Al Frantoio di Capalbio la mostra dedicata alla pittura romana

Primo capitolo ricognitivo sulla nuova generazione di artisti romani che operano nell'ambito della pittura in continuità con la lunga tradizione artistica della Capitale

Nella pittura. Roma capitolo I, a cura di Massimo Mininni e Davide Sarchioni, fino al 3 settembre 2023 a Capalbio presso la Galleria Il Frantoio, è il primo di più appuntamenti che saranno dedicati ad artisti emergenti e affermati, di stanza a Roma. I primi due episodi si focalizzeranno sulla pittura. Nel primo capitolo sono stati scelti nove artisti. A differenza di quanto accaduto nell’esposizione Materia Nova (presso la Galleria comunale d’arte moderna di Roma), i protagonisti della collettiva non sono stati selezionati partendo dagli artist run spaces di cui fanno parte ma accostati per comunanza stilistica e tematica.

L’immagine scelta per la locandina è la Fontana degli artisti, opera del 1927 di Pietro Lombardi, omaggio alla creatività che circola nei rioni urbani. È infatti ubicata nella strada che ha ospitato e ospita tuttora numerosi atelier e gallerie, Via Margutta. Nonostante in questo momento molti occhi siano puntati sulla scena artistica capitolina, non risulta scontato portare avanti, proprio a Capalbio – meta molto amata dai romani – un progetto che intenda non solo fotografare una situazione di cambiamento e fermento, ma anche dare voce alla ricerca delle singole personalità artistiche.

I 9 PITTORI IN MOSTRA 

Partiamo dalla più giovane invitata, ma estremamente matura a livello di consapevolezza espressiva, Verdiana Bove (Roma, 1996). In Ascoltava e si sopiva II l’olio e l’acrilico si fondono per dare vita a una superficie lunare, magmatica e frastagliata in cui linee e macchie sfumate rievocano profili di montagne, nubi o abissi notturni. Emerge sulla destra una figura maschile, appena percettibile, un’apparenza fantasmatica, gli angoli della bocca aperti in un sorriso che scalda i toni freddi. In Ascoltava e si sopiva III lo stesso personaggio ritorna, il volto in primo piano pesante si posa sulle braccia conserte in un’attitudine riflessiva. In che stato mentale è colto? È l’ambiguità che interessa maggiormente l’artista. Le stesse tonalità tornano nelle marine di Paolo Assenza (Roma, 1974). Velo per velo la pittura sembra trattenere la scia delle onde che si alternano sul bagnasciuga, la sabbia perlata viene inghiottita dalle ombre sulla sinistra. Mare e cielo si chinano l’uno sull’altro sulla linea di un orizzonte impregnato di malinconia. Nei quadri della seconda sala, la pennellata si fa più incalzante, le nuance più livide, l’atmosfera turneriana. Una nebbia pesante cala sullo specchio d’acqua di una laguna, mentre in una terza composizione dei rintocchi a virgola animano un cielo che presagisce tempesta.

Nelle nuove opere di Luca Grechi (Grosseto, 1985) la pittura si dirada, facendo trapelare la trama della tela. Se prima la squisitezza della sua pittura giocava sulle sovrapposizioni cromatiche date dalle velature, ora si sofferma sulla rapidità con cui la visione di forme naturali, soprattutto fitomorfiche, si rapprende. Petali carnosi occupano lo spazio esiguo dei frame più piccoli, spiccando sulle trasparenze retrostanti, impregnate di luce come sezioni irregolari di una vetrata colorata. Completamente diversi gli esiti pittorici di Marco Eusepi (Anzio, 1991), nonostante la prossimità dei soggetti rappresentati. Si intuisce il corpo di steli e corolle di fiori, che sembrano appena poggiati su un piano bianco crema. Vengono in mente, per vicinanza e contrasto, alcune opere di Alessandro Twombly. Eppure, la maniera in cui Eusepi interagisce con i pigmenti è estremante personale: la pennellata non è pettinata, ma trabocca di sensualità viscerale.

Luca Grimaldi (Roma, 1985), da parte sua, sfrutta la pittura per indagare alcuni substrati sociali o per interrogare i termini della visione. Le sue superfici rievocano il mondo digitale: sono composte da pixel che si intrecciano in un tessuto piatto. Partendo da una composizione – come un prato in cui pascolano delle mucche -, Grimaldi ritaglia l’immagine creando dei moduli tridimensionali. 

Sia Romina Bassu (Roma, 1982) che Krizia Galfo (Ragusa, 1987) si soffermano sulla sfera emotiva e psicologica femminile. Condividono, inoltre, la pratica preparatoria di lunghe sessioni fotografiche con le modelle. Bassu sembra prediligere una pittura leggermente sfaldata, in cui brevi pennellate di direzioni diverse, accostate, costruiscono l’immagine in maniera pre-impressionista ricordando alcuni quadri di figura di Manet. Possiamo leggere persino i peli delle setole dei pennelli. Sono i gesti, a volte anche violenti, che colpiscono nelle sue opere, oltre a una tavolozza di grigi-pastello, a volte virati verso verde e celeste, altre volte sui rosati. Galfo, invece, si contraddistingue per le tonalità fredde, ma i colori scelti sono vividi: il rosa e il cobalto vibrano di lucentezze madreperla. La sua pittura sembra iperrealista ma è venata di un gusto surreale, la pennellata si perde nella precisione del tratto. Le donne ritratte sono sconvolte da una vicinanza che rischia di mettere a repentaglio gli spazi personali. Le camicie satinate reagiscono al tocco e alla pressione articolandosi in sottili pieghe. Katia Pugach (Sebastopoli – Crimea, 1981) crea delle conformazioni globulari dove fasce di colore acquerello sono contrastate da striature di sabbie ferrose.

Scrivo la mia città (2022), infine, è un’opera che presenta le caratteristiche tipiche dei lavori di Diego Miguel Mirabella (Enna, 1988) ispirati ai mosaici Zellige. L’artista introduce delle varianti ai pattern tradizionali marocchini e si avvale di maestranze di Fès. Tra le tessere si può leggere “Tra il corpo e la penna un riserbo. Scrivo la mia città” mentre ai bordi dell’opera corre una decorazione calligrafica: è la firma dell’artista che si fa indecifrabile proponendosi come motivo ornamentale. Con lo stesso principio, i tre lavori Paesaggio Mirabella usano la firma dell’artista come se fosse uno skyline (olio su metallo) che si staglia su un cielo di rattan.

Nella pittura. Roma capitolo I
a cura di Massimo Mininni e Davide Sarchioni
fino al 3 settembre
Galleria Il Frantoio – Piazza della Provvidenza 10, Capalbio

Articoli correlati