The world of Tim Burton: a Torino viaggio nell’universo dark di Tim

Il catalogo che accompagna la mostra dedicata al visionario cineasta californiano ripercorre, nel dettaglio, l’evoluzione della sua singolare immaginazione visiva

Chi vive a Torino (o nelle vicinanze del capoluogo piemontese) non ha scuse. Ma anche per chi ha la possibilità di muoversi da altre città, le scuse stanno a zero. La mostra Il mondo di Tim Burton, al Museo nazionale del cinema di Torino fino al 7 aprile, rappresenta un evento unico e irripetibile per i fan – sempre più numerosi, considerato anche il successo della prima stagione di Mercoledì su Netflix – del geniale e visionario cineasta di Burbank. Per la prima volta in Italia, l’ipnotica esposizione rappresenta il viaggio esclusivo nella mente di un creativo a tutto tondo – regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, scrittore, animatore e disegnatore, 

Timothy Walter Burton ha realizzato film come Beetlejuice (1988), Edward mani di forbice (1990), Il mistero di Sleepy Hollow (1999), Big fish (2003), La sposa cadavere (2005), Sweeney Todd (2007), Alice in wonderland (2010), Dumbo (2019) solo per citarne alcuni –, esplorando la produzione artistica, lo stile inconfondibile e la prospettiva specifica dell’anima più dark di Hollywood. 

Ideata e curata da Jenny He in collaborazione con la Tim Burton Productions e adattata per il museo torinese da Domenico De Gaetano, la mostra (suddivisa in 9 sezioni tematiche) presenta al pubblico oltre 500 esempi di opere d’arte originali, raramente o mai viste prima, dagli esordi fino ai progetti più recenti. E ancora, schizzi, dipinti, disegni, fotografie, concept art, storyboard, costumi, opere in movimento, maquette, pupazzi e installazioni scultoree a grandezza naturale. E chi non può visitarla (come invece ha fatto Johnny Depp, in forma strettamente privata e a porte chiuse)? Niente paura: per loro (ma anche per chi l’ha vista e vuole portarsi a casa un ricordo “fisico”) c’è il volume che accompagna l’esposizione: The world of Tim Burton (Silvana Editoriale, cartonato, 240 pagine, 32 euro). 

A cura di Jenny He in collaborazione con il grande artista di fama internazionale – che in questo momento sta lavorando al sequel “Beetlejuice 2” previsto a settembre col ritorno dei personaggi storici di Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara – la mostra trova nel catalogo (220 illustrazioni; lingua: italiano e inglese) la sua ideale trasposizione su carta. Nell’introduzione (preceduta dalla nota dell’artista, in cui Burton evidenzia che «la Mole è iconica, è fonte d’ispirazione»), la curatrice scrive: «Questa mostra attinge dall’archivio personale di Burton e illustra la sua pratica artistica». Proprio alla magnifica location, Domenico De Gaetano, direttore del Museo nazionale del cinema, dedica un interessante focus, rimarcando «la sfida di trasformare la Mole nel “laboratorio” creativo di Tim Burton, la materializzazione di una fantasticheria dell’artista seduto nel suo studio, per trasportare il visitatore al centro del suo cinema». 

E ancora, le arti visive dell’eterno outsider classe 1958 sono riflesse nelle parole del critico d’arte e curatore Luca Beatrice («parallelamente al successo nel cinema, Burton ha continuato a dipingere e disegnare, mettendo sui fogli un’ossessiva e maniacale voglia di sperimentazione»), mentre desta particolare curiosità il ritratto dell’artista da demiurgo stilato dal critico cinematografico Giona A. Nazzaro («Tim Burton è al e “il” centro del suo universo, al punto di avvertire il desiderio di manifestarsi come tale»). Non da ultimo, il contributo “Capoccioni, magliettine e calzette a righe” dell’illustratore e regista Stefano Bessoni (che al maestro riconosciuto della favola dark ha dedicato il volume “Tim, l’eterno fanciullo di Burbank”). Bessoni descrive il visionario cineasta «un po’ Pierino porcospino, un po’ Robert Smith dei The Cure ma soprattutto tanto Edward mani di forbice». 

Continuando a sfogliare le pagine di The world of Tim Burton, il lettore approda all’incredibile carrellata delle opere (divise nelle sezioni: in giro per il mondo, polaroid, influenze, opere figurative, progetti non realizzati, personaggi dei film, il carnevalesco, festività, i reietti incompresi), che non solo sottolineano la spontaneità del processo creativo del regista californiano – che ama profondamente i film di mostri giapponesi, il cinema espressionista, il catalogo horror degli Universal Studios, i maestri della suspense William Castle e Vincent Price, gli italiani Mario Bava e Dario Argento – ma evidenziano temi tipici delle sue pellicole. Una produzione prolifica, dove l’archivio personale di Burton (autore che, in apertura del volume, il presidente del Museo nazionale del cinema, Enzo Ghigo definisce capace «di combinare il grande spettacolo audiovisivo del cinema classico con uno sguardo estremamente personale e immediatamente riconoscibile») è a disposizione del lettore per mostragli l’inimitabile varietà del suo “corpus creativo”. Documenti, schizzi, disegni e bozzetti: un’autobiografia per immagini (senza limiti) che vi avvolgerà. 

Info: www.silvanaeditoriale.it

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