Giuliana Setari Carusi è Presidente della Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, collezionista d’arte contemporanea italiana e figura di spicco nel mondo dell’arte internazionale. Insieme al marito Tommaso Setari ha iniziato nei primi anni ’80 a collezionare arte contemporanea: la loro collezione è oggi conosciuta a livello internazionale. Nel 2000 fonda l’organizzazione di beneficenza senza scopo di lucro Dena Foundation for Contemporary Art che promuove gli artisti visivi emergenti sulla scena artistica internazionale. Giuliana Setari Carusi è stata intervistata dal Direttore della Pinacoteca di Brera, Angelo Crespi, in occasione del convegno The Art Symposium tenutosi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma il 27 maggio 2024.
Il caso della Fondazione Pistoletto riguarda un artista celebratissimo, vivente, Michelangelo Pistoletto, che decide di sottrarre dal mercato le proprie opere, immetterle in una fondazione privata e dare loro un aspetto pubblicistico: soprattutto, nel momento in cui è stata istituita un’accademia all’interno della propria Fondazione che fa un lavoro di formazione sui giovani artisti.
Sono Presidente di Cittadellarte dalla sua fondazione, più di venticinque anni fa, ma conosco Michelangelo Pistoletto e il suo lavoro fin dagli anni Ottanta. Come molti sanno, a partire dagli anni Sessanta egli sente l’esigenza di portare la sua opera al di fuori dello studio, a Torino: si tratta del Mappamondo, assemblato con la carta dei quotidiani che racchiudono l’attualità, portato in strada in una sorta di processione. Pistoletto ha compreso che l’artista non deve restare confinata all’interno del suo atelier, ma deve uscirne per entrare in contatto con la società, condividendone il divenire. A partire dal Manifesto Progetto Arte del 1994 sono stati infinti i momenti in cui egli ha declinato questa visione che, con la sua filosofia, è alla base della nascita di Cittadellarte.
Nel corso di questa giornata di convegno si è parlato molto di «responsabilità», quella responsabilità che Pistoletto attribuisce all’artista nei riguardi della società. Conoscete Love Difference, tavolo di specchi del Mediterraneo intorno al quale ci si incontra e ci si riunisce rispettando le differenze quali esse siano, culturali, politiche, religiose, perché Pistoletto pensa e aspira a un mondo in cui si possa convivere, più specificamente egli parla oggi di pace preventiva che l’arte può sviluppare. C’è il suo Terzo Paradiso che dal simbolo dell’infinito, mostra i tre cerchi di cui quello centrale concilia natura e tecnica generando un nuovo equilibrio per gli umani.
Attraverso le azioni dei suoi molteplici Uffizi, Cittadellarte sviluppa questi temi toccando gli specifici campi che investono la società, l’energia, l’economia, l’agricoltura, il cambiamento climatico, la moda sostenibile, in una serie incessante di attività sul territorio – l’Arcipelago Biella Città Creativa dell’Unesco –, e sui territori del pianeta. E a Cittadellarte si pensa a come sensibilizzare i giovani su questi temi, a come tramettere questa visione e con essa un’etica dell’esistenza. Esiste UNIDEE, l’Università delle Idee, e un’Accademia in fieri che ne sono strumento. Cittadellarte è una creazione d’artista unica al mondo.
Negli ultimi anni c’è stata una forte disintermediazione e quindi si acquistava o direttamente dall’artista attraverso l’online o all’asta. Molti galleristi ancora oggi rischiano di essere disintermediati, invece tu stessa dici che il ruolo del gallerista che accompagna l’artista e ne fa crescere il valore e il prezzo delle sue opere serve perché altrimenti l’artista si trova sottoposto a speculazioni del mercato e molte volte da solo attraverso l’online.
Ho sostenuto giovani artisti italiani con programmi di residenze e borse di studio negli Stati Uniti e in Francia in un periodo in cui essi non godevano di alcun tipo di sostegno economico, né di gallerie. Questo gap è oggi relativamente colmato dalle politiche del Ministero che facilitano l’accesso ai numerosi programmi di residenza che nel frattempo si sono moltiplicati e tentano di creare una rete allargata fra istituzioni italiane ed estere. Anche l’accesso alle gallerie è facilitato per il fenomeno moda che rende l’arte e gli artisti sexy e fruibili; ma nel frattempo le gallerie sono cambiate: quelle con le quali mio marito Tommaso e io ci relazionavamo a partire dagli anni Ottanta erano gallerie che accompagnavano tanto gli artisti quanto i collezionisti, erano lo strumento per la trasmissione del linguaggio delle opere.
Oggi il gallerista chiama un curatore per fare le sue mostre e spesso non ha i mezzi per promuovere all’estero gli artisti che rappresenta. In passato gli artisti italiani erano attivamente presenti sulla scena internazionale, cosa che non si riproduce oggi. In Italia non c’è un «sistema» per la promozione all’estero dei nostri nelle grandi istituzioni museali. Gli addetti ai lavori stranieri più informati si sorprendono delle nostre lacune. A prescindere dai protagonisti dell’Arte Povera universalmente noti, molti nostri talenti di generazione matura e non solo, sono ignorati. Essi non sono inclusi nelle mostre internazionali perché le gallerie non hanno potere economico e non c’è in Italia una «strategia» che leghi le forze economiche del paese per la promozione all’estero delle nostre espressioni artistiche.
*L’articolo è stato pubblicato su Inside Art #132, special issue dedicato agli Atti del convegno The Art Symposium tenutosi il 27 maggio 2024 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.