Una rubrica (p)artecipattiva che racconta di arte, artisti e sostenibilità
“La vita è piena di incontri. E anche di perdite”. Così Anna Llenas, scrittrice e illustratrice di Barcellona, presenta sul suo sito El vacio, un libro per ogni età che ci insegna come affrontare le difficoltà della vita quando si crea una sensazione di vuoto, ben rappresentato dalla Llenas con un buco nella pancia della piccola Giulia, protagonista della storia, che prova “a riempirlo, a chiuderlo, a cancellarlo” con tappi di vario tipo per arrivare alla conclusione che … non dico invitandovi a leggere il libro.
Certo è che tutti noi viviamo momenti in cui cerchiamo un “tappo” e Anna Llenas ci aiuta, essendo convinta sostenitrice degli effetti terapeutici dell’arte.
Siamo stati nell’Auditorium della Real Academia de España a Roma per la presentazione del progetto Dulcis in Fundo di Sonia Andresano, María Ángeles Vila Tortosa e Carles Tarrassó: le prime due artiste hanno realizzato insieme una grande scultura, un tavolo rotondo su cui Carles ha disposto i suoi dolci gelatinosi che tutti noi osserviamo attratti dai diversi colori, li tagliamo cercando di metterli nei piattini non senza una qualche difficoltà, e poi iniziamo a mangiarli con un misto di voracità e diffidenza, non capendo esattamente di cosa sanno.

Siamo protagonisti di una performance partecipativa in cui arte e cibo stimolano i nostri sensi, nella sala regna il silenzio, si sente solo il tintinnare dei cucchiaini e in sottofondo lievi percussioni simili al rumore di una goccia che continua a cadere e colpisce direttamente allo stomaco.
I dolci sono preparati con ingredienti della pasticceria classica italiana, in combinazione con sapori del tutto inaspettati derivanti da erbe tradizionali (tra cui la camomilla). In alcuni casi i dolci sembrano essere del tutto insapori, in altri scatenano un piacere incompleto, evocando un desiderio non completamente soddisfatto, anche per il sapore non del tutto gradevole al palato, quasi a ricordare una medicina che deve essere inghiottita.

Man mano che i dolci vengono mangiati e tolti dal tavolo, appare la grande lastra di metallo tonda che pensavamo di trovare vuota, ma María Ángeles ha riempito quel vuoto incidendovi e stampandovi sopra uno degli ingredienti dei dolci di Carles: una pianta di camomilla con le sue radici, che simboleggiano vari momenti della vita.
María Ángeles non si limita a stimolarci la vista, dal momento che il grande tavolo di metallo ricorda un tavolo chirurgico, portando l’attenzione sulla fragilità umana, con enfasi sul ciclo naturale della vita e sull’importanza che la salute ha nel nostro percorso.
Le piante che germogliano e crescono rappresentano la nascita e l’inizio di un ciclo.
Le radici, d’altra parte, simboleggiano non solo la connessione con le radici culturali, ma anche l’aspetto sotterraneo dell’esistenza che può essere associato alla morte e alla trascendenza.
Il cerchio invece, è il ciclo che si ripete, quello della permanenza, in tutte le sue fasi.
Ora il tavolo è diventato un’opera d’arte, vero e proprio esempio di detournement; anche il metallo, freddo materiale di cui sono fatte le matrici che normalmente María Ángeles usa per stampare i suoi lavori, è il supporto su cui l’opera viene realizzata.


Passiamo da sopra a sotto al tavolo, con le quattro gambe realizzate da Sonia, innesti ortopedici che uniscono parti di materiali diversi, per sostenere e stabilizzare la grande lastra di metallo, nonostante la loro fragilità. E’ un sostegno che trattiene un peso, una responsabilità. Sono gambe che sottolineano evidenti contrasti, essendo al contempo fragili e forti, eleganti ma industriali, zavorrate o appena puntate a terra. La rotella è presa da una sedia a rotelle, il vetro da un lampadario: pezzi che stanno su e pezzi che stanno giù. La ceramica simula un osso, le cravatte delle impalcature trattengono pezzi diversi tra loro. Un piede è una parte di trapano, un altro un pezzo di cancello. Anche se oscilla, il grande tavolo rotondo si sforza riuscendo a sostenere tutto il dolce e l’amaro della vita, adagiati su un piano con una enorme radice pesante.
Un progetto corale che ha stimolato in vario modo i sensi di tutti noi, ormai parte integrante della performance grazie a Sonia, María Ángeles e Carles, la cui arte è il “tappo” che questa sera ci ha aiutato a “riempire, chiudere e cancellare” quel buco nelle nostre pance causato dalla sensazione di vuoto, purtroppo sempre più frequente di questi tempi.

Dulcis in fundo, la performance si è conclusa con un grande applauso, usciamo in silenzio un po’ destabilizzati, avremmo bisogno del sostegno di uno degli innesti di Sonia, che ci ha messo a parte di temi della sua ricerca quali la transitorietà, il limite, l’irrequietezza, la precarietà di una posizione, il viaggio, l’ostinazione verso un superamento. Conserviamo il sapore dei dolci gelatinosi di Carles, che poi tanto dolci e saporiti non erano e ci hanno lasciato una sorta di “amaro in bocca”. Abbiamo davanti agli occhi quella grande lastra di metallo con la pianta di camomilla e le sue radici di María Ángeles, con il desiderio, per non dire la necessità, di rivederla e poterne portare a casa una immagine.
Ha ragione Banksy: “l’arte deve confortare il disturbato e disturbare il comodo“.
Roma, 19 settembre 2023