The divided states of hysteria, il racconto a fumetto di un futuro distopico

Il provocatorio fumettista americano Howard Chaykin mette in scena una satira tanto feroce quanto tagliente

Se un giocatore non si giudica da un calcio di rigore, come un noto cantautore insegna, un volume a fumetti – ma, più in generale, qualsiasi libro – non si valuta dall’immagine di copertina. Eppure ci sono graphic novel che sfuggono un po’ a questo teorema, poiché avvistandoli in fumetteria o libreria risulta quasi impossibile ignorarli. Per poi magari sfogliarli e scoprire che la storia in questione è altrettanto all’altezza della cover. Senza dilungarci rimandiamo a The divided states of hysteria (Saldapress, cartonato, 160 pagine a colori, 24.90 euro), scritto e disegnato da Howard Chaykin, con ampia probabilità il più provocatorio fumettista statunitense contemporaneo. Classe 1950, già protagonista della scena internazionale dei comics, l’autore nativo del New Jersey ha scritto e disegnato uno dei volumi a fumetti piò dibattuti degli ultimi anni – proprio a partire dall’immagine di copertina: una donna che indossa un burka cucito con la bandiera americana –, un thriller politico quanto mai attuale di un’America fuori di testa. 

In questo caso, però, la violenza che serpeggia nella società a stelle e strisce non è sporadica, come ad esempio accade nella serie The Purge ideata da James DeMonaco, ambientata in un paese distopico in cui una volta l’anno ai cittadini sono concesse 12 ore per dare libero “sfogo” alla rabbia, agli avvilimenti, alla violenza che norme, regole e convenzioni sociali emarginano negli altri 364 giorni. Concepito durante il mandato di Donald Trump – 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America dal 2017 al 2021 –, The divided states of hysteria (colori di Jesus Aburtov e Wil Quintana; lettering originale di Ken Bruzenak, che ha curato anche la produzione; editor: Thomas K.) è un graphic novel sanguinolento (dalle sparatorie alle esplosioni, non si fa mancare nulla), dal linguaggio forte e dalla trama priva di freni inibitori (come nelle scene di sesso spinto), estremizza il diffuso e ordinario sentimento di insicurezza e disordine morale che Chaykin – oltre a una esperienza in Marvel assai ridotta, ha lavorato su varie testate DC Comics – conferisce, in modo chirurgico, all’odierna società americana.

Scritto e illustrato come una sorta di Suburra del terzio millennio, è un affresco narrativo crudo, certamente, ma soprattutto lucido, che ha generato più di una levata di scudi per modus operandi, da parte dell’autore, scevro da qualsiasi forma di politicamente corretto. L’autore, infatti, tratteggia non solo la violenza grottesca ma anche l’oscurantismo imperante che covano oggi tra le pieghe del progressismo di facciata della società moderna, di un’America «divisa, arrabbiata e terrorizzata», come riporta la quarta di copertina. L’incipit di The divided states of hysteria non lascia spazio a fraintendimenti su come si evolverà il racconto: «Un mese fa il presidente in carica degli Stati Uniti e gran parte del suo gabinetto sono stati assassinati in un colpo di stato fallito. I servizi di intelligence delle nazione e tutte le risorse a disposizione sono in stato di massima allerta». Così, per eliminare le cellule terroristiche responsabili dell’attentato nucleare che ha raso al suolo la Grande Mela, in una corsa contro il tempo il governo statunitense dovrà individuare – per poi affidarsi – una squadra capace di agire senza il vincolo delle leggi dello stato né della correttezza. 

Racconto feroce e tagliente, The divided states of hysteria raffigura – e prefigura – il domani terrificante di una società che si liquefa a causa dell’odio, dell’ignoranza e dell’intolleranza imperanti. Una satira, quella di Chakyn (ha iniziato la sua carriera come apprendista di Gil Kane, “papà” di alcuni supereroi, come Adam Warlock, Morbius e Pugno d’acciaio per la Marvel comics, insieme con Roy Thomas, collaborando in seguito con nomi del calibro di Neal Adams e Wally Wood), che va dritta al punto, colpendo il lettore con un gancio devastante che non ammette replica. Un’entrata a gamba tesa da parte del fumettista statunitense (noto, in particolare, per i suoi lavori indipendenti “American Flagg!” a Black Kiss), che – oggi come ieri – ammette l’enorme privilegio «ogni fottuto giorno» di sedersi al proprio tavolo di lavoro «sapendo che il fumetto, pur non coinvolgendomi come consumatore, mi offre comunque l’opportunità di affrontare nuove sfide grafiche e narrative». Altresì riconoscendo «la mia costante urgenza di creare vignette, tavole, pagine e volumi dotati di peso narrativo».

Info: www.saldapress.com

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