla linearità del tempo e abbracciando la virtualità che genera caos e casualità, l’opera ripercorre nell’atto dell’happening l’imprevedibilità di una tempesta.

Terzo sul podio Valerio D’Angelo con Too Far for Light to Travel: quindici metri di raggi luminosi attraversano lo spazio, un viaggio simbolico fino ai confini del nostro universo, e quindi della conoscenza. Ragionando sulla natura fisica e limitata della luce, l’installazione si compone di otto tubi in plexiglass trasparente avvolti da pellicola dicroica, che non permette, o permette solo in parte, che la luce lo attraversi. Qui, oltre il limite raggiunto dalla luce, arriva l’immaginazione, dove si estendono infinite possibilità.

Rientrano nella cerchia dei finalisti anche: Federica Di Pietrantonio con The Field, cortometraggio machinima che esplora il ruolo mediatico e culturale delle sottoculture digitali, focalizzandosi su esperienze in piattaforme sociali e videogiochi. Il video, di natura documentaristica, discute le complessità dell’identità e dell’appartenenza digitale, basandosi sulle storie di utenti identificati come hikikomori, neet e gold farmer, inserendole in un impianto visivo pastorale che inverte la condizione di isolamento autoimposta.

Antonio Della Guardia partecipa con Il lavoro Replica del disincanto, che analizza il linguaggio dei gesti usato nell’ambito manageriale durante le pubbliche esposizioni. Un’indagine che parte dalle compenetrazioni tra pratiche teatrali e mondo aziendale avvenute attraverso il Business Theatre, nato durante la metà degli anni ’80 in Québec e diffuso oggi in diversi ambiti lavorativi. Partendo dall’analisi di uno dei gesti più usati, l’opera articola in chiave immaginifica una nuova metrica di azione, finalizzata a trasformare e allo stesso tempo depotenziare il linguaggio semiotico. Una partitura performativa di evasione disegnata intorno alle bande, formando la sequenza circolare di un’anatomia liberata.

El asunto Miguel di Diego Miguel Mirabella è invece frutto dell’incontro dell’artista con gli artigiani del mate burilado, la tecnica pre-incaica dell’incisione di piccole zucche ornamentali diffusa in alcune regioni del Perù. Mirabella ha affidato agli artigiani peruviani frasi e suggestioni personali da fondere alle più tradizionali rappresentazioni della cultura andina. I lavori svettano su basi appositamente realizzate dall’artista con tecniche, materiali e modalità diverse, elaborazioni visive di un racconto di viaggio attraverso il paese sudamericano ed il suo paesaggio.

Andrea Polichetti con Upside Down indaga l’elemento del plinto attraverso una ricerca focalizzata su alcuni basamenti di travertino trovati all’interno del Museo delle Navi di Nemi, spesso inutilizzati agli angoli della sala del museo. Questo stato di inattività comporta la perdita della funzione di supporto dei plinti e ne determina una condizione altra, indipendente. L’artista parte da questa variazione semiotica per realizzare “un monumento ai secondi”, una testimonianza di una condizione esistenziale a cui dare memoria.

Avvistamenti (17 May 12:34) di Martina Zanin esplora l’ambiguità delle dinamiche di potere, in particolare nel rapporto padre-figlia attraverso la metafora del falco con la sua preda, generando riflessioni trasversali sulla natura dell’aggressività, sulla violenza psicologica e sulle strutture patriarcali all’interno della sfera familiare, nonché sul rapporto uomo-animale. Comunica con il padre assente trasferendo la sua figura nel mondo animale, portando il diario privato ad una dimensione installativa pubblica. L’opera, collocata in una posizione alta e angolare, costringe lo spettatore nella prospettiva della preda, confinandolo in un angolo.

In 80 Portraits: 73 Männer, 7 Frauen Jonas Höschl ha passato al setaccio numerose piattaforme di ricerca antifasciste e portali internet, realizzando una serie di ottanta ritratti ai quali è stato cancellato il viso. I codici visivi e i loghi dell’estrema destra, però, appaiono su camicie, giacche e sciarpe delle protagoniste e dei protagonisti per lo più vestiti di scuro. Inserendosi in una lunga tradizione di fotografie di questo tipo, con tanto di informazioni sulla persona ritratta, le immagini del nemico scattate in occasione di marce e raduni vengono spesso diffuse nelle reti di riferimento e lanciano un monito agli attivisti. L’archivio fotografico indaga in diversi formati spazi di risonanza nella nostra complessa epoca contemporanea.

Alice Paltrinieri ha partecipato con I MISS THE TRANSITIONAL PLACES, opera parte di una ricerca più ampia sui sogni che l’artista conduce da qualche anno. In un tentativo di cancellazione del buio, cinque schermi riproducono contemporaneamente un video girato di notte in un luogo sognato da Paltrinieri e post-prodotto nel tentativo di portarlo ad una luce diurna, elevandoli a luoghi di passaggio che nei nostri sogni ci conducono da un posto all’altro, senza mai sapere come ci siamo arrivati. L’opera diventa allora il tentativo di trovare una connessione tra questi luoghi.

Il Premio Speciale GNAM

Novità assoluta di quest’anno il premio speciale del museo che ospita la mostra di quest’edizione. Selezionato dalla Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Cristina Mazzantini, il Premio Speciale GNAM va ad Arianna Pace, con l’opera einfühlung (ainfuulun).

La parola tedesca “einfühlung” viene letteralmente tradotta con il termine “immedesimazione”. L’opera e composta da una serie di formelle che riportano il calco negativo della circonferenza del Pino domestico, albero monumentale di Rivello. Registrazioni, tracce esteriori in grado di rivelare le emozioni interiori di un individuo, sia esso di origine animale o altro. Siamo invitati ad entrare dentro, e sperimentare la “rimanenza” del contatto, l’empatia tra l’artista, la terra e l’albero.

Il Premio Speciale Inside Art

Selezionato dall’editore Guido Talarico tra tutti i partecipanti al concorso, il Premio Speciale Inside Art va quest’anno a Bislacchi Studio con l’opera Cor.

Parte di una recente serie di lavori che esplora le rovine classiche come simboli di perdita e identità, l’opera è il risultato di un processo di torsioni e assemblaggi di tela di cotone grezza, in una riflessione sul superamento e sconfinamento della pittura. Riadattata ad elemento costruttivo dell’opera, la tela cessa di essere un banale supporto pittorico e rinasce in nuovi modelli tridimensionali. Anche il titolo attiva un gioco linguistico e semantico tra il modello architettonico e la sua collocazione. “Cor”, un’ esclamazione informale inglese per “Santo Cielo!”. Si ha quindi una simulazione di una rovina contemporanea la cui funzione di sostegno è solamente indicativa in quanto Cor è in realtà sostenitore del peso delle memorie inteso come sentimento nostalgico della vita.

Tutti i finalisti del Talent Prize avranno un articolo di approfondimento sul numero cartaceo di Inside Art, il #133, che sarà presentato in occasione della mostra alla GNAM.