Marcello Presicci è Segretario Generale della Scuola Politica “Vivere nella Comunità”, nonché suo membro fondatore. È inoltre giornalista professionista, manager nel settore della comunicazione, lobbying e relazioni istituzionali, docente della Luiss Business School e consulente media relations per Banca di Verona e Vicenza. Marcello Presicci è stato intervistato dall’editore di Inside Art, Guido Talarico, in occasione del convegno The Art Symposium tenutosi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma il 27 maggio 2024.
GT: La politica non è una banalità: riguarda la vita di tutti noi, regola le attività e le disciplina anche nel difficile rapporto tra pubblico e privato. Questa scuola politica ha padri illustri e una storia importante, e si colloca in questo settore per cercare di offrire una visione diversa secondo anche le tradizioni più importanti di scuola politica, ad esempio quelle in Francia. Qual è la storia della scuola e, in particolare, come si pone rispetto al rapporto tra pubblico e privato?
La scuola è nata quattro anni fa con lo scopo di rafforzare le competenze della futura classe dirigente. Preciso che non si tratta di un’operazione di business, visto che i padri fondatori sono Sabino Cassese e Pellegrino Capaldo. La ragione per cui abbiamo creato questa scuola sta nella necessità di colmare quel gap sulle competenze che riguardano quei giovani che un domani andranno a governare i processi decisionali nel pubblico e nel privato. Questa scuola ha preso vita attorno alle più importanti aziende pubbliche e private italiane, tra cui Intesa Sanpaolo, Ferrovie dello Stato, Cassa Depositi e Prestiti, Poste Italiane, Generali, Fondazioni CRT, Compagnia Sanpaolo, ACEA, ma ha anche partner come la Banca d’Italia, il Ministero della Pubblica Amministrazione, l’Ambasciata Americana.
Le prime riunioni si sono svolte tra il 2018 e 2019, quando le competenze non erano proprio l’architrave dei ragionamenti del tempo: abbiamo comunque deciso di investire le nostre energie per rafforzare i giovani. Nell’advisory board del progetto siedono tuttora gli amministratori delegati e i presidenti delle aziende a cui ho accennato e direttamente a loro abbiamo chiesto di indicarci i docenti in grado di trasferire le nozioni agli studenti – già manager dai 30 ai 40 anni che un domani auspicabilmente diventeranno classe dirigente – e le tematiche imprescindibili che la futura classe dirigente deve padroneggiare.
Oltre a indicare gli aspetti economici e finanziari relativi alle istituzioni, la geopolitica e le politiche di approvvigionamento energetico del Paese, molti di loro – pur non appartenenti al settore dell’arte – hanno indicato tre elementi chiave: la difesa del patrimonio artistico italiano, le sinergie pubblico- privato per ottemperare a nuove progettualità utili alla diffusione dell’arte e iniziative per diffondere la cultura del nostro Paese. È stato chiaro, quindi, che molte di queste illustri personalità supportavano quanto è alla base della giornata di Art Symposium, ovvero la diffusione dell’arte contemporanea e la commistione con altre aziende, l’idea di sposare il pubblico al privato a sostegno di iniziative come questa.
Agli studenti noi cerchiamo di spiegare che le abilità sono la somma delle conoscenze e delle competenze: le une sono l’insieme dell’apprendimento, le altre corrispondono agli aspetti empirici e alle abilità che si apprendono nell’alveo lavorativo. Le abilità, però, vanno coltivate, e per questo sono necessari dei buoni esempi, capaci di far accadere le cose anche a partire da mondi diversi. In questo senso, è necessario individuare mondi al di fuori dell’arte con cui dialogare, perché quest’ultima ha bisogno di creare sinergie e contaminazioni con mondi e progettualità fuori apparentemente da un perimetro di addetti ai lavori. Sono convinto, quindi, del fatto che abbiamo bisogno non solo di iniziative che legano pubblico e privato, ma anche volte a regolare la formazione a T: quella orizzontale, che spetta all’ambiente formativo, e quella verticale, perché ognuno deve fare il suo.
GT: La buona politica è anche una precondizione per una buona interlocuzione con l’impresa. Non ci sono molti casi in Italia come la Scuola Politica “Vivere la Comunità”: in cosa consiste il vostro formare politicamente i giovani che ambiscono a diventare classe dirigente?
Per dare un’idea del progetto prenderò in prestito due pensieri. Uno del Prof. Cassese, perché il titolo della scuola “Vivere nella Comunità” è una delle sue riflessioni più sagaci. Quando nel board si discuteva del titolo, Cassese sottolineò che questa espressione evidenziava come la gestione della cosa pubblica non sia solo una prerogativa del palazzo o della politica partitica, ma è anche nel novero delle nostre operazioni e decisioni come cittadini, come manager e quindi anche come futura classe dirigente.
Quindi, il titolo stesso della scuola fa intendere che la politica a cui ci rivolgiamo consiste nella gestione della cosa pubblica anche nel privato: ad esempio, se un manager di una partecipata dello stato ha chiara l’importanza di perorare la causa della diffusione dell’arte contemporanea, destinando un budget a questo tipo di progettualità, questo sarebbe uno dei maggiori traguardi della nostra iniziativa. L’intento alla base della scuola sta nel federare i manager delle partecipate dello stato e delle aziende private e perseguire l’obiettivo senza interessi terzi o politiche di prodotto, ma solo la gestione della cosa pubblica.
La seconda frase che prendo in prestito è quella di Francesco Profumo, membro del supervisory board. Profumo ha detto: “la nostra iniziativa prova con tecniche di ibridazione a rafforzare le competenze dei nostri futuri manager”. Le tecniche di ibridazione rispondono a una realtà relativa al bagaglio di conoscenze verticali e orizzontali: per le nuove generazioni la formazione verticale è una prerogativa, mentre quella orizzontale non è scontata.
E questo è un problema, perché se desideriamo che i futuri manager delle partecipate dello stato abbiano la sensibilità di promuovere anche iniziative come The Art Symposium o, in generale, di diffondere valori che vadano al di fuori del perimetro degli addetti ai lavori, c’è bisogno di persone che diano un esempio. Nel nostro umile progetto di politica intesa come gestione anche del privato desideriamo proprio fare questo, ma con una sola prerogativa, e cioè di trasmettere agli studenti non solo i saperi, ma un esempio di responsabilità.
*L’articolo è stato pubblicato su Inside Art #132, special issue dedicato agli Atti del convegno The Art Symposium tenutosi il 27 maggio 2024 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.