Kazuko Miyamoto al MADRE di Napoli, la prima mostra di Eva Fabbris come direttrice

Eva Fabbris inizia il suo mandato da direttrice del MADRE con la prima retrospettiva italiana dell'artista giapponese

La retrospettiva dell’artista Kazuko Miyamoto è il progetto con cui la nuova direttrice del MADRE, e anche curatrice di questa mostra, Eva Fabbris, inizia il suo mandato. Fabbris non solo sceglie di ospitare le opere di una grandissima artista come Miyamoto ma procede non dimenticando l’essenza, l’intenzione e la missione di un museo d’arte contemporanea, ovvero quella di creare studi, materiali teorici e archivi di artistə contemporaneə così da mappare e conservare le carriere e le storie che comporranno nel prossimo futuro un altro pezzo di storia dell’arte contemporanea. Per questo oltre alla mostra che tuttə possiamo visitare nella magnifica sede del museo, vi sarà in autunno anche la pubblicazione di una monografia sull’artista in questione curata da Luca Cerizza, Zasha Colah e Eva Fabbris.

È, però, inoltrandoci nelle sale del museo che vedremo con i nostri occhi la carriera di un’incredibile artista dispiegarsi attraverso le sue stesse opere. La mostra è suddivisa su due piani, precisamente il secondo e il terzo del museo. Il secondo piano prevede un percorso in ordine cronologico che parte dagli anni Settanta. Nel 1964 l’artista arriva a New York dal Giappone per completare gli studi d’arte e nel 1968 diverrà assistente dell’artista Sol LeWitt con il quale si creerà un sodalizio amicale e artistico. Il percorso espositivo inizia dunque con una serie di installazioni, le sue STRING CONSTRUCTION, così chiamate dall’artista perché consistenti in sculture fatte da spaghi o sottili corde che collegate a chiodi, piantati in terra o al muro, creano suggestive e particolari forme dichiarando subito un intento minimalista ma del tutto personale. Infatti in queste opere ritroviamo l’importanza per l’artista delle forme, del ritmo, della scansione del tempo che riprendono non solo il Minimalismo ma anche la passione dell’artista stessa per il teatro danza giapponese. La mostra è infatti scandita da video di performance, sia negli anni Settanta che Ottanta in poi.

Performance in cui il teatro tradizionale giapponese viene espresso in tutto il suo splendore e mistero. È interessante notare, inoltre, l’attenzione ai materiali come il legno, la corda, la carta che spesso fungono da tessuti o da strutture come accade per i vari kimono che Miyamoto spesso riproduce nelle sue opere come simbolo della sua stessa essenza. C’è anche, procedendo verso le sale dedicate agli anni Ottanta, raffigurata tutta quella parte di vita personale che ha influenzato con forza la pratica artistica di Miyamoto ovvero quella dell’attivismo e della street life. Eva Fabbris ha ben pensato che delle testimonianze fotografiche che ritraggono l’artista intenta a creare opere in boschi o strade potessero essere attaccate alle finestre delle sale con l’intento di farle attraversare dalla luce della strada del contesto napoletano che circonda il museo, eliminando così anche il limen tra contesto e museo stesso. Limite che, tra l’altro, è uno dei temi artistici di Miyamoto, motivo per cui tra gli anni Settanta e Ottanta produrrà una serie di “ponti” spesso sospesi nei boschi tra due alberi, tracciando così l’importanza di un elemento che rappresenta la diaspora di molti artisti da luoghi ad altri. È di fatti per questo che lavorerà e esporrà anche con artiste come Ana Mendieta che, allo stesso modo, trattava argomenti come femminismo, corpo e diversità etnica. Nelle opere dell’artista ritroveremo cenni al femminismo e al corpo che spesso viene messo al centro dell’opera.

Il terzo piano abbandona l’ordine cronologico per mostrare diverse opere che l’artista ha realizzato per diversi luoghi come la string construction fatta per la caffetteria del MoMa e la prima creata in Italia su una porta della galleria barese di Marilena Bonomo, oggi essenziale archivio sia per Miyamoto che per LeWitt. Inoltre, la mostra è in collaborazione con il MAO, Museo d’arte Orientale di Torino che ha realizzato un public program performativo e musicale dal titolo “Envolving Soundscapes” curato da Chiara Lee e Freddie Murphy. È quindi davvero importante partecipare alla visione di questa mostra. Innanzitutto per goderne poi per ammirare la minuziosità dei particolari sapientemente ricostruiti dal lavoro di tante persone e, infine, per essere testimoni della realizzazione di un nuovo pezzo di storia dell’arte contemporanea che il Madre sta costruendo.

Kazuko Miyamoto
a cura di Eva Fabbris
fino al 9 ottobre
Museo MADRE – via Luigi Settembrini, 79 Napoli