WE ARE THE FLOOD: la ricerca di Stefano Cagol tra arte contemporanea, scienza e consapevolezza ecologica

Il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, nel cuore della Brianza, ospita il nuovo progetto che porterà l’artista trentino in giro per il mondo

WE ARE THE FLOOD. Interazioni su ambiente e trasformazioni è il titolo della mostra monografica dell’artista trentino Stefano Cagol (classe 1969) visitabile al MAC – Museo d’Arte Contemporanea di Lissone sino al prossimo gennaio e curata da Francesca Guerisoli, storica dell’arte e direttrice del museo lissonese fino alla scorsa estate quando, terminato il suo mandato triennale, è stata sostituita da Stefano Raimondi.

La mostra si articola su tre piani del museo e ripercorre l’ormai trentennale esperienza artistica di Cagol che punta a suscitare una consapevolezza collettiva non solo riguardo al ruolo giocato dall’uomo nel cambiamento climatico ma anche circa la sua piccolezza rispetto alla Natura nella quale è immerso. Indifeso (ma, come ricorda Cagol, non completamente impotente) l’uomo si differenzia da essa per il carattere breve e transitorio della sua vita: siamo solo di passaggio, un mero battito di ciglia, rispetto ai ritmi geologici che caratterizzano la storia del pianeta che abitiamo.

We are” è l’elemento che, come sottolineato dal titolo stesso della mostra, sostanzia il progetto e sintetizza proprio tale coscienza ecologica e critica di cui Cagol vuole farsi portatore: noi, con le nostre scelte e i nostri comportamenti quotidiani, siamo il problema (il diluvio distruttivo, “the flood”) ma possiamo anche essere la soluzione. È da noi infatti che deve partire il cambiamento, altrimenti saremo comunque noi a soccombere a causa della crisi climatica mentre il Pianeta, indifferente, in un modo o nell’altro continuerà ad andare avanti.

La mostra, oltre a proporre una panoramica della produzione dell’artista, costituisce la prima fase di un progetto più ampio che lo impegnerà fino al prossimo anno in giro per il mondo: durante una serie di viaggi tra Malesia, Groenlandia, Egitto, Artide, Cagol filmerà alcune performance in collaborazione con istituzioni artistiche locali per poi tornare al MAC di Lissone dove svolgerà un resoconto del proprio itinerario artistico e pubblicherà un libro. Un’anteprima del progetto è presentata a chiusura della mostra tramite l’opera We are The Flood. Spedizione (2023), costituita dalla proiezione di una mappa che evidenzia tutte le tappe previste da Cagol.

La realizzazione di performance documentate tramite video, nelle quali il corpo dell’artista agisce immerso in un ambiente naturale più o meno incontaminato, è un elemento ricorrente nella sua produzione. Ne sono un esempio le videoinstallazioni della serie The Time of the Flood (2020) presenti in mostra, tra cui Abiogenesis. The Time of the Flood: la figura di Cagol, parzialmente in dissolvenza, diventa sempre più nitida mentre si muove in mezzo agli effluvi gassosi della Caldara di Manziana, realizzando così una riflessione sulla nascita – solo apparentemente paradossale – della vita a partire da materia non vivente (un fenomeno noto appunto come abiogenesi).

Della stessa serie fa parte anche Antagonismus. The Time of the Flood, videoinstallazione in cui l’artista genera artificialmente una fiamma, servendosi di una bomboletta di lacca per capelli e un accendino, sulla superficie di un lago. L’opera si richiama a un precedente video intitolato Over Two Thousand (2007) nel quale l’artista dà fuoco alla neve: così Cagol riflette sulla capacità dell’uomo di sovvertire alcune dinamiche naturali con il suo intervento, arrivando addirittura a scombinare totalmente il rapporto tra due elementi antagonisti come l’acqua e il fuoco.

Il diluvio, in The Time of the Flood, non viene infatti inteso da Cagol solo come una mera precipitazione d’acqua ma anche, in senso più lato, come un insieme di fenomeni sconvolgenti che travolgono tutto ciò che incontrano. Così The End of the Flood(l’unica opera oggettuale della serie) si richiama a uno dei diluvi più celebri della storia dell’umanità: il Diluvio Universale descritto nella Genesi. Nell’opera, sotto una campana di vetro, un microscopico frammento del testo veterotestamentario viene affiancato a un fossile di trilobite: una riflessione riguardo al nostro essere qualcosa di inesorabilmente fragile e transeunte, se confrontati con l’antichità della vita sulla terra (rappresentata appunto dal fossile).

Oltre al video, un altro medium utilizzato in diverse occasioni da Cagol con finalità artistiche è la parola: al primo piano del MAC troviamo infatti Flu Game (2008) che costituisce una riflessione critica sul ruolo giocato nella società contemporanea dal petrolio (basti pensare ai suoi molteplici impieghi in ambito industriale e, soprattutto, alle dinamiche economiche e di potere che genera la sua compravendita). L’enorme scritta “FLU GAME” sulla parete è posta in dialogo con una sorta di foresta costituita da grovigli di materiale plastico policromo prodotto industrialmente a partire dal petrolio ma riciclabile: i visitatori possono aggirarsi tra queste forme organiche e astratte che paiono proliferare colonizzando lo spazio espositivo, consapevoli del fatto che quella plastica (con i suoi lunghi tempi di degradazione) senz’altro ci sopravviverà, esattamente come avverrà per la Natura in cui spesso, impunemente, essa viene gettata.

C’è però anche un’altra colossale scritta che occupa l’intero secondo piano del museo: si tratta di WE ARE THE FLOOD (2023), costituita da gigantesche lettere in plastica colorata e riciclata che compongono la frase che dà anche il titolo alla mostra e che è stata scenario di una performance svolta dall’artista durante il vernissage della mostra. L’opera, che entrerà a far parte della collezione permanente del MAC, è stata realizzata da Cagol con il sostegno di Italian Council (in occasione della sua 12° edizione), il programma che punta a sostenere e promuovere a livello internazionale l’arte contemporanea italiana, con il patrocinio della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. L’opera – si legge nel pannello che l’accompagna – può essere intesa come un “monumento del presente” cioè qualcosa che, seguendo la stessa logica che permea Flu Game, resterà a perenne e imperitura memoria anche quando noi non ci saremo più. “Exegi Monumentum” sembra dire Cagol ma, mentre Orazio vedeva nella sua poesia un mezzo per eternare la sua memoria e far sì che un pezzetto di sé potesse sopravvivere nei secoli, al MAC resta solo la consapevolezza del nostro essere insignificanti di fronte alla vita del Pianeta e al suo divenire.

Questo sembrano dirci anche altre opere dell’artista trentino presenti in mostra, dal titolo estremamente emblematico: “Far Before and After Us”. In Far Before and After Us (2022) Cagol svolge una sorta di rituale sciamanico contemporaneo, realizzando giochi di luce tramite segnalatori luminosi, immerso nel buio delle Dolomiti con i loro 250 milioni di anni. L’artista si sposta poi in Norvegia, presso l’isola di Golta, per realizzare Far Before and After Us. Golta (2022): frastagliata e incontaminata, la costa norvegese evoca i fenomeni tettonici che hanno avuto luogo tra 490 e 390 milioni di anni fa e hanno portato alla formazione del continente Euroasiatico. In questo scenario, Cagol realizza giochi di fuoco tra le rocce magmatiche di Golta, simboleggiando la violenza arrogante con cui l’uomo cerca di imporsi sulla natura, incurante della sua infinitesimale presenza rispetto a quell’ambiente naturale che esiste “far before and after us”.

Muovendosi tra le opere di Cagol, riecheggiano davvero le parole che Giacomo Leopardi, nelle sue “Operette Morali”, mette in bocca alla Natura, in risposta a un indignato Islandese che la accusa di essere indifferente e crudele nei confronti del genere umano.

“Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?”

Stefano Cagol, WE ARE THE FLOOD. Interazioni su ambiente e trasformazioni
a cura di Francesca Guerisoli
fino al 7 gennaio 2024
MAC Museo d’Arte Contemporanea
Viale Elisa Ancona 6, 20851 – Lissone (MB)
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