La vicenda personale e creativa di Mirko Leuzzi trasporta con se un sapore romantico, d’altri tempi. L’esigenza di deviare dal proprio percorso personale assecondando gli stimoli dell’estro è sempre sinonimo di ardente coraggio. Il desiderio di esprimere se stessi e la propria personale visione del mondo porta, a ridosso degli anni della pandemia, un giovane studente di filosofia a dedicare proprie energia alla scoperta di se stesso. Tale sentiero lascia approdare Mirko Leuzzi alla pratica della pittura, istintivamente prediletta come strumento capace di far emergere la propria forza creativa.
L’arte si fa strumento esorcizzatore della paura e del timore di sfidare il mondo. La pittura quindi non è una semplice valvola di sfogo, piuttosto un generatore di sensazioni ed emozioni che vogliono incontrare il prossimo, terreno fertile per farle crescere e proliferare.
Alla Galleria Basile Contemporary la sua più recente serie di dipinti, raccolta nel progetto espositivo Gli occhi per dirlo, rimane in mostra fino al 29 luglio. L’esposizione fortemente voluta dalla gallerista Rosa Basile vede la curatela di Adriana Polveroni. Lo sguardo esperto di entrambe coglie nella primitiva naturalezza di Leuzzi un enigma da risolvere, un sistema di cortocircuiti emotivi che cerca la sua chiave di lettura.


Da cosa nasce la collaborazione con Mirko Leuzzi?
RB: «La conoscenza con Mirko è nata in modo casuale, mi è stato presentato da conoscenze comuni. Fin da subito c’è stato un colpo di fulmine. Mirko mi ha colpito grazie alla sua personalità. Io ero molto silente e ascoltandolo ho sentito una forza interessante. Mentre raccontava la sua vita e come è nato il suo lavoro, ho percepito con chiaramente la forza del suo carattere ma allo stesso tempo ho percepito anche il suo essere schivo, sfuggente. La curiosità era ormai accesa e sono quindi andata a vedere le sue opere nello spazio in cui lavora, percependo una grande sincerità che andava a confermare le intuizioni che erano nate in me durante il nostro incontro precedente. Mascherato dai colori, nel suo tratto ho sentito di nuovo la stessa potenza che osservavo nella sua persona».
Cosa colpisce di più nei quadri di Leuzzi?
RB: «Come anche Adriana Polveroni racconta egregiamente nel suo testo, ciò che mi ha più rapito sono questi occhi. Il colore che pervade i suoi dipinti attrae ma il bianco elettrico che Mirko Leuzzi sceglie di mantenere negli sguardi delle sue donne pietrifica. Quando li ho visti ho capito che erano in grado di incarnare perfettamente il contrasto che si percepisce tra l’esuberanza della sua immagine e il suo essere granitico».
Basile Contemporary non è solita occuparsi di giovani artisti, cosa è cambiato con Mirko Leuzzi?
RB: «È vero, la mia galleria non si è occupata dai giovani fino ad oggi. Solitamente guardiamo agli artisti più maturi, middle carreer: prima di Leuzzi sono stati infatti ospitati Paolo Grassino, Daniele Galiano, Giovanni Albanese. La galleria quindi predilige ricerche che abbiano già avuto modo di maturare ma in questo caso la scelta è stata giustificata alla ferma convinzione secondo cui un giovane come Mirko è in grado di tenere il passo anche con artisti con più esperienza».
La sfida di investire sui giovani sarà portata avanti anche con gli appuntamenti fieristici del prossimo autunno?
RB: «Abbiamo già in fase di preparazione alcuni nuovi progetti in vista dell’autunno ma ancora non voglio svelare nulla. L’idea di portare avanti i giovani esiste. Durante la prima edizione di Roma Arte in Nuvola lo stand di Basile Contemporary ha ottenuto grandi riconoscimenti e altre soddisfazioni ci sono state garantite durante la seconda edizione seppur la fiera sia ancora ai suoi primi passi. Affrontare l’ambiente della fiera con una visione personale è fondamentale. È vero che la fiera è per antonomasia il luogo dove vendere ma ritengo necessario che il proprio stand dimostri una coerenza con la visione creativa della galleria. Intendo dire con questo che se si creeranno le condizioni per inserire nel nostro eventuale progetto proposte come quella di Mirko sarà sempre mantenendo una congruenza e un legame con quello che è stato il percorso portato avanti fino a oggi».

La relazione tra la Gallerista Rosa Basile e Adriana Polveroni nasce proprio a Roma, nella Nuvola di Fuksas in occasione della fiera d’arte capitolina che quest’anno inaugurerà la sua terza edizione. Il dialogo che la galleria ha deciso di portare avanti con voci affermate del sistema dell’arte evidenzia un apertura di visioni, capace di arricchire una proposta sempre in continua evoluzione. Adriana Polveroni ci ha raccontato la sua esperienza da curatrice del progetto espositivo Gli occhi per dirlo:
La gallerista Rosa Basile dice di essere stata dapprima catturata dalla personalità di Leuzzi, poi rincontrata nella sua arte, per te è stato lo stesso?
AP: «Sono stata colpita dal talento naturale di Leuzzi, che è decisamente sorprendente e catturante. Anche se penso – e gliel’ho anche detto – che dovrebbe passare da una fase molto istintuale a un momento di maggiore riflessione sul suo operato, magari anche studiando, Mirko è del tutto autodidatta. Ma sono stata anche molto colpita dalla sua diversità verso di me e dall’arte che ho seguito finora. Per me è stata una sfida occuparmi di un giovane artista come lui. Diverso per il lavoro che fa, per l’età e la sua storia. A me piace sfidarmi, non rimanere nelle certezze che ho. Tutto il mio lavoro lo racconta, gli esiti, se ho sbagliato o no, poi si vedono dopo».
Mirko Leuzzi è un autodidatta, nel testo critico ti riferisci a lui dicendo che ha “la pittura dentro”, che accezione ha quest’espressione?
AP: «Quello che dicevo poco fa. E’ fortemente istintivo, per lui dipingere è un gesto necessario e liberatorio. Qui sta la sua forza: la “pittura dentro”».
Si parla spesso di dialogo transegenerazionale: l’arte dei giovani di oggi è in grado di tenere il passo con la proposta che hanno saputo offrire le generazioni precedenti a quella attuale, tra la fine del ‘900 e l’inizio del 2000?
AP: «Difficile dire sì o no. Nel frattempo sono cambiati il mondo dell’arte e il sistema dell’arte. E’ cambiato anche il collezionismo che sostiene l’arte, la pittura è tornata ad essere protagonista e gli artisti sono altra cosa – strutturalmente e culturalmente – dagli artisti di un secolo fa, o solo di cinquanta anni fa. E’ cambiato il mondo. Non si possono fare confronti, altrimenti si rischia il piagnisteo, che non è il genere che mi attrae particolarmente».

da sx: Adriana Polveroni, Rosa Basile e Mirko Leuzzi
Info: basilecontemporary.com