Verso il Giubileo: facciamo il punto sul cambiamento della Capitale

L'Assessore all'Urbanistica di Roma Capitale Maurizio Veloccia ha chiarito le logiche alla base degli interventi di rinnovamento della città

«Bisogna creare interconnessioni laddove la città è irraggiungibile». Sembra essere questa la chiave per governare il caos della Capitale, su cui quest’anno soffiano venti di cambiamento. Esito di una stagione di finanziamenti pubblici irripetibile, tra PNRR e Giubileo, Roma ha oggi l’opportunità di confrontarsi con i suoi problemi storici. Una condizione, questa, che apre a riflessioni, relative tanto alle strategie da mettere in campo per rendere la città più giusta e al tempo stesso competitiva, quanto alle modalità con cui incanalare il turismo. Ne abbiamo parlato con Maurizio Veloccia, Assessore all’Urbanistica di Roma Capitale.

Roma è una città che cresce con i grandi eventi, pensiamo alle Olimpiadi del 1960. Qual è, con il Giubileo alle porte, l’idea di città che si sta perseguendo?

L’idea è quella di una città che riesca a coniugare la valorizzazione e la tutela della sua unicità con la modernizzazione. Un binomio i cui termini negli ultimi anni sono apparsi quasi inconciliabili, ma che dal punto di vista dell’amministrazione è assolutamente perseguibile. Infatti, nello scenario attuale sono in corso molti interventi di riqualificazione dei luoghi storici e monumentali, dal progetto dei Fori Imperiali a quelli previsti nell’ambito di Caput Mundi, ma sono anche attivi tanti cantieri per migliorare la vita della città e renderla più moderna. Tra questi, gli interventi relativi alla Metro C e alle nuove tranvie, oltre a quelli volti a portare i servizi nelle periferie. Insomma, una città che cresce ma che al tempo stesso non perde la sua unicità.

Nell’inaugurare il Festival “Città in Scena”, il sindaco Gualtieri ha parlato di città policentrica. È un discorso applicabile agli interventi messi in campo nelle periferie? Che ruolo hanno in questa visione?

Le periferie rappresentano il tema centrale, perché la città si modernizza se cresce tutta insieme. Nel dopoguerra Roma ha subito fenomeni molto intensi: l’immigrazione – soprattutto dal sud – è uno di questi, e ha portato a una pressione antropica tale da far nascere tanti quartieri abusivi, come i famosi borghetti risanati da Petroselli, il “Sacco di Roma” urbanistico, oltre a tanta speculazione edilizia proprio per dare risposta a questa stagione di pressione. Molti interventi di edilizia residenziale sono stati realizzati talvolta in modo veloce, tanto da tradire poi gli obiettivi iniziali, pensiamo ai grandi quartieri di Tor Bella Monaca e Corviale.

In questa visione il tema della casa e delle periferie ha quindi un ruolo centrale, perché se non si realizzano città giuste, capaci di rammagliare le differenze sociali, si vivrà sempre peggio, soprattutto alla luce del fatto che nelle città si concentrerà la maggior parte dell’umanità nei prossimi trent’anni. Ma questo è un dato importante anche dal punto di vista della competizione internazionale, che si giocherà sempre di più a livello metropolitano. Per essere competitive, le città devono essere attraenti, e per essere tali devono essere vivibili in tutti quartieri.

Infatti si è deciso che per ogni opera relativa alle zone centrali bisogna farne almeno tre nelle periferie. In questa direzione sono stati lanciati molti interventi, da quelli più sperimentali come la città dei 15 minuti all’intento di realizzare 15 opere, ciascuna in un municipio, oltre a essere stati aperti cantieri di edilizia sociale in zone che presentano ferite urbanistiche importanti, con porzioni della città che ancora non avevano l’acqua potabile.

L’intento è di costruire non solo una città che si mette in mostra per i turisti, ma in cui si possa vivere meglio, soprattutto per i tre milioni di residenti che vivono sempre più fuori dal centro, nelle zone tra le Mura Aureliane e il raccordo, se non oltre. Oggi il GRA, una sorta di nuova cinta muraria, rappresenta quella cesura tra una città che più o meno si è consolidata nei decenni e una città che ancora vive male. In questo scenario, soprattutto le amministrazioni del secondo Novecento non sono riuscite ad affrontare il tema della casa in modo esaustivo, nonostante Roma sia la città in Italia con il maggior numero di alloggi in edilizia residenziale e pubblica.

C’è un progetto in particolare previsto nelle periferie che rappresenta il futuro della città?

Le infrastrutture della mobilità. È importante rendere la città interconnessa, anche da un punto di vista socio-culturale e in quanto a opportunità: ad esempio, abbiamo aperto le buste per un concorso internazionale relativo alla realizzazione di un teatro dell’opera nel quadrante del prenestino. Se si riesce a creare una rete culturale, da un punto di vista fisico il tema di fondo è portare l’interconnessione laddove la città oggi è irraggiungibile. Ad esempio, con la Metro C e i relativi cantieri, quello di Piazza Venezia ma soprattutto quello del Colosseo che vedrà la luce all’inizio dell’anno prossimo, si collega tutto il quadrante est della città al centro storico.

Questo di per sé è già uno stravolgimento urbanistico. Si tratta di una vera e propria riqualifica, perché significa che quelle traiettorie urbane diventano percorsi su cui si comincia a investire, e questo accade perché le persone iniziano a vivere quegli spazi proprio grazie all’interconnessione. E così cominciano ad arrivare in quei quadranti occasioni di lavoro o di svago e intrattenimento: guardiamo come sono cambiati il Pigneto e Centocelle negli anni, e così sarà per quei tracciati che si trovano lungo la metro o, in generale in prossimità delle infrastrutture della mobilità. Ad esempio, la tranvia Togliatti collegherà dei quartieri oggi divisi, permettendo al prenestino di essere collegato direttamente con il centro.

I temi della mobilità sono essenziali perché non solo portano di per sé prospettive di sviluppo, ma rappresentano anche uno spazio di investimenti privati. La città sta oggi vivendo una stagione irripetibile di investimenti pubblici, ma quando finiranno i grandi eventi e si concluderà la stagione del PNRR, lo sviluppo sarà sostenuto dagli investimenti privati, e questi arrivano nelle porzioni urbane raggiungibili. Gli investimenti di questi anni sulla mobilità – oltre tre miliardi di euro – sono fondamentali per rendere la città più giusta, perché agire su un luogo irraggiungibile significa riqualificarlo, ma anche più attrattiva per gli investitori privati.

Accanto agli interventi sulle periferie, i quartieri centrali avranno un ruolo fondamentale in vista del Giubileo, pensiamo a Prati. Cosa può raccontare a questo proposito?

Lì sono in corso interventi iconici che rimarranno nella storia della città, come il sottopasso della nuova Piazza Pia, che permetterà una visione unica da Castel Sant’Angelo a San Pietro, ma anche i cantieri a Piazza Risorgimento e a San Giovanni. Si sta riconfigurando una porzione del centro, pure con la nuova passeggiata dei Fori e il cantiere di Piazza Venezia, che nel futuro farà interrogare su come ridisegnare quella piazza, sotto la quale si troverà il più grande il museo archeologico sotterraneo esistente al mondo.

Gli interventi si tradurranno in un cambio di volto della città, a cui si deve accompagnare un cambio di mentalità. Per preservare il centro, che pone il tema del turismo e del trasporto pubblico, la strategia è quella di liberarne i quartieri dalla morsa del traffico attraverso la possibilità di raggiungerli con le infrastrutture della mobilità, e in questo senso le possibilità ci sono con la Metro C e i prolungamenti della A e della B, ma abbiamo rimesso in campo – almeno in fase di progettazione – anche l’idea della Metro D.

Ma a ciò va aggiunta anche l’attenzione al decoro urbano e al rispetto dello spazio pubblico. Un centro, insomma, continuamente da ridisegnare, in cui convivono progetti iconici e la cura del particolare. Ciò sta accadendo, ad esempio, con il Piano Sanpietrini, che sì vengono tolti dalle strade, ma per riposizionarli in nuovi luoghi pedonalizzati. C’è poi il tema delle alberature e quello delle nuove piazze: negli anni un “limite” culturale ha portato a preservare le piazze rinascimentali e dei secoli scorsi, ma oggi i cambiamenti climatici impongono di ripensare questi luoghi con ombre e alberature.

La proposta è una nuova idea di centro, più bello e vivibile, oltre che pedonale, e in cui l’occupazione dello spazio pubblico venga rimodulata, in modo tale da conciliare l’opportunità di vivere sempre di più all’aperto con la sua conservazione per la fruibilità dei cittadini. Il centro pone anche la grande questione del turismo, che va affrontata in modo strutturale, perché è un elemento positivo in termini di indotto economico, ma negativo in quanto a snaturamento dell’identità delle nostre città.

Proprio a proposito del turismo, nel corso dell’estate a Barcellona e anche altrove i cittadini hanno attaccato i turisti. Sono episodi che aprono la questione del turismo massa, che a Roma è un tema importante, perché se i nuovi sviluppi della realtà urbana dipendono molto dai grandi eventi, rischia di emergere un’idea di cambiamento rivolta all’esterno. Ma i romani? Ne parlava in relazione alle periferie, ma il Giubileo è un’occasione in gran parte rivolta a coloro che, da altrove, arrivano a Roma. Ritenete di star lavorando per una città che offra itinerari turistici lontani dai circuiti tradizionali, pure in un’occasione così tradizionale come il Giubileo, e che sia fruibile per tutti?

Il turismo è un fenomeno importante, ma Roma non è solo una città del turismo. Roma è da secoli una città aperta. Aperta alla contaminazione, ai pellegrini che vanno in Vaticano, ai non romani che quando ottenevano la cittadinanza acquisivano uno status non garantito nell’antica Roma agli altri cittadini dell’impero. Roma nella sua storia è una città aperta agli altri, perciò episodi di questo genere nella Capitale non accadrebbero, sarebbe un tradimento storico della sua vocazione internazionale. Però il turismo oggi si è configurato nel mondo come un fenomeno di aggressione e non di valorizzazione della città, visitate in poco tempo e con l’assalto ai monumenti principali.

È un fenomeno che va governato in primo luogo attraverso l’aumento dell’offerta e delle occasioni, in secondo luogo mettendo in campo un marketing territoriale per favorire un alleggerimento della pressione sul centro storico, cercando così di far conoscere la città e le sue bellezze diffuse nel territorio romano e laziale. Le iniziative, però, devono essere capaci di coinvolgere i circuiti internazionali dei turisti. In più, in relazione al turismo va regolamentata anche un’attività, quella legata al grande numero delle case vacanze, perché vuol dire non solo togliere abitazioni dal mercato degli affitti, ma anche ridurre la possibilità per tanti cittadini di vivere nel centro, il che significa anche snaturare il contesto urbano.

Sono molti i cantieri in città. È realistico pensare che gli interventi riusciranno a concludersi con l’inizio dell’anno giubilare?

Alcuni sono stati definiti inderogabili, per cui dovranno concludersi entro il 24 dicembre, come Piazza Pia e Piazza dei Cinquecento. Altri cantieri, invece, beneficeranno delle semplificazioni giubilari in termini soprattutto organizzativi, ma potranno anche essere conclusi nel corso del 2025 e addirittura del 2026. A differenza di quello del 2000, questo Giubileo ha avuto un anno e mezzo di ritardo in termini di finanziamenti, perciò alcune opere non saranno terminate in tempo. Quelle inderogabili e condivise con il governo, invece, saranno concluse per l’inizio dell’anno giubilare, tanto che si sta lavorando giorno e notte e si stanno risolvendo imprevisti, come il ritrovamento di preesistenze archeologiche nel cantiere di Piazza Pia, trasferite in soli 15 giorni nei vicini giardini di Castel Sant’Angelo.

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