‘Union Magazine’, lanciata una rivista che celebra l’arte palestinese

L'ONG 'Artists and Allies of Hebron' ha lanciato 'Union Magazine', la nuova rivista che rende omaggio agli artisti palestinesi, andando oltre il clima del conflitto. Si parte con quattro interviste

Un grido contro il massacro in Palestina viene lanciato anche dal mondo dell’editoria. ‘Strumento di resistenza’ – così la definiscono i fondatori -, la nuova rivista online Union Magazine racconta l’arte e le storie di artisti palestinesi. L’idea ha preso forma all’interno di Artists and Allies of Hebron, ONG con sede a Berlino e in Cisgiordania fondata nel 2020 dall’artista ebreo Adam Broomberg con l’attivista palestinese Issa Amro. Presentata il 19 dicembre, la testata risponde alla necessità celebrare e rendere omaggio al popolo palestinese tramite l’arte.

Con un titolo che invita a formare uno schieramento comune in un frangente di indebolimento dei diritti umani, come anche dei lavoratori dell’arte, Union Magazine appare come «un modo per non tacere nel mondo dell’arte e allo stesso tempo non gridare un programma politico», ha affermato Broomberg. Celebrare l’arte «offre un momento di tregua e dà speranza nel vedere le persone essere resilienti e produrre cose – ha continuato – e in un certo senso sfonda tutta la politica. È un modo di connettere le persone che supera ciò che sta accadendo, che è così polarizzato; è così tribale». La rivista vuole risanare così un clima opprimente, talmente inquinato che in Germania allo stesso Broomberg è stato rescisso il contratto di insegnamento.

Tra i primi quattro artisti ad essere intervistati, anche Hazem Harb, promotore di un’arte che incorpori passato e presente. Un passaggio che l’artista realizza unendo manufatti storici come immagini d’archivio, frammenti di mappe, monete e piante pressate. Harb mette insieme questi elementi – spesso in dittici – per creare una metafora della sua vita negli Emirati Arabi Uniti: «come persona che vive in esilio, il mio viaggio attraverso l’età adulta si svolge costantemente tra i mondi, con la mia mente ancorata a una patria che non posso abitare fisicamente».

Union Magazine racconta anche l’opera fotografica di Barbara Debeuckelaere. Giornalista e fotografa, Debeuckelaere si è recata a Hebron in Cisgiordania, l’unico posto in cui vivono i coloni israeliani in una città palestinese, e ha fotografato le donne di Tel Rumeida, un quartiere tradizionale costruito sopra e attorno a un tumulo archeologico a cui gli israeliani si riferiscono con il nome di ‘Tel Hebron’. Accanto alle fotografie scattate dall’artista, il progetto – che ha intitolato OMM – includeva anche gli scatti realizzati dalle donne stesse, offrendo anche la loro visione del proprio ambiente.

Gli altri due artisti intervistati per il lancio sono Areej Kaoud, che ha trascorso parte della sua infanzia a Gaza prima che la sua famiglia emigrasse in Canada, Mahdi Baraghithi, che si occupa di islamofobia. Se la prima ha realizzato Anxiety Is a Present of the Present er il suo interesse verso gli scenari catastrofici, il secondo ha attinto a un trauma vissuto dopo che uno dei suoi amici universitari è stato aggredito da un gruppo di uomini per strada a Bourges, in Francia. 

Altri artisti verranno aggiunti settimanalmente alla rivista, ma è già noto che la prossima intervista di Union Magazine sarà all’artista queer pop palestinese Bashar Murad. A questo proposito, appaiono significative le parole di Broomberg, che ha sottolineato come sia «estremamente importante mostrare anche la cultura queer palestinese perché credo davvero che l’unica via da seguire sia la solidarietà intersezionale. Abbiamo bisogno che diverse lotte – Black Lives Matter, LGBTQ+, questioni ambientali e diritti degli indigeni – si intersechino. L’arte è un linguaggio in grado di farlo. L’importanza della poesia, della letteratura e dell’arte visiva in questo momento è estremamente importante».

In più, Artists and Allies of Hebron è stato nominato come uno dei 30 eventi collaterali ufficialmente approvati per la 60esima Biennale di Venezia. Un evento vero e proprio, perché l’Italia è tra i Paesi che non riconosce la Palestina come Stato sovrano, per cui – prima di quest’anno – non ha mai avuto un padiglione proprio nella manifestazione.