Inside Art: una storia iniziata 20 anni fa

Il racconto dell'editore di Inside Art, Guido Talarico, sulla nascita della rivista e la sua costante crescita nel mondo dell'arte contemporanea

La storia che sto per raccontarvi ha radici diverse: c’è molta Sicilia, un pizzico di Calabria e poi tre grandi capitali, Parigi, Londra e Roma. Il primo siciliano che compare in questa storia è Aldo Runfola. Era una notte di mezza estate del 2003 e con lui passeggiavo tra gli aranceti di Contrada Guido, la campagna di famiglia da cui prendo il nome. Aldo è un palermitano cresciuto per le vie del mondo, un artista anche intellettualmente apolide. Con le sue opere ha anticipato una serie di temi che poi hanno fatto la storia del digitale (come la sua opera Mi piace – non mi piace) o anche preannunciato la fine della democrazia, con il Giudizio Universale.

Quella notte discutemmo di arte contemporanea: dell’arretratezza dell’Italia nei confronti dei mercati maturi, come quello inglese o americano, e del ritardo nei confronti di quelli emergenti, come quello arabo o asiatico. Da quel confronto ne uscii avendo chiaro in mente che all’Italia mancava qualcosa. Anche nel mio mondo, quello dell’editoria.

Andai a dormire pensando che forse sarebbe stata una buona idea fondare una casa editrice dedicata all’arte contemporanea. Lo feci nel 2004, dopo un po’ di pensieri ulteriori e qualche analisi di mercato. Fu così che nacque Inside Art, una media company fondata per colmare uno spazio, per dare uno strumento che aiutasse gli italiani a entrare “dentro” al mondo dell’arte e agli artisti di uscire dai confini di casa.

Facciamo ora un salto di 20 anni e passiamo da un’estate in mezzo a un aranceto a un pomeriggio milanese in una casa museo intrisa di bellezza e di amore, dove mi ritrovai di fronte un altro siciliano dallo sguardo magnetico. Era Emilio Isgrò, il maestro delle cancellature. Anche quello fu un incontro memorabile. Emilio è un artista che comunica la sua ricerca interiore, il suo acume da intellettuale vero con strumenti diversi. L’arte, la prosa, la poesia, finanche il giornalismo sono mezzi capaci di far emergere la raffinatezza dei suoi pensieri. Emilio mi stregò all’istante, così come la sua rivoluzione concettuale ha spiazzato e fatto innamorare le menti più attente alle innovazioni che cambiano il linguaggio e alla fine il modo di pensare.

I vent’anni di Guido, 2023, courtesy Archivio Emilio Isgrò, photo Andrea Valentini

Dopo quell’incontro con lui facemmo tante cose, anche un film per la Rai che porta il suo nome. La storia di Inside Art nasce con Aldo e il suo Giudizio universale e arriva a oggi con Emilio, con la sua cancellatura di Inside Art, l’opera che sarà sulla copertina di questo numero che con generosità ha voluto dedicarci per questo nostro anniversario e che io considero un privilegio personale, visto che di due pagine della rivista dedicate al suo lavoro lui ha cancellato tutto tranne i 20 anni di Inside Art e il mio nome.

In mezzo a questi due siciliani ve ne è un terzo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questa volta il rapporto non è soltanto con noi ma con tutto il mondo del contemporaneo. A lui non dobbiamo altro che la gratitudine che si deve a chi ha saputo chiudere una ferita grave che lacerava forse la parte più caratterizzante del nostro Paese, cioè il mondo dell’arte. Con Quirinale Contemporaneo la casa degli italiani ha aperto le sue porte agli artisti viventi che per una grave forma di miopia politica e culturale sin dal dopoguerra, erano stati esclusi dall’ingresso nel più importante palazzo del Paese. Una chiusura inspiegabile che per decenni ha rafforzato quel sentire diffuso, soprattutto all’estero, che voleva un’Italia artisticamente ferma all’epoca classica.

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, Cristina Mazzantini, GNAM Director, and Guido Talarico

Il Presidente Mattarella, grazie al contributo decisivo del Segretario Generale, Ugo Zampetti, e della curatrice Cristina Mazzantini (oggi direttrice della GNAM di Roma), ha invece spalancato le porte del Palazzo ai migliori artisti e designer italiani. Quirinale Contemporaneo, che non si è mai fermato, neppure durante il Covid, ha così restituito nel volgere di pochi anni onore e gloria alla mai sopita creatività nazionale, al genio infinito dei nostri artisti.

Noi di Inside Art abbiamo dato da subito il nostro sostegno e il nostro plauso a questo evento proprio per la sua natura provvidenziale e per la sua portata storica. E non è un caso se da Quirinale contemporaneo in poi l’arte dei nostri tempi abbia ripreso a entrare anche nei luoghi pubblici.

Ma in questi 20 anni di Inside Art, come dicevo, c’è anche Parigi, Londra e moltissima Roma. La Francia è casa. Tutti nella mia famiglia hanno anche quel passaporto, naturale dunque che sin dai primi numeri guardando all’estero arrivammo prima da quelle parti. Nacquero così varie ispirazioni e collaborazioni. Tutte di grande fertilità. La Maison Rouge, così come la Fondation Louis Vuitton di Parigi, furono di grande stimolo. Con la Ville de Lille, città della mia compagna di vita e di viaggio, Sophie, poi con l’Accademia di Francia in Villa Medici e con l’Atelier Wicar attivammo invece stabili e proficui rapporti di scambio. E lo stesso discorso vale per Londra: Frieze, Serpentine, National Portrait, Tate Modern, Saatchi, Whitechapel più una serie di piccole e grandi gallerie per anni sono stati per noi santuari d’ispirazione.

Non a caso il Talent Prize, il premio dedicato ai talenti emergenti che ho fondato nel 2008 e che oggi conta più di 10mila iscritti (come nessun altro premio in Europa), nacque da suggestioni nate sulle rive del Tamigi. Fu Martin Creed, vincitore del Turner Prize del 2001, a darmi la giusta ispirazione. Andai a vedere la mostra dei vincitori di quella edizione alla Tate Britain su Millbank e mi imbattei in quel suo straordinario lavoro dedicato alla luce: Work No.227: The lights going on and off. In quel lavoro di Creed c’era tutto il lirismo di una possente corrente artistica minimalista e concettuale che puntava a farci riscoprire la grandiosità del percorso che ha consentito alla luce di essere alla portata di tutti e che ci ha spinto a soffermarci sul significato più profondo di certi gesti, anche quelli più semplici come accendere e spegnere una lampadina.

Mi colpì la profondità di quell’opera ma soprattutto il geniale lavoro di valorizzatori di talento come Nicholas Serota, il direttore della Whitechapel, del Museum of Modern Art di Oxford e della Tate Gallery, nonché ideatore di Tate Modern e appunto presidente del Turner Prize. Di fatto è l’uomo che ha saputo dare dignità, sostanza e visibilità internazionale al sistema dell’arte britannico nel corso degli ultimi 40 anni.

E con lui gente come Charles Saatchi, l’ex pubblicitario che su King’s Road ha aperto una galleria che porta il suo nome e che da lì ha dato vita anche a movimenti artistici, primo tra tutti quello degli Young British Artists, che hanno lanciato personaggi come Damien Hirst, Tracey Emin, Sarah Lucas o Matt Collishaw.

E poi, come dicevo, Roma. È la città in cui, sin da ragazzo, ho scelto di vivere ed è qui che Inside Art ha messo radici sin dal suo primo giorno di vita. Siamo nati in via Eleonora Duse, oggi la nostra redazione è in via Flaminia, alle spalle del MAXXI e dell’Auditorium Parco della Musica e a poca distanza da Valle Giulia, la zona delle grandi accademie. Sui tavoli della nostra redazione sono passati i lavori dei più grandi artisti viventi. Li abbiamo studiati, ammirati, pubblicati. Di queste straordinarie vite e dei loro lavori abbiamo cercato di raccontare la poetica, la ricerca, l’ispirazione che vi era dietro ogni lavoro, ma abbiamo cercato di svelare anche un po’ della loro anima. E sempre con una sola idea: farne dono ai nostri lettori. Il desiderio di fare al meglio il nostro mestiere di comunicatori per avvicinare fasce di pubblico sempre più ampie alle gioie del contemporaneo.

Sono arrivate così 130 copertine del magazine, circa 7.000 home page del sito, abbiamo fatto migliaia di interviste e dato con il Talent Prize centinaia di premi. Dai grandi maestri del contemporaneo come Emilio Isgrò e Mario Ceroli, a curatrici del calibro di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Cristina Mazzantini, e soprattutto a migliaia di giovani talenti come Gian Maria Tosatti, Rä di Martino, Yuri Ancarani, Pietro Ruffo, Corinna Gosmaro o Giulio Bensasson. A tutti loro, compresi quelli che qui non possiamo citare per ragioni di spazio, in questi meravigliosi vent’anni abbiamo dedicato la nostra passione, il nostro mestiere, la nostra gioia di comunicare le loro ricerche, i loro talenti, la loro grandezza.

Storie di persone uniche e spesso geniali che segnano le vite di tutti noi e fanno grandi i paesi come il nostro. Negli ultimi anni è arrivata anche la stagione dei documentari, che abbiamo prodotto con l’amica Simona Garibaldi, curato con Rai Cultura e con l’aiuto impareggiabile di Silvia De Felice. Opere, di cui ho curato la regia, dedicate a grandi autori come Isgrò e Ceroli, oppure a mostri sacri del passato come Rembrandt e Duchamp, poi andate in onda su Rai 5.

In tutti questi anni di lavoro mi è sempre tornato in mente Indro Montanelli quando per il lancio della Voce, quotidiano di cui sono stato socio fondatore, impose lo slogan da lui stesso inventato: “Un unico padrone, il lettore”. Noi abbiamo messo al centro della nostra attività i lettori e gli artisti insieme, nella convinzione che gli uni abbiano bisogno degli altri e che la loro comunione faccia crescere la società.