Il nuovo libro di Tomaso Montanari prende le mosse da una domanda: esistono statue “giuste”? Edito da Laterza, Le statue giuste si pone tra riflessione e censimento, esplorando la tradizione iconografica che domina lo spazio pubblico. Rettore dell’Università per Stranieri di Siena, l’autore del volume è docente di Storia dell’arte moderna.
«Le vie, le piazze, i musei sono pieni di segni, celebrazioni, ritratti, simboli, fascisti, schiavisti, colonialisti. Il dominio maschile dilaga e la presenza femminile è ridotta al minimo indispensabile e, in genere, con figure sacre, la Madonna o le sante. Cosa dice questo canone civile del nostro progetto comune?», si chiede Tomaso Montanari, tentando una via costruttiva nella fruizione del linguaggio iconografico che contraddistingue il Paese. Presupposto della questione, il ruolo civico delle statue e dei monumenti, propulsori di immagini e valori comuni attraverso una via, quella del piedistallo al centro di una piazza, che ha per eccellenza un connotato politico. Una dinamica, questa, che genera una santificazione, capace di rimanere salda se c’è un nesso ancora vivo tra il personaggio rappresentato e la comunità che lo celebra.
Cosa accade se questo legame viene messo in discussione? La questione, come spiega Montanari, si gioca sulla rappresentazione di valori in una prospettiva futura. Dunque, se le masse si scagliano contro statue e monumenti che mantengono in vita idee ritenute obsolete e umilianti, è chiaro come questi siano i catalizzatori di una battaglia più ampia, i vessilli di una ribellione. Ma qual è il linguaggio più adatto a quel conflitto che vede nelle memorie materiali i suoi emblemi?
Riferendosi da una parte alla cancel culture, dall’altra a quelle linee di pensiero che ignorano il ruolo semantico delle rappresentazioni civiche, Tomaso Montanari esplora nel suo libro una via più costruttiva. «Non distruggere – dichiara l’autore – ma nemmeno accettare passivamente un messaggio che tenderebbe a continuare a inchiodarci a un passato che invece oggi lucidamente condanniamo».
Di fronte a un canone visivo esclusivo, Montanari propone di far vivere più storie, «più conoscenza e processi pubblici partecipati che portino alla risemantizzazione, cioè a dare un significato nuovo alle statue e ai monumenti, non a cancellarle, ma a commentarle, a integrarle, a sottolinearle anzi, dando ad esse un significato diverso. Siamo stati così, ma non lo vogliamo più essere».
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