Prosegue il progetto espositivo itinerante dell’Associazione Genesi curato da Ilaria Bernardi e intitolato Progetto Genesi. Arte e diritti umani con la seconda tappa della seconda edizione, allestita nella suggestiva cornice della cinquecentesca Villa del Principe a Genova.
Dopo il successo della prima edizione che tra il 2021 e il 2022 ha coinvolto le città di Varese, Assisi, Matera e Agrigento, all’inizio di quest’anno la mostra (arricchita con nuove acquisizioni) è ripartita con la sua prima tappa presso Triennale Milano per poi proseguire a Genova fino all’autunno e arrivare, infine, a Brescia dove concluderà il suo itinerario a gennaio 2024.
Il Progetto Genesi è caratterizzato da una forte connotazione didattica, poiché finalizzato a sensibilizzare il pubblico riguardo alle più pressanti questioni socio-politiche, ambientali e identitarie contemporanee, non solo tramite l’arte ma anche grazie a un fitto programma di eventi collaterali che include talk, workshop, visite guidate, con la collaborazione dell’Università del Sacro Cuore, del FAI – Fondo Ambiente Italiano, di RFK Italia – Robert F. Kennedy Human Rights e della Fondazione Gariwo.
Le opere esposte, provenienti dalla collezione dell’Associazione, sono state realizzate da artisti internazionali, appartenenti a generazioni differenti (alcuni sono infatti molto giovani mentre altri – come Monica Bonvicini, Betye Saar o Ai Weiwei – hanno una carriera già ampiamente affermata), e impiegano i media artistici più disparati: un vero e proprio melting pot, dunque, emblematico della diversità dei loro personali retroterra nazionali, culturali e artistici.
La mostra è organizzata in sei sezioni tematiche, ciascuna delle quali affronta criticamente i problemi politici e le ingiustizie sociali che affliggono il mondo d’oggi.
Nella sezione “L’identità multiculturale” troviamo per esempio l’installazione video Becoming (2015) di Morteza Ahmadvand: una riflessione sulla possibilità di convivenza pacifica tra culture rappresentata da tre solidi (una croce, un cubo e una stella di Davide che simbolizzano le tre religioni abramitiche) che volteggiano su altrettanti schermi di fronte a una sfera in fibra di vetro, rappresentazione del nostro pianeta.
Altro nucleo tematico è “La condizione femminile” che analizza la posizione della donna in società diverse ma accomunate da uno stesso elemento, ovvero il patriarcato e i suoi soprusi: Home is Where You Leave Your Belt (2019) di Monica Bonvicini è una delle opere inserite in questa sezione, costituita da un gomitolo di cinture in pelle (abbandonate su un tavolo dopo che immaginari uomini le hanno sfilate per commettere altrettanti stupri) che evocano il tema della violenza domestica e l’inquietante diffusione di tale fenomeno.
Poco più in là, tra le consolle e l’arredamento d’epoca della Villa, un altro gruppo di opere elabora il tema “La tutela dell’ambiente”, mettendo in guarda il pubblico dai rischi del collasso degli ecosistemi ed evidenziando l’esigenza di operare un’inversione di rotta prima che sia troppo tardi: tra queste c’è per esempio MC – Bestiary of Capital (2019) di Paulo Nazareth, una teca contenente quattro banconote, recanti l’immagine di animali estinti che vengono poi da lui riprodotti con la tecnica dell’origami. Una critica, dunque, alla mercificazione dilagante prodotta dall’economica capitalista che, in nome del profitto, ha trasformato in beni di consumo anche gli animali e la natura.
Per la sezione “La memoria di un popolo” sono state scelte invece opere che trattano il tema della sopravvivenza delle storie e delle tradizioni locali delle comunità di provenienza degli artisti che le hanno realizzate, ma non solo: l’artista ucraina Zhanna Kadyrova, per esempio, propone Made in Brazil Series #6 (2014), ovvero la sagoma di un abito femminile realizzata con piastrelle di ceramica bianche e blu recuperate in Brasile da edifici pubblici distrutti. L’arte diviene così un mezzo creativo per salvaguardare e trasmettere la cultura e la storia (in questo caso, la tradizione architettonica) dei popoli nel tempo.
Infine, nella mostra è dato ampio spazio anche alla critica politica. È il caso delle due rimanenti sezioni intitolate rispettivamente “Il colore della pelle” e “Le vittime del potere”. In esse vengono analizzate le dinamiche di potere – violente e inique – che si vengono a creare tra oppressore e oppresso: nel primo caso sotto forma di segregazione razziale (per esempio Mughshot Portraits: Women of the Montgomery Bus Boycott, Charlie Mae Slaughter – 2018 – di Lava Thomas che si incentra sull’attivismo delle donne afroamericane negli Stati Uniti negli anni ‘50), nel secondo come soprusi e violenze perpetrati ai danni della popolazione civile da parte dei governi (come nel caso del poster di Ai Weiwei intitolato Bombs – 2020 – che svolge una denuncia degli orrori della guerra rappresentata dalle armi di distruzione di massa che danno il titolo all’opera).
Alla base del Progetto Genesi vi è dunque la visione di arte contemporanea come “ambasciatrice dei diritti umani”, uno spazio di espressione libero in cui discorso politico e produzione estetica possono fondersi, nel tentativo di parlare direttamente al cuore del pubblico e creare davvero “una cittadinanza più responsabile e attiva”.
Progetto Genesi. Arte e diritti umani
a cura di Ilaria Bernardi
fino al 22 ottobre 2023
Villa del Principe – Via G. Garibaldi 9, Genova