«Questo libro è nato di getto: così come “A panda piace” nacque con l’idea di tenere un diario, queste pagine sono scaturite con l’obiettivo di voler mettere un segnalibro nella mia vita. Raccontando l’esperienza della paternità e tutto quello che comporta». E al pari di “Panda” – nato in rete nel 2008, è divenuto subito uno dei personaggi più apprezzati delle strisce a fumetti, al centro di riviste, volumi, cartoni animati e gadget – così l’ultima fatica di Giacomo Keison Bevilacqua, siamo certi, avrà un grande seguito (ma già sta accadendo, come attestano le recenti presentazioni al pubblico nelle librerie Feltrinelli di tutta Italia: da Bologna a Firenze a Roma).
Parliamo di Sono una testa di panda (Bao publishing, cartonato, 200 pagine a colori, 23 euro), un graphic novel leggero e profondo che tocca numerosi temi, per nulla banali. Fumettista tra i più rilevanti in Italia, ma anche giovane papà («essere padre è un mestiere complicato, e poi ci sono quei giorni in cui ti senti un impostore e sei sicuro di non esserne capace» riporta la quarta di copertina), l’autore – classe 1983, ha cominciato la sua carriera di fumettista come disegnatore per Editoriale Aurea nel 2006 – vive a metà tra l’essere una persona e l’essere un personaggio, e infatti si raffigura come Testa di panda, il delizioso tramite umano delle emozioni che da sempre racconta nelle strisce del già citato “A panda piace”.
Nel nuovo graphic novel “Sono una testa di panda”, Giacomo affronta un vero e proprio viaggio interiore nei dodici mesi di un anno, riflettendo nel suo racconto non solo sulla sua condizione di autore e artista (“sono consapevole che c’è a chi la roba mia non piace, ma io sono mediamente soddisfatto di quello che faccio. L’idea del fallimento mi spaventa”), ma anche sulle difficoltà di accettarsi, di avvertire di essere abbastanza (“non ho mai voluto essere altro, non so se sarei in grado di essere altro”), amplificate dalla nascita di suo figlio (“la prima cosa che ti dicono all’ospedale quando ti mettono in braccio un figlio è di metterti l’anima in pace perché in qualche modo fallirai, farai degli errori”).
Un percorso di autoanalisi (ben) celato all’interno di un monologo che guarda oltre la quarta parete – abbatterla rappresenta un’espediente tramite cui l’autore “entra” con tutto se stesso nella narrazione –, rivolgendosi direttamente a chi lo legge. Così Giacomo si mette a nudo come mai aveva fatto (da Il suono del mondo a memoria del 2016 – il suo primo graphic novel a colori, che si è aggiudicato il premio lettori Feltrinelli ai Gran Guinigi di Lucca Comics 2017 – e Troppo facile amarti in vacanza del 2021, entrambi editi da Bao publishing, fino a Lavennder, datato 2017, quarto numero degli speciali annuali della testata Le Storie di Sergio Bonelli Editore, l’approccio è totalmente differente), con sincerità e coraggio. Invitando il lettore a non avere paura di chiedere aiuto, al bisogno. Quasi tendendogli la mano o abbracciandolo, per farlo sentire meno solo in questo mondo sempre più complicato.
Ed ecco che Sono una testa di panda è molto di più di un “semplice” graphic novel. Parliamo infatti di in lavoro poetico che non ha nulla di ovvio né di approssimativo. È un racconto intimo, a cuore aperto, nel quale è facile (anzi, facilissimo) rispecchiarsi, anche se non si hanno figli (ci sono alcuni passaggi, sul conciliare lavoro e passione nel farlo, che spezzano qualsiasi frase motivazionale del tipo «scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita»).
Certo, un figlio muta la prospettiva, il modo in cui si è abituati a guardarsi attorno, ma lo stesso autore racconta questo viaggio lungo un anno (e non solo, visto che va anche indietro con la memoria, ai suoi esordi) senza filtri. Un percorso che, chi sfoglia le pagine del libro, compie insieme a Giacomo riflettendo, commuovendosi e (perché no) vedendosi strappare un sorriso (basti pensare alle sfiziose “incursioni” nel graphic novel di amici e colleghi come Zerocalcare e Riccardo Torti). Un’opera, scrive ancora Giacomo – particolarmente attivo sui social, ha due pagine Instagram su cui seguirlo: @keison22 («piccole storie per chi ha Panda come animale guida, e per chi non sa di averlo») e @apandapiace («fumettista. Padre. Socio di Gigaciao e A panda piace, il mio alterego») – «per imparare ad accettarsi e per riconfigurare i pensieri attorno alle cose che contano davvero».
Info: www.baopublishing.it