Costantino D’Orazio è Direttore dei Musei Nazionali dell’Umbria. Storico dell’arte e saggista, ha iniziato la sua attività nel mondo dell’arte dal 1998, quando ha fondato con Ludovico Pratesi l’Associazione culturale Futuro, mentre nei primi anni Duemila ha curato installazioni pubbliche ed esposizioni artistiche. Dal 2015 al 2018 è stato curatore residente del Museo di Arte Contemporanea di Roma (MACRO). Costantino D’Orazio è stato intervistato dall’editore di Inside Art, Guido Talarico, in occasione del convegno The Art Symposium tenutosi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma il 27 maggio 2024.
GT: Membro della giuria del Talent Prize da tanti anni, Costantino sei oggi direttore dei Musei dell’Umbria. Qual è la tua esperienza appena cominciata e in cosa consistono i tuoi progetti per questo nuovo incarico?
La mia esperienza da direttore è appena cominciata, il 15 gennaio 2024. Io affermo sempre che non sono il Direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria ma il Direttore dei Musei Nazionali dell’Umbria, che sono quattordici. Per questo motivo, le linee guida che abbiamo delineato ragionano sul lavoro di un sistema museale e non soltanto sui singoli luoghi della cultura. “Fare sistema”, soprattutto in ambito imprenditoriale, economico e finanziario, è una cosa che si fa da tantissimo tempo, è uno strumento e metodo di lavoro adesso ormai molto presente anche nel nostro Paese.
I nostri antichi maestri, invece, da Palma Bucarelli a Maurizio Calvesi, ma anche Germano Celant o Achille Bonito Oliva, erano delle monadi, intellettuali che affermavano una loro verità, un loro schema di pensiero, andando spesso uno contro l’altro, in una competizione molto sana perché ha prodotto argomenti che noi ancora oggi studiamo, ma che non ha contribuito a creare un sistema. Oggi noi abbiamo un metodo di lavoro completamente diverso e soprattutto abbiamo la possibilità di trasformare il modo di lavorare nell’arte a livello istituzionale. Non portando avanti progetti soltanto individuali (cosa sì necessaria perché devono essere identitari dei luoghi che dirigiamo), ma devono essere pronti a creare degli scambi e a presentarsi all’esterno come delle realtà che collaborano e fanno sistema.
Anche la fondazione di un nuovo museo che prevede un investimento milionario, oggi non può essere frutto di un mecenate, di un direttore, di un ministro ma di un sistema cittadino e territoriale che ha deciso che il museo deve stare in un posto all’interno della trasformazione della città. È l’intera città che si sta trasformando e ha deciso che in questo sistema comunitario, il museo debba stare in un posto. La regione Umbria ha un fortissimo impatto sul territorio e una fortissima consapevolezza che le risorse del territorio, mettendole a sistema, possano migliorare l’immagine della regione e quindi farla diventare più attrattiva.
Quella che può sembrare una banalità, l’introduzione del biglietto unico, non è uno scherzo per un’amministrazione pubblica come la nostra e rappresenta in realtà un’operazione dal punto di vista culturale, dell’immagine, di promozione del territorio, importantissima. È andata bene, ma poteva rischiare di restare una piantina verde all’interno di uno schermo del telefono. Questo è l’obiettivo del mio lavoro: creare un circuito, fare in modo che una regione così piccola si presenti come un territorio, e dall’altra parte creare delle condizioni concrete perché le persone possano rendersene conto vivendolo.
GT: Ricollegandoci anche alla tua esperienza di divulgatore, si sente sicuramente la necessità di alzare un po’ il livello, fare in modo che tutto il comparto abbia una sensibilità maggiore e sia più capace di comprendere dei contenuti che sono ancora un po’ elitari.
Stimo moltissimo il lavoro che sta facendo Rai Documentari, andando anche verso la creazione di un’identità che sono sicuro un giorno andrà oltre i temi affrontati. Noi che lavoriamo nell’arte antica e contemporanea dobbiamo confrontarci con degli strumenti di divulgazione che sono completamente diversi e che viaggiano sui social network, è inevitabile. In questi quattro mesi dal mio incarico ho fatto un grande lavoro iniziale perché l’attività sui social network dei Musei Nazionali dell’Umbria era ancora molto tradizionale, ma le cose cambiano in un modo talmente rapido che l’attività dei contenuti sui canali social dei musei aveva bisogno di essere in qualche modo riattivata, partendo da quello che c’è.
Perché l’arte sui social non solo c’è, ma ce n’è anche tanta. Grandi musei come gli Uffizi, o la Galleria Nazionale stessa, si trovano a coinvolgere gli art influencer per realizzare dei contenuti che riguardino questi luoghi. Personaggi che hanno non solo molti seguaci ma che – e su questo dobbiamo riflettere – sono chiamati a fare un lavoro utilissimo. È sui social che i ragazzi hanno il primo approccio con l’arte ed è attraverso di loro che in parte vengono anche stimolati ad andare a visitare i luoghi di cui parlano, ciascuno nel suo stile. Si tratta di produzioni a costo zero, realizzate con un montaggio molto veloce, sfruttamento di software che oggi permettono di fare sovrapposizioni e sovrascrizioni che si risolvono all’interno del telefono stesso.
Non ne voglio parlare a livello tecnico, perché chiunque può imparare a farlo. Voglio parlarne su un altro livello: se noi che lavoriamo nell’arte pensiamo che questa sia una cosa diversa da quello che noi facciamo e dal modo in cui noi comunichiamo i nostri contenuti, siamo destinati a scomparire. O ci rendiamo conto che questo è il mondo con il quale dobbiamo confrontarci o nessuno, dopo di noi, visiterà più un museo. Non dobbiamo chiamare questi ragazzi a produrre dei contenuti nei nostri musei, ma piuttosto siamo noi che dobbiamo produrre dei contenuti che reggano il confronto, perché se non parliamo questo linguaggio, l’algoritmo definitivamente ci esclude.
Possiamo allora anche realizzare dei bellissimi documentari, ma per arrivare a vederlo su Rai- Play ci dev’essere un teaser fatto in un determinato modo altrimenti anche il documentario non raggiunge nessuno. Ne parlo da direttore di museo, noi non siamo ancora così bravi. Se analizziamo tutti i profili social dei musei, non solo italiani ma anche stranieri, sono tutti uguali: stesse musiche, stesso mood, stessa tipologia di contenuti. Tutti concentrati sulla necessità di non perdere la dignità istituzionale perché fare un lavoro “fuori dai canoni” potrebbe essere troppo provocatorio. Dal canto nostro, stiamo provando ad avvicinarci a questo tipo di contenuti, con uno studio dietro. Perché o ci confrontiamo con questo tipo di linguaggi oppure siamo destinati a chiudere i battenti.
*L’articolo è stato pubblicato su Inside Art #132, special issue dedicato agli Atti del convegno The Art Symposium tenutosi il 27 maggio 2024 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.