E IL TOPO. Storia di una rivista d’artista con un’insolita strategia editoriale

Il Progetto editorial di viaindustriae publishing e a+mbookstore (Milano) che racchiude la storia del magazine E IL TOPO

Studiando il lavoro editoriale di viaindustriae publishing, curatore dell’antologia della rivista d’artista E IL TOPO edita da a+mbookstore (Milano), ci si rende conto di quanto – forse – sia improprio scriverne in modo “ufficiale” e “critico” su una rivista specializzata. Questo perché E IL TOPO, sin dalla sua fondazione, si è sempre posizionato ai margini del sistema artistico, tracciandone ogni volta confini sempre diversi e più ampi, delineando rotte inaspettate e sorprendenti, in direzione opposta alle correnti in voga e precorrendo i tempi. Si cercherà, quindi, di fare ordine e dare delle linee guida per leggere e vivere questo prezioso progetto.

Il cofanetto cartonato dal titolo E IL TOPO racchiude la storia della rivista d’artista omonima, pubblicata dal 1992 al 1996 e dal 2012 a oggi, attraverso un volume anastatico dei 33 numeri della rivista, una cartella con 8 poster d’artista e un libro che ne racconta la storia con i contributi critici di Anna Cuomo, Françoise Lonardoni e Giorgio Verzotti.

Un progetto unico, che mantiene le caratteristiche tecniche dell’originale (invariabilmente stampata dal 1992 in nero su carta grigia riciclata, con l’aggiunta, a partire dal 2012, delle Edizioni Lettera Rossa), ma che lo completa, per certi versi, mettendo un punto ad un cerchio evolutivo di un pensiero inesauribile. Sì, perché E IL TOPO, come si evince dagli scritti e dalle testimonianze raccolte nel volume, non è stata solo una rivista, ma un vero e proprio pensiero in movimento: si è spostato geograficamente costruendo baluardi in Italia, Francia, Germania, Stati Uniti, Asia, si è spostato fisicamente attraverso le azioni performative e, infine, si è messo in moto – soprattutto – nel pensiero. Unica costante, come dichiara E IL TOPO stesso, è l’omonima rivista

“Fondato a Napoli nel 1992 (da Gabriele di Matteo e Franco Silvestro con Armando della Vittoria, Piero Gatto e vedova Mazzei), scomparso a Milano nel 1996, rinato dopo 16 anni, disseminato, individuale e multiplo, E IL TOPO è oggi un “movimento” internazionale e transgenerazionale che trasmette un’attitudine sovversiva e libertaria, il cui modus operandi – a volte sottilmente polemico – non riconosce ruoli predefiniti, né stili personali. Il gruppo è composto da circa 20 artisti, una configurazione fluida che si riunisce per progetti specifici che spesso coinvolgono solo alcuni membri, senza classifiche interne e senza firme individuali”.

Questa pluralità di intenti è ben chiara nel libro che racchiude la storia della rivista e che si apre con un testo critico di Françoise Lonardoni. La studiosa e critica cita Armando della Vittoria, che sul n. 24 dichiarava “This Magazine […] has become the ideal medium to amplify collective actions and prevent any editorial policy”, una vicinanza alla letteratura e al pensiero magico che apre alla percezione di ciò che ha senso e nel quale l’accostamento di scritture disparate e immagini ripetitive solleva un significato. 

Lungo le performance che hanno forgiato una sorta di esoscheletro della pubblicazione cartacea, appaiono figure simboliche e corrispondenze: una di quelle è la figura del cieco,  che ritorna anche nella seconda vita del magazine, come omaggio a Duchamp ma anche come metafora della cecità visionaria. 

LA STORIA 

La presentazione al pubblico della rivista avviene infatti a viafarini, nel giugno del 1992, attraverso una performance nella nebbia de “Il cieco e il topo”: una “dichiarazione di intenti”, dunque, nella quale si afferma che “ E IL TOPO non promuove alcuna individualità. Tutto si confonde in una zona grigia. Il compito del Topista è sfruttare la confusione per i propri scopi. 

Nel 1995 il magazine viene trasformato per la prima volta in un poster (con il contributo degli artisti Stefano Arienti e Amedeo Martegani) per poi annunciare, nel 1996, la chiusura che coincide con la donazione dei numeri pubblicati alla Municipal Library of Lyon.

“I Topisti, con E IL TOPO, sono stati precursori delle dinamiche della realtà aumentata. Per questo hanno deciso di unire le forze per muoversi nella direzione di una realtà diminuita”.

La “rinascita” avviene nel 2012. Sempre Lonardoni scrive “Nel corso della seconda serie della rivista il suo funzionamento si è evoluto verso performance sempre più frequenti, slegate da una nuova pubblicazione, accogliendo contributi di artisti, musicisti, autori di varia sensibilità, provenienti da diverse località geografiche. Da Berlino a New York (passando per Milano, Napoli, la Francia n.d.r) si è progressivamente formata una nebula di performer specifici, che si assembla al ritmo discontinuo delle proposte, e che ha fatto nascere l’idea, umoristica e artistica, di formare un Movimento Topista con un manifesto i cui articoli fossero scritti ciascuno da un membro del movimento”. 

Il contributo di IAN BAXTER&, una dichiarazione di vaghezza, sembra tra gli esempi più eloquenti per comprendere la natura dell’azione: A BBLLUURRRREEDD LIFE IS ALL THERE IS  & AT THE END FOR THE TOPIST THER IS ONLY A BBLLUURRRRREEDD &…..

Nel maggio 2014 E IL TOPO decide di diventare un movimento. Nel nome di E IL TOPO, il topista Clermont, residente a Seoul, acquista un’intera pagina di un giornale locale di annunci economici su cui pubblicare il primo Manifesto Topista, nella versione italiana. Il numero 16 di novembre esce con le fotografie realizzate a Seul da Clermont stesso e una pagina con la traduzione del manifesto in coreano.

Ma la parabola topista non si esaurisce qui e il suo camminare viaggia sempre “un po’ più in là” degli altri, tanto che nel 2017 David Liver in persona al Lucca Art Fair, accompagnato da un certificato che ne accredita l’azione, afferma di essere il n. 23 di E IL TOPO: È IL TOPO, dunque. 

E poi ancora E IL TORO. Sempre Lonardoni afferma: “Quando Jimmie Durham prende in mano il numero 24 (2019), mette insieme documenti di ogni tipo: mitologia, storie, archivi sindacali, avvisi tecnici, fatture di pittura, alcuni sorprendenti strumenti per l’apprendimento di una lingua, biglietti d’invito e il diario di una donna italiana del 1955… nelle pagine dimostra che Europa non è stata rapita da Zeus, come sostengono i dipinti tradizionali, ma che è fuggita in groppa a un toro, ribaltando così la sua posizione di vittima. A sostegno di questa tesi espone i dipinti di Pompei. Questa volta il titolo della rivista è: E IL TORO, ovviamente.”

Infine, E IL TOPO, si fa sintesi: l’ espressione lapidaria e dialettica, per cui viscerale, carnale, viva “È fernuto” di Ben Vautier nel 2023 ne dichiara la fine. 

IL VOLUME 

Il volume anastatico, che racchiude tutti i numeri de E IL TOPO, si chiude proprio con questa dichiarazione.

Ripercorrendo a ritroso il corpus di pagine grigie, intervallate ogni tanto da cenni di rosso, proprio da quella dichiarazione finale, si viene sommersi da un mondo che abbraccia tutti gli aspetti del sentire e del pensare, esposti e concretizzati con ogni mezzo possibile. Emerge soprattutto, come collante delle azioni, dei servizi, degli scritti, delle performance, una vena ironica dissacrante, vero strumento per leggere ciò che è stato fatto e ciò che deve ancora venire.

Cesare Pietroiusti, ad esempio, per il n. 26 del 2022 propone un disegno che verrà realizzato dopo la sua morte; nel n. 17 (2015) vengono stampate le impronte digitali dei visitatori della mostra “E il topo” realizzata al Cabinet du Livre d’Artiste a Rennes, Francia. E ancora, il n. 4 del 1993 si apre con un gioco di scambi: “THE NAME OF THE PLAYER PLAYNG THE PART” – AD APERTO NOVECENTONOVANTATRE SI SCAMBIARONO PER SE STESSI, ovvero una carrellata di ritratti fotografici di artisti, curatori, critici con i loro nomi scambiati. 

A distanza di anni il gioco è saperli ritrovare e, un po’, anche ritrovare sé stessi. Non a caso l’operazione viene accompagnata da alcune frasi e citazioni, tra le quali quella del sonetto di W. Shakespeare “ Look in thy glass and tell the face thou viewest / Now is the time that face should form another”.

Così, il n. 12 del 2012, in occasione della riapertura della rivista, raccoglie un’altra carrellata di volti, questa volta di artisti e curatori scomparsi negli ultimi anni. 

Si arriva così alle prime pagine del volume, che nel richiudersi per posizionarsi dritto, come dovrebbe stare, ci mostra la frase di apertura e l’inizio del tutto: “the story on an artist magazine with an unusual editorial strategy”.

Davvero possiamo credere che sia fernuto?

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