Fehida, racconto a fumetti su com’è vivere (e morire) in una faida di ‘ndrangheta

Un mondo aggressivo che non fa sconti, quello scritto da Renzoni e disegnato da Sorrentino, dove passato e presente si intrecciano in una spirale di sangue

San Michele, Calabria, 1991. Francesco è un bambino che intende solo dilettarsi con Street Fighter (popolare serie di videogame in cui i personaggi lottano in giro per il globo, ciascuno con le proprie, incredibile mosse speciali, affrontandosi l’uno contro l’altro). Luca, invece, desidera già diventare un capobastone. Nessuno di loro però immagina che uno scherzo innocente muterà inesorabilmente il loro futuro. Sedici anni dopo, dall’altra parte d’Europa, la faida di sangue cominciata quel giorno non accenna a placarsi e per Francesco e Luca si prospetta una discesa agli inferi che non contempla il biglietto per il ritorno. 

Scritto da Tommaso Renzoni e disegnato da Raffaele Sorrentino, il graphic novel Fehida (Minimum Fax, 191 pagine a colori, 20 euro) racconta la vita e la morte all’interno di una faida di ’ndrangheta, in una spirale di sangue capace di annientare i sogni, i desideri e le speranze di tutti coloro che ne fanno parte. «Fehida nasce dalla proposta della curatrice della collana, Carlotta Colarieti, che oltre che proporci di raccontare la faida di San Luca ha messo in contatto me e Tommaso. Prima di lavorare al volume infatti non ci conoscevamo. È stato un colpo di fulmine», spiega Sorrentino.

Incalza Renzoni: «L’idea era di arricchire la collana Cosmica con un testo che parlasse di una vicenda di cronaca, e la scelta è caduta su quei fatti ispirandosi ad un altro libro di Minimum Fax, ovvero “Statale 106” di Antonio Talia. Così è iniziato un intenso percorso di documentazione, per comprendere non solo le vicende ma tutto il funzionamento, i linguaggi e gli archetipi di quella mafia. E più andavo avanti e più in quella storia ci vedevo in filigrana un racconto di libertà e di liberazione dai modelli di un maschile aggressivo e patriarcale. Raffaele condivide con me questa sensibilità e, d’accordo con lui, ci siamo allontanati dai fatti reali per far vivere un racconto che potesse parlare ai maschi di oggi». 

Da qui la narrazione, a quattro mani, di un mondo violento e brutale, dove il passato e il presente si intrecciano per raccontare una delle organizzazioni criminali più potenti e spietate in circolazione. Continua Renzoni (romano, classe 1988): «Raffaele è stato fondamentale. Lui saprà spiegarlo meglio di me, abbiamo deciso di lavorare davvero a quattro mani, partendo da un soggetto semi-dettagliato che avevo scritto e che conteneva tutto il lavoro di documentazione e il taglio strutturale. A quel punto Raffaele ha lavorato a uno storyboard di tutto il fumetto, e su quel documento abbiamo iniziato a inserire proposte, aggiustamenti, momenti da esplorare. Più andavamo avanti e meno problemi abbiamo avuto, anche perché il vero scoglio era condensare tutti gli eventi della storia nelle pagine del libro. Una volta fatte le giuste scelte e sacrificato il materiale che non ci serviva, è stato piuttosto entusiasmante».

Un lavoro di sponda, dunque. «Partendo dal soggetto di Tommaso – ammette Sorrentino, nato a Salerno nel 1990 – abbiamo scritto la sceneggiatura rimbalzandoci le varie versioni per poi lavorare allo storyboard, il cui disegno è stata la parte più lunga e complessa». Una storia, quella scritta da Renzoni (è sceneggiatore per il cinema e la tv) e disegnata da Sorrentino (fumettista e illustratore, vive a Bologna), che non è un “crime” in senso stretto. «Troppo spesso – puntualizza il primo – nel mio lavoro di sceneggiatore vedo i soliti schemi narrativi quando si parla di criminalità organizzata. Si scomoda il racconto del potere, in fondo si glorifica il male. Di solito i modelli narrativi che si scelgono per una storia come questa sono Amleto e Riccardo III, figli illegittimi che sognano il trono, storie di vendetta. Noi abbiamo cercato di lavorare su due piani: da una parte il racconto oggettivo, esteriore, dall’altra il racconto emotivo, entrando nella testa (letteralmente) dei personaggi. L’empatia è fondamentale per capire cosa succede a quei ragazzi, anche se la storia non fa sconti a nessuno. Non è buonista né opera salvataggi di sorta». 

Pertanto, con Fehida il rischio di creare stereotipi e luoghi comuni era più che elevato. «Ragione per cui – interviene Sorrentino – abbiamo cercato di mantenerci neutrali nel presentare, sia visivamente sia in fase di scrittura, i nostri personaggi. Raccontandone le piccolezze, la quotidianità e la miseria che scaturisce dal trovarsi impantanati in un meccanismo più grande delle nostre vite. Dove da piccoli loro credono di partecipare a un mito, per poi scontrarsi con la pochezza e la disillusione di un meccanismo criminale che ti controlla quasi fossi una sua proprietà. Disumanizzandoti».

Info: www.minimumfax.com

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