La Galleria Tornabuoni dedica una mostra capitolina al Picotr optimus, Giorgio De Chirico 

Dai primi anni del Novecento fino agli anni Settanta, la mostra restituisce la quasi totalità della produzione dell’artista che scelse Roma come città d'elezione

Il legame che unisce Giorgio De Chirico a Roma è sempre stato molto profondo, tanto da decidere di trascorrerci buona parte della sua vita, dopo aver vissuto in 21 luoghi differenti, sia in Italia che all’estero. Questa è una delle motivazioni che hanno spinto la sede romana della galleria Tornabuoni a dedicare una retrospettiva a Giorgio de Chirico, una delle figure più emblematiche del secolo scorso, sia dal punto di vista artistico che da quello culturale. 

In mostra non solo i lavori romani, ma una selezione di oltre trenta opere, tra pittura, scultura e disegno, dai primi anni del Novecento fino agli anni Settanta, che restituisce la quasi totalità della produzione e dei temi affrontati dall’artista. De Chirico scelse Roma come sua città un prima volta nel 1919, qui studia le rovine antiche, rimane affascinato dalla Scuola di Atene di Raffaello nelle Stanze Vaticane e approfondisce aspetti della sua pittura metafisica.

© GIORGIO DE CHIRICO, by SIAE 2023. Courtesy Tornabuoni Arte

Dal 1925 trascorre la sua vita in varie città, tra cui Parigi, Milano, Firenze e New York. Fu nel 1944 che si stabilisce in via definitiva nella città eterna e nel 1948, con la seconda moglie Isabella Pakszwer, meglio conosciuta come Isabella Far, si insedia nella casa-studio di Piazza di Spagna, divenuta poi la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, occupando una posizione strategica nel cuore artistico della città, con gli atelier di via Margutta e via del Babuino, il Caffè Greco in via Condotti e il Caffè Aragno di via del Corso.

«Dicono che Roma sia il centro del mondo e che piazza di Spagna sia il centro di Roma, io e mia moglie, quindi, si abiterebbe nel centro del centro del mondo», affermava de Chirico. Il percorso espositivo si apre con La Passeggiata, lavoro del 1909 appartenente al periodo böckliniano del maestro, proveniente dalla Collezione Roberto Casamonti di Firenze. L’influenza del simbolismo di Böcklin e di Klinger, maturata a Monaco di pari passo alla lettura di Nietzsche e Schopenhauer, torna ripetutamente nella vita e nell’opera di de Chirico, nelle sue soluzioni iconografiche, visioni irrazionali e invenzioni nella messa in scena.

Il tema del nudo femminile è rappresentato in mostra da due dipinti: il primodel1923, già nella collezione di Alberto Savinio ed esposto alla XIII Quadriennale di Roma del 1998; l’altro, del 1930, ritrae Cornelia Silbermann, conosciuta a Parigi nell’agosto del 1929, poi diventata sua musa. Con lei de Chirico intratterrà un lungo rapporto testimoniato da un carteggio di ventitré lettere, dal 1929 al giugno del 1951.

© GIORGIO DE CHIRICO, by SIAE 2023. Courtesy Tornabuoni Arte

Alla produzione degli anni Trenta appartengono Combattimento di gladiatori del 1932, anche questo parte della Collezione Roberto Casamonti di Firenze, e Cavalli in riva al mare del 1935, già in collezione di Margherita Sarfatti, letterata e prima donna in Europa ad occuparsi di critica d’arte all’inizio del Novecento.

Del 1940 è il disegno …Ed ecco un gran drago…, realizzato per il ciclo per l’edizione dell’Apocalisse di Giovanni a cura di Raffaele Carrieri – «In quella grande e strana casa che è l’Apocalisse […] io sogno, incuriosito e felice, come il fanciullo, tra i suoi balocchi, nella notte di Natale» (G. de Chirico).

Una stanza è dedicata a due autoritratti: Autoritratto delle nuvole del 1948 e Autoritratto come pittore in costume del Settecento del 1957, dove de Chirico utilizza l’escamotage dell’abito antico acuendo così il fascino della composizione: «il vestito moderno non è interessante da dipingere […] il vestito antico offre molte più possibilità per fare della pittura e dimostrare quello che si sa fare» (G. de Chirico).

© GIORGIO DE CHIRICO, by SIAE 2023. Courtesy Tornabuoni Arte

Nel centro della sala più grande si trova una statua in bronzo raffigurante Ettore e Andromaca, alle sue spalle ‘’La conquista del filosofo’’, un arazzo di quasi due metri di altezza, il cui retro cela un il grande lavoro che l’artista ha fatto per realizzarlo. Raggiunta la maturità nella sua produzione artistica, de Chirico inizia un nuovo periodo di ricerca, la Neometafisica, nel corso del quale dipinge opere sulla meditazione e la rielaborazione di soggetti da lui scelti negli anni Dieci, Venti e Trenta. 

I manichini, i bagni misteriosi, i gladiatori e così via, sono sottoposti a una nuova lettura, rivisti secondo una luce differente, con colori accesi e atmosfere più serene rispetto a quelle severe e cupe della prima Metafisica, pervase da una strana sensazione d’inquietudine. Questo lo si può vedere in Ettore e Andromaca del 1950, Piazza d’Italia con piedistallo vuoto del1955 e Bagni Misteriosi del 1968. 

Su questi ultimi nel 1973 il pittore scrive: «L’idea dei “bagni misteriosi” mi venne una volta che mi trovavo in una casa ove il pavimento era stato molto lucidato con la cera. Guardai un signore che camminava davanti a me e le di cui gambe riflettevano nel pavimento. Ebbi l’impressione che egli potesse affondare in quel pavimento, come in una piscina, che vi potesse muoversi e anche nuotare. Così immaginai delle strane piscine con uomini immersi in quella specie di acqua-parquet, che stavano fermi, e si muovevano, ed a volte si fermavano per conversare con altri uomini che stavano fuori della piscina pavimento» (G. de Chirico).

© GIORGIO DE CHIRICO, by SIAE 2023. Courtesy Tornabuoni Arte

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 24 febbraio 2024.