De Nittis e la sua “teologia della modernità” in mostra a Palazzo Reale

A Milano un’ampia panoramica della breve ma straordinariamente intensa produzione pittorica di Giuseppe De Nittis

Fino a giugno è possibile visitare a Palazzo Reale a Milano la mostra De Nittis. Pittore della vita moderna, curata da Fernando Mazzocca e Paola Zatti in collaborazione con l’associazione METS Percorsi d’Arte che ha contribuito, come si legge nel sito dell’esposizione, a raccogliere le opere dell’artista di Barletta, molte delle quali custodite in varie collezioni private.

Colazione in giardino, 1884

La mostra si pone in continuità con un’ulteriore monografica ospitata da Palazzo Reale dal febbraio al giugno 2022, Joaquin Sorolla. Pittore della luce, curata da Micol Forti e Consuelo Luca de Tena e dedicata appunto al pittore valenciano: con Sorolla (1863-1923), infatti, anche De Nittis condivide un interesse per le novità della pittura impressionista, (in particolare l’attenzione alla resa luministica delle atmosfere e agli scorci della vita quotidiana moderna) nonché i viaggi in Italia – che continuerà sempre a rimanere per lui un riferimento imprescindibile – e la fama ottenuta nelle maggiori capitali europee dell’epoca, Parigi e Londra.

Il percorso espositivo traccia un’ampia panoramica della breve ma straordinariamente intensa produzione pittorica di Giuseppe De Nittis (l’artista muore infatti a Parigi nel 1884 ad appena trentotto anni), dagli esordi naturalisti, vicini alla Scuola di Posillipo e alle esperienze macchiaiole, fino al trasferimento presso la capitale francese nel 1867, dove inizia la sua ascesa affermandosi presto come uno degli artisti più apprezzati dell’epoca e distinguendosi come l’unico pittore italiano invitato a partecipare alla prima mostra impressionista, nel 1874, presso lo studio del fotografo Félix Nadar. Naturalmente, De Nittis non è stato l’unico artista italiano a ottenere la fama a Parigi (come evidenziato anche dalla mostra attualmente allestita al Castello di Novara dal titolo Boldini, De Nittis et les italiens de Paris con la curatela di Elisabetta Chiodini) ma si è forse maggiormente distinto per la rapidità con cui la sua arte ha raggiunto l’attenzione dell’alta società e ha trovato consenso.

La sua produzione giovanile è caratterizzata soprattutto da scene all’aperto, collocate nelle primissime sale del percorso, ancora legate stilisticamente ai modelli macchiaioli: è il caso, per esempio, del piccolo olio su tavola intitolato Dall’alto della diligenza (1872 ca.), nel quale la predominanza di tinte chiare e l’atmosfera un po’ sospesa e a tratti inquietante non può non far pensare ai dipinti di Giovanni Fattori (la sua famosissima opera In vedetta, infatti, è dello stesso anno), anche se la resa atmosferica tradisce già l’avvenuto incontro con la pittura francese.

Pranzo a Posillipo, 1879

Questo aspetto emerge anche nella sala dedicata alle pitture del Vesuvio, realizzate durante il viaggio a Napoli nei primi anni ’70 dell’800, quando l’artista lascia Parigi in preda ai disordini dovuti alla guerra franco-prussiana e torna in Italia. Qui, il vulcano partenopeo diviene il protagonista di numerose opere che evidenziano il fascino ambivalente e sublime suscitato da questo elemento naturale e dalla minaccia delle sue eruzioni (di questo tema si è peraltro già parlato in un precedente articolo, dedicato alla mostra comasca Cosmos. The Volcano Lover): tra queste, in particolare, la serie Sulle falde del Vesuvio (1872) costituita da dieci piccole tavolette a olio che studiano l’atmosfera immediatamente precedente all’eruzione che ha interessato il vulcano quell’anno, colto da vari punti di vista, con le sue vampate di fuliggine mescolate alle nuvole in cielo.

Proseguendo nel percorso però scopriamo un De Nittis sempre più attento interprete della vita moderna europea, “più parigino di tutti i parigini”, come recita il pannello che ci introduce alle sezioni successive. La lezione impressionista è ormai ampiamente acquisita così come un’altra grande novità tecnica che ha radicalmente e irrimediabilmente modificato il modo di fare pittura nel corso del XIX secolo: si tratta della fotografia, la cui invenzione viene convenzionalmente fissata al 1827, ad opera di Joseph Niépce. Ecco allora che i ritratti e le scene urbane di De Nittis ne risentono in una maniera che è, in un certo senso, duplice: stilisticamente, essi mostrano un taglio fortemente fotografico (è il caso di opere come La signora con l’Ulster, Ritratto di Edmond de Goncourt o La Place des Pyramides, tutte tele realizzate tra il 1875 e il 1880); per quanto concerne invece il contenuto rappresentato, queste opere si pongono come delle vere e proprie istantanee di attimi di vita moderna, registrando con tocchi di colore – olio o pastello che sia – le trasformazioni delle più industriose capitali europee dell’epoca, ovvero la Ville Lumière e Londra, e loro tante contraddizioni.

Il ritorno dalle corse (La signora col cane), 1878 

Se da una parte, infatti, sotto l’impulso di quella che Domenico Piraina definisce “la teologia della modernità”, l’epoca delle Esposizioni Universali e della fiducia positivista comporta una accelerazione del progresso scientifico e tecnologico, l’altra faccia della medaglia è data dalle condizioni di miseria in cui gran parte della popolazione vive, producendo un forte contrasto con lo sfarzo dei salotti dell’alta società (i cantieri edili, per esempio, sono protagonisti di tele come la già citata La Place des Pyramides oppure dell’opera londinese – che sa di romanzo di Charles Dickens – Sotto il viadotto, del 1878 ca).

Ed è proprio l’alta società, con la sua lussuosa vita mondana, a rappresentare l’altra grande protagonista delle opere di De Nittis il quale, grazie anche al suo matrimonio con Léontine Lucille Gruvelle la quale, oltre a comparire in molti dei suoi dipinti, lo introduce agli ambienti eleganti della buona società parigina: Il salotto della principessa Mathilde (1883) costituisce il culmine di questa scalata sociale e rappresenta una serata organizzata dalla principessa Mathilde Bonaparte. Altra grande comprimaria di questa tela, oltre allo sfarzo della vita elegante parigina, è sicuramente la luce che emerge da più fonti scandendo l’immagine e guidando lo sguardo dell’osservatore direttamente sulla figura della principessa, vero motore immobile dell’intera scena, rappresentata al centro del dipinto mentre conversa con un uomo.

Il Kimono color arancio, 1883-1884 

Alle serate di gala si aggiungono poi i passatempi dell’alta borghesia come le corse dei cavalli, le gite fuori porta (sono gli anni in cui inizia a emergere il concetto di “tempo libero” rispetto a quello lavorativo), le passeggiate al parco. Così, De Nittis si cimenta non solo con la resa della luce artificiale in scene d’interno ma anche con la pittura en plein air in situazioni climatiche e meteorologiche differenti: è il caso di opere come la soleggiata Passeggiata coi cagnolini (1874), Sulla neve (1875) con il suo bianco brillante o Nei campi intorno a Londra (1875 ca.) che, con la sua atmosfera amena e luminosa, sembra riecheggiare i versi finali della celebre poesia di Wordsworth, “And then my heart with pleasure fills, And dances with the daffodils”.

Una tale visione di vagheggiata serenità è presente anche nelle opere di De Nittis ispirate al Giappone, raccolte in una sala dedicata: è l’epoca in cui i contatti tra l’Europa e gli altri continenti si intensificano e inizia a diffondersi tra le maggiori capitali del Vecchio Continente un certo gusto estetico per l’orientalismo che influenza fortemente anche gli artisti. Il Kimono color arancio (1883-84 ca.), per esempio, evidenzia una spiccata attenzione per la resa delle stoffe, luminose e cangianti, mentre Il paravento giapponese (seconda metà del XIX sec.) è caratterizzato da campiture più piatte, tipiche della pittura e delle incisioni giapponesi (basti pensare, solo per citare un esempio, a celebri stampe come La grande onda di Hokusai).

Una visione del Giappone che si distacca da quella affollata e frenetica della Parigi moderna e che, usando le parole dello stesso De Nittis, è “un’immagine di quella dolce vita da sognare al quale basta una distesa di cose bianche, una pioggia di neve o una pioggia di fiori. È la vita per la quale sono nato: dipingere, ammirare, sognare.”

Sono le parole del giovane artista che, da un piccolo paese dell’Italia meridionale, arriva pieno di aspettative e aspirazioni in quella che all’epoca era la più grande metropoli europea. Lui ammirava la nascente modernità sognando il futuro; noi ammiriamo quello che ci ha lasciato, sognando invece un passato che non tornerà ma che ci piace pensare migliore del presente. 

 E allora sogniamo, in sua compagnia e delle sue opere, ancora un po’.

Fino al 30 giugno
Palazzo Reale, Milano
Piazza Duomo 12, 20122
Info: palazzorealemilano.it

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