Bloom, una discesa lisergica e inquietante in un universo oscuro

A metà strada tra il sogno e la realtà, le atmosfere evocate dal graphic novel Bloom flirtano con il gotico inglese

Un noto romanziere di ascendenze nobili, uomo intelligente, algido e raffinato, si trasferisce nell’antica villa di famiglia – edificio non solo suggestivo ma, soprattutto, ricco di storie macabre e di scheletri nascosti negli armadi – per scrivere il finale del suo ultimo capolavoro Uno stabile in cui la realtà può facilmente arrestarsi per poi confondersi con la dimensione, tanto sfuggente quanto imprevedibile, dell’onirico. Qui l’autore, scoprirà a proprie spese che il mondo che lo circonda può essere ancora più strambo e inquietante di lui.

Scritto da Marco Nucci, disegnato da Letizia Cadonici e colorato da Alessandro Santoro, Bloom (Edizioni Bd, cartonato, 160 pagine a colori, 22 euro) è un volume a fumetti «formato da sette capitoli, ognuno dei quali potrebbe definirsi un piccola storia dell’orrore fatta e finita, come un racconto di Dino Buzzati o di Edgar Allan Poe», spiega Nucci (nato vicino a Bologna nel 1986, lavora nel mondo della scrittura dal 2013 come romanziere, sceneggiatore, redattore, editor e insegnante).

Che continua: «Messi insieme, questi capitoli rivelano una storyline orizzontale, di certo spiazzante ed ermetica, ma a suo modo coerente. Il progetto nasce dalla mia passione di lettore per il perturbante e per l’onirico, tant’è che le storie di Bloom seguono una logica e delle leggi tutte loro, simili a quelle della nostra realtà, ma un po’ (come dire?) spostate, incrinate, sonnambule. Un’altra volontà era quella di “spaventare ma con ironia”, come facevano i film inglesi della Ealing Picture degli anni Quaranta e Cinquanta – vedi Incubi notturni (1945), diretto da Alberto Cavalcanti, Robert Hamer, Charles Crichton e Basil Dearden – o, più banalmente, certi Dylan Dog di Tiziano Sclavi». 

Un racconto horror «tutt’altro che esplicito – incalza Cadonici –, non ci sono infatti scene visivamente disturbanti (qua e là forse sì), ma la principale caratteristica è l’atmosfera surreale e inquietante fatta di piccoli dettagli orrorifici subliminali e che si insinuano sotto pelle». Un graphic novel, Bloom (logo e lettering di Maria Letizia Mirabella, supervisione di Dario Sicchio), contraddistinto da meccanismi e idee «che spesso giocano con il non sequitur logico. L’effetto che vuole dare, molto prima di spaventare, è quello di stupire. Se poi la sorpresa è anche un po’ paurosa meglio ancora, ma l’intento primario è che il lettore si diverta e resti spiazzato. Per chi lo giudica come horror? È un horror con enorme dignità e understatement, perfettamente inglese, da ora del tè», riprende Nucci.

A proposito di “stile british”, parliamo di un volume a fumetti esaltato dai colori di Santoro (avellinese, vive a Roma, dove si è diplomato in illustrazione allo Ied e in fumetto alla Scuola internazionale di comics. Dal 2014 lavora come illustratore, disegnatore e colorista di fumetti), che circoscrive: «All’inizio del lavoro mi sono concentrato sul rendere bene “l’inglesità” di Bloom, soprattutto nelle scene a casa sua, con palette pastello posate ed eleganti. Poi, come sempre, il colore si presta al procedere delle vicende, quindi tutto diventa più inquietante e acceso, con i toni rossi del sangue che prevalgono». 

C’è poi un intero capitolo dedicato all’assenza e alla presenza del colore. «Tutto è in un tono seppia da fotografia sbiadita – prosegue Santoro –, ad eccezione di alcuni elementi che sono di colori accesi e ben definiti, per un preciso motivo. Questa nello specifico è stata un’idea di Marco, che mi sono divertito molto a sviluppare». Divertimento condiviso anche da Cadonici (romana, classe 1991, si è diplomata alla Scuola internazionale di comics della capitale, cominciando a lavorare come disegnatrice nel 2016).

«È stato spassoso e stimolante lavorare con uno sceneggiatore imprevedibile come Marco. Mentre disegnavo le tavole non sapevo mai cosa aspettarmi e non vedevo l’ora di scoprire cosa sarebbe successo dopo. I colori di Alessandro sono magnifici, e in più, essendo compagni non solo sul lavoro ma anche nella vita, abbiamo lavorato gomito a gomito sul progetto, il che ha reso tutto ancora più intenso. In generale, noi tre siamo stati un team incredibile: ci siamo confrontati per tutta la durata della lavorazione con entusiasmo e serenità. E non è poco». 

Sulla stessa scia c’è Nucci: «Potrà sembrare strano, e anche noioso, ma la verità è che io ho scritto le sceneggiature, Letizia le ha disegnate (benissimo) e Alessandro ha colorato (sempre benissimo) le tavole. Tutto qui. Nel frattempo ci siamo scambiati spesso messaggi, e rileggendoli mi pare che ci siamo divertiti. Come ho detto spesso, Bloom è ciò che scriverei in un mondo in cui non esistono paletti editoriali e gli autori hanno carta bianca. Dario Sicchio me l’ha data, e di questo lo ringrazio molto».

Info: www.edizionibd.it

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