Jorit a Putin: «Presidente facciamo una foto?». Il male oggi si sconta con un flash

Ai limiti dell'assurdità, lo street artist napoletano Jorit prende la parola al Festival della gioventù di Sochi e si fa fotografare con Putin

«Volevo chiederle un favore, se è possibile fare una foto con lei, per mostrare all’Italia che lei è un essere umano come tutti e che la propaganda diffusa in giro è falsa». Ha esordito così, dalla platea, come un fan che incontra il suo attore preferito per strada. Lo street artist napoletano Jorit ha chiesto ieri sera, 6 marzo, al Presidente russo Vladimir Putin di fare una foto insieme durante il Festival della gioventù di Sochi, il più grande forum giovanile al mondo. E tra il serio e il faceto è arrivata anche la risposta del presidente: «Certo, basta che non mi dia un pizzicotto per sincerarsi che sono una persona reale».

Tanti applausi, grasse risate da parte della platea, poi la foto con l’artista italiano e una con un giovane africano. «In Italia si dicono tante cose strane su di lei», ha aggiunto Jorit nel tentativo incomprensibile di riabilitare la figura del presidente russo, alla guida di un Paese in cui chi è contro di lui subisce violenti repressioni. Ed è vero, certo, che in Italia si dicono e fanno tante cose strane – a ben vedere dalla sua domanda, in primis – ma esattamente: cosa non torna a Jorit della reputazione di Putin? E poi, fare una foto abbracciati e sorridenti davanti ai flash cosa dimostrerebbe? Di entrare nella cerchia degli “esseri umani come tutti”. Non una grande assoluzione.

Nell’epoca del politicamente scorretto come trend, Jorit ha dimostrato tristemente, davanti a migliaia di persone, di non avere nulla da dire. Prima di questo patetico teatrino, intervenendo dalla platea di fronte al presidente russo, lo street artist ha infatti esordito domandandogli se l’arte possa essere «uno strumento per connettere i Paesi e le nazioni». Un pensierino che segue la scia delle dichiarazioni di Sangiuliano ad un altro grande evento istituzionale, la conferenza stampa di presentazione del Padiglione Italia della prossima Biennale, quello dell’arte che unisce i popoli. Un suggeritore che serve su un vassoio d’argento a Putin la risposta elogiativa da dare, per rimarcare pericolosamente quanto siamo amici: «Siamo sempre stati ammirati dall’arte italiana. Quella italiana è una grande arte di un grande popolo, questo è evidente. Noi in Russia l’abbiamo sempre considerata così e la consideriamo ancora così. La Russia e l’Italia sono unite dall’amore per l’arte e dal desiderio di libertà».

A Sochi Jorit si è recato insieme a Ornella Muti e alla figlia di lei, Naike Rivelli, per inaugurare un murale dedicato all’attrice realizzato su un edificio del villaggio olimpico. «Quando ho pensato a un modo per fare avvicinare l’Italia e la Russia, ho pensato alla grande attrice Ornella Muti (la cui nonna materna era di San Pietroburgo)», ha detto. Non sappiamo esattamente cosa accomuni Putin, Jorit e Ornella Muti, ma questa assurda atmosfera da cinepanettone ci porta a domandarci che senso ha un’arte che si professa politica, se poi si dimostra senza contenuti.

Il 33enne street artist era già stato attaccato la scorsa estate per aver realizzato su un palazzo bombardato di Mariupol, città ucraina occupata dai russi nel 2022, un murale raffigurante una bambina che nelle iridi mostrava i colori della bandiera della repubblica popolare del Donetsk, circondata da due missili con la scritta “NATO”. «L’idea – aveva spiegato – era mostrare i problemi dei bambini del Donbass al mondo intero. I media occidentali spesso distorcono la realtà. Per esempio, parlano delle sofferenze dei bambini di un Paese, ma rimangono in silenzio su quello che succede in quello vicino». Un’opera che è finita al centro delle polemiche per un presunto plagio: l’identità della bambina è risultata essere quella della protagonista degli scatti di una fotografa australiana, che con la guerra non c’entrava assolutamente nulla.

Tra scivoloni e scopiazzamenti vari, ci domandiamo che significato hanno, nella coscienza politica di Jorit, figure come Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini, Fëdor Dostoevskij o Angela Davis, che l’artista ha disegnato in questi anni sui muri di Scampia e altre città. La street art si è sempre fatta veicolo di messaggi politici contro il sistema. Questo è il vero fine ultimo di un’arte libera. Ma se la denuncia sociale si svuota del suo impegno civile, diventando mero materiale per una fotografia, non serve più a niente e nessuno.