Arriva dalla FCdA Federazione Consulte Universitarie di Archeologia l’appello in favore della libera circolazione delle immagini del patrimonio culturale pubblico. Con il Decreto Ministeriale 11 aprile 2023, n. 161, il Ministro della Cultura Sangiuliano ha definito gli importi minimi dei canoni per la riproduzione dei beni culturali presenti in archivi, biblioteche e musei statali, disciplinata dagli artt. 107-108 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma il decreto, oltre ad alzare considerevolmente i costi, avrà un impatto negativo anzitutto sulla ricerca umanistica perché sottopone per la prima volta a tariffa la pubblicazione di riproduzioni di beni culturali statali anche nei periodici scientifici, danneggiando in primo luogo i giovani e le loro progressioni professionali.
«Il tariffario non solo punisce la ricerca – si legge nella petizione – la quale è a tutti gli effetti la prima forma di valorizzazione del patrimonio culturale, ma contraddice i contenuti del Piano Nazionale di Digitalizzazione (PND), con il quale lo stesso Ministero della Cultura aveva reso gratuito l’uso di riproduzioni di beni culturali statali in qualunque prodotto editoriale a prescindere dalla tipologia di pubblicazione, dal prezzo di copertina e dalla tiratura. Questo decreto è emanato proprio nel momento in cui si sta progressivamente affermando in musei, archivi e biblioteche di tutto il mondo l’adozione di licenze Open Access, che prevedono il rilascio gratuito di immagini di beni culturali per qualunque finalità allo scopo di incentivare lo sviluppo culturale, sociale ed economico della collettività. E’ noto peraltro che, paradossalmente, le richieste di autorizzazioni e canoni concessori fanno lievitare i costi di gestione, rendicontazione e controllo delle pratiche da parte dell’amministrazione statale, generando più oneri che ricavi, come recentemente osservato dalla stessa Corte dei Conti».
Le limitazioni imposte da questo decreto alla circolazione delle immagini si presentano inoltre come una vera e propria tassa sulla creatività, che da sempre trae ispirazione dalle opere d’arte e provocheranno la marginalizzazione del patrimonio culturale nazionale, dal momento che editori e imprenditori saranno indotti a ricorrere a immagini di istituti stranieri liberamente riutilizzabili, in contraddizione con le misure del governo a favore dell’editoria e dell’industria culturale e creativa e in particolare del “Made in Italy”.
Un grande numero di associazioni rappresentative dei professionisti dei beni culturali e le consulte universitarie del settore hanno già manifestato il loro profondo dissenso: «L’inasprimento di dazi anacronistici contrasta con i principi costituzionali che promuovono la diffusione della cultura e garantiscono la libera espressione delle idee, la libertà di ricerca e la libera iniziativa economica. Tanto più che simili restrizioni vengono giustificate dalla necessità di “tutelare il carattere storico-artistico dei beni culturali” facendo ricorso all’art. 20 del Codice, che attiene esclusivamente alla fisicità dei beni culturali ed esclude forme illiberali di controllo sull’uso sociale delle immagini di opere in pubblico dominio, le quali sono beni comuni di natura immateriale e in quanto tali non assoggettabili a vincoli proprietari. Con questo appello pubblico chiediamo alla Presidente Meloni di farsi carico di questi aspetti rilevanti dell’interesse nazionale e al Ministro Sangiuliano di aprirsi al dialogo per rettificare il decreto allineandolo almeno alle gratuità già previste nel Piano Nazionale di Digitalizzazione e permettere ai direttori di musei, archivi e biblioteche di adottare licenze Open Access, le quali si possono considerare autorizzazioni preventive all’uso delle immagini a canone azzerato per qualunque finalità d’uso come raccomandato dalla Corte dei Conti».