Alain Delon, leggenda del cinema ma anche grande collezionista

L'attore deceduto aveva una grande passione per l'arte e ha messo insieme la più importante collezione di opere di Rembrandt Bugatti

Se milioni di persone in tutto il mondo hanno ammirato Alain Delon per la sua carismatica presenza sullo schermo, pochi sanno che l’attore che ci ha lasciati qualche settimana fa, era anche un collezionista d’arte, la cui dedizione all’arte rivaleggiava con quella per il cinema.

La sua proprietà di Ginevra era piena di opere d’arte, a testimonianza del suo profondo amore per il collezionismo, e alternava spesso le prime dei film alle apparizioni nelle case d’asta.

L’INIZIO COME COLLEZIONISTA

Il viaggio di Delon come collezionista d’arte iniziò nel luglio 1969 con l’acquisto di uno degli ultimi disegni disponibili di Albrecht Dürer per 700.000 franchi. Questo acquisto segnò l’inizio di una collezione eterogenea, dapprima incentrata sui disegni, poi ampliata con opere di artisti francesi del XIX secolo come Jean-François Millet e Théodore Géricault. In seguito, i suoi interessi si spostarono verso il fauvismo e i moderni scultori di animali, in particolare Rembrandt Bugatti, che negli anni sono state esposte in occasione di importanti mostre in gallerie e musei in Francia e Svizzera.

IL FILM L’HOMME PRESSé

Nel film del 1977 L’Homme Pressé, diretto da Édouard Molinaro, Delon recita nel film interpretando la storia di Pierre Nioxe, un collezionista che vive a ritmi frenetici, risuona con la realtà di coloro che sono immersi nel mondo dell’arte, tra cui lo stesso Delon. Il film, tratto dal romanzo del 1941 di Paul Morand, presenta dialoghi scritti da Maurice Reims, un banditore d’asta francese. La collezione di Alain Delon era notevole non solo per la sua ampiezza ma anche per la sua profondità: ha messo insieme quella che probabilmente è la più bella collezione di opere di Rembrandt Bugatti, un sottovalutato scultore di animali. Il suo approccio al collezionismo era impavido e senza limiti, e spesso superava le offerte di collezionisti e istituzioni affermate.

La decisione di vendere gran parte della sua collezione negli anni Novanta e di nuovo nel 2007 era caratteristica del suo approccio alla vita: preferiva supervisionare personalmente la dispersione delle sue amate opere d’arte, piuttosto che lasciarla ad altri dopo la sua morte.