La criminologa Julia Kendall nel paese di Pinocchio

La criminologa nata dalla penna di Giancarlo Berardi è al centro di un avventura che rievoca la fiaba di Collodi

«Per tenerci buoni, i nostri genitori usavano la paura. Anzi, lo spauracchio: “Se dici le bugie, ti si allunga il naso come a Pinocchio”». Parole di Giancarlo Berardi, il “papà” di Julia, personaggio da lui ideato nel 1998 e che è al centro della serie a fumetti Le avventure di una criminologa pubblicata da Sergio Bonelli editore. La storica casa editrice con sede in via Buonarroti a Milano ha dato alle stampe “Nel paese dei burattini”, la prima avventura inedita di Julia Kendall – «vive e lavora a Garden City, una cittadina a circa un’ora di strada da New York. È una criminologa, ma anche una donna normale, dotata di una straordinaria sensibilità. Se esistesse la categoria, la si potrebbe definire un’investigatrice dell’animo» – ad approdare direttamente in formato cartonato. Con soggetto di Berardi (che ha curato anche la sceneggiatura insieme a Maurizio Mantero), disegni di Marco Soldi, colori di Matteo Merli e copertina di Cristiano Spadoni, il volume a fumetti Nel paese dei burattini(144 pagine a colori, 24 euro) è disponibile adesso in una nuova versione – la precedente è datata 2021 – che celebra i 140 anni dall’uscita del libro di Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista e scrittore Carlo Lorenzini. 

Un vero e proprio capolavoro della letteratura che Berardi omaggia con un racconto in bilico tra incubo e realtà, tra mondo criminale e della fantasia. Di fatto, tributo all’arte del narrare. Donna moderna, con una concezione altrettanto attuale della vita e delle relazioni interpersonali, Julia – che ha da poco superato la trentina – coltiva l’hobby del cinema anni Quaranta e della musica, e di professione fa (appunto) la criminologa. Immaginata da Berardi sulle fattezze di Audrey Hepburn («a cinque-sei anni, è stato il mio primo amore cinematografico. E il primo amore non si scorda mai»), qui compie un viaggio in Italia con il suo innamorato Ettore Cambiaso, desiderosi di trascorrere una bella e serena vacanza. Sarà così? Non proprio, poiché il giro della coppia tra le colline toscane offrirà ai due turisti un incontro casuale (o forse no), dando a Julia l’opportunità di entrate – tutt’altro che in punta di piedi – in un universo fantastico, popolato dai personaggi del celebre romanzo di Collodi (“Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino”, apparso a puntate sul Giornale per i bambini e poi pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1883).

Ma Julia è pur sempre una abile criminologa, il cui lavoro si svolge su due fronti: insegna, come assistente, alla Hollyhock University (siamo nel New Jersey) e, come libera professionista, presta la propria consulenza a figure pubbliche oppure a semplici cittadini (fermo restando che nella maggior parte dei casi, riceve un incarico di lavoro direttamente dalla procura distrettuale e collabora con la polizia); dunque il suo intuito saprà esserle utile anche nella delicata indagine nella quale, suo malgrado, si ritrova coinvolta, per salvare il mondo della fiaba da sprezzanti affaristi pronti a tutto pur di soddisfare la propria avidità. Genovese, classe 1949, Berardi ricorda che «trascorsero alcuni anni prima che potessi vedere la trasposizione filmica del burattino realizzata da Walt Disney. Fu amore a prima vista. Quell’accrocco di legni rappresentava perfettamente le pulsioni, la spinta alla trasgressione, l’ingenuità e la voglia di libertà della mia generazione». Nel corso degli anni il grande sceneggiatore – di cui “Tiki”, la sua prima serie, in tandem con il disegnatore Ivo Milazzo, è del 1976. Un anno dopo nasce Ken Parker, il suo personaggio di più conosciuto, esportato in molti paesi oltreconfine («è l’altro mio figlio e nei suoi confronti ho sempre una particolare attenzione e un enorme affetto») – ha raccolto numerose edizioni italiane ed estere del romanzo di Collodi, sul quale si sono misurati i più grandi illustratori di sempre. Non tralasciando i cartoni animati e le pellicole, tra cui quello di Luigi Comencini, del 1972, che Berardi ama in modo viscerale. 

Da tutto questo è nata nell’autore ligure un’idea fissa: introdurre Pinocchio in uno dei suoi racconti, evitando di incorrere in una doppia trappola: snaturare un’incredibile invenzione letteraria e semplificare – peggio ancora, banalizzare – la sua scrittura. Ne è valso il rischio? Certo che sì, perché Julia nel paese dei burattini è una storia a fumetti che esce da qualsivoglia perimetro narrativo e flirta con il metaracconto, evitando di essere ripetitiva e trovando nella contaminazione dei generi, il poliziesco («il romanzo poliziesco, nei suoi vari sottogeneri – tra cui la crime story – ha sempre avuto un ampio spazio nelle mie letture, tanto che da ragazzo dedicai la mia tesi di laurea alla “Sociologia del romanzo poliziesco», ammette Berardi) – e la letteratura per l’infanzia, la sua cifra stilistica nonché il suo punto di forza. 

Certo, mantenendo intatto il timbro caratteristico delle storie di Julia, contraddistinte anche dall’uso di una voce narrante in prima persona (“era stata un’idea di Ettore, per la mia consueta vacanza in Italia. Dopo i grandi capoluoghi – Genova, Napoli, Milano, Venezia – mi propose un tour attraverso i borghi storici della Toscana”), un espediente particolarmente caro alla scuola californiana dei giallisti (capitanata da Dashiell Hammett e Raymond Chandler) che, nel caso specifico, consente al lettore di conoscere sia le riflessioni sia le considerazione della celebre criminologa, in uno stile diaristico che aggiunge immediatezza agli accadimenti che vengono narrati.

Uscire dagli schemi, senza la paura di osare: è quanto ha fatto – e, ne siamo sicuri, continuerà a fare – Berardi (tra i numerosissimi riconoscimenti assegnatigli, citiamo il premio Oesterheld, il premio Internacional Barcelona de Comics, l’Haxtur e lo Yellow Kid). Come scrive nella postfazione (“Pinocchio e Julia: incontro fra due “classici”) Pino Boero, professore ordinario di letteratura per l’infanzia e pedagogia della lettura presso l’università di Genova, «non ci sarà fine al narrare in tutte le sue articolazioni finché sarà possibile trovare parole che si combinano e scombinano, tempi reali e tempi del sogno, routine della quotidianità e avventura di carta».

Info: www.sergiobonelli.it

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