Forme astratte e sovrapposizioni: alla Fondazione Giuliani l’artista tedesca Raphaela Simon

Inquietanti fantasmagorie, corpi frammentati, teste androgine e aliene e un'impenetrabilità distaccata. Il perturbante è al centro dell'ultima personale dell'artista tedesca

È la Fondazione Giuliani ad ospitare Blaue Nacht la prima mostra italiana dell’artista tedesca Raphaela Simon. La personale, che ha aperto l’11 maggio e resta esposta al pubblico fino al 21 luglio, presenta 26 lavori di cui 20 opere pittoriche e 6 sculture, realizzate tra il 2018 e il 2023, alcune delle quali create per l’occasione. 
Nata Villingen nel 1986, Simon vive e lavora a Berlino, dove crea dipinti ad olio, forma d’arte che predilige, di grandi dimensioni, dalle forme semplici e indistinte su sfondi monocromatici, dando vita spesso a delle serie.

L’artista parte da un’emozione e da una forma reale, lavora su più livelli per creare delle stratificazioni sulla tela, sovrapitturando e modificando elementi precedenti più e più volte in un processo in alcuni casi rapido, in altri lento e metodico. Nei dipinti degli anni precedenti, alcuni delle quali presenti in mostra, i colori dominanti sono rosa, l’azzurro e il bianco, molto luminose, con riferimenti della Pop Art degli anni sessanta, sia nei toni che nei soggetti dipinti come dotando le sue tele di immagini sproporzionate di piatti di pasta, bisonti, coni gelato, salvagenti o singoli capi di abbigliamento. Questi dipinti, che richiamano le sculture morbide di Claes Oldenburg, evocano ritratti ironici, o figure emblematiche, del quotidiano.

I lavori recenti hanno un carattere totalmente differente: sono immagini nere, rosse e blu e scure, che si allontanano dalle rappresentazioni astratte di oggetti quotidiani semplificati. Il nuovo corpus di opere della Simon comprende inquietanti fantasmagorie di figure enigmatiche apparentemente umane ma, allo stesso tempo, del tutto inverosimili con corpi frammentati, torsi contorti e un’impenetrabilità distaccata simile a quella di una maschera. Queste figure, o figurazioni, androgine e aliene, sono alternate da quadri al disegno geometrico nettamente ridotto dove si possono scorgere accenni di ostacoli a forma reticolare – muri, grate, recinzioni – simboli di resistenza che si stagliano su sfondi neri goyeschi. Queste opere rendono la forma completamente astratta, conservando tracce visibili delle forme antecedenti.

Ogni dipinto diventa una sorta di palinsesto con sottili gradazioni di colore e riflessi di luce che emergono attraverso gli strati, aggiungendo così diverse sfumature alla composizione e dando vita a nuove strutture che l’artista non aveva immaginato. Questo cambiamento nei colori è avvenuto soprattutto a causa del periodo storico in cui ci troviamo, in cui le persone vivono situazioni e condizioni complesse: «Questo mi colpisce particolarmente – ha affermato l’artista – ed è un aspetto importante del mio lavoro. Penso anche ai dipinti neri di Goya, che trovo profondamente legati alla vita e alla morte, e che sono ovviamente meravigliosi. Penso che si tratti anche di uno sviluppo naturale dell’esplorazione della tavolozza. Sicuramente in futuro ci saranno di nuovo immagini luminose».

Accanto ai dipinti sono presenti le sculture, teste androgine e aliene come quelle rappresentate nei quadri, realizzate in tessuto, cartone e cotone idrofilo. La scultura è una forma d’arte che la Simon spesso ha utilizzato, in quanto la considera una estensione del campo di gioco delle immagini bidimensionali e in dialogo con esse, ma in passato prediligeva figure intere, a volte in movimento; in questo caso ha eliminato ogni movimento puntando all’astrazione, di conseguenza gli arti e il busto, fino a lasciare solo delle teste solitarie staccate dai loro corpi. 
Ora più che mai, nel lavoro di Raphaela Simon il perturbante è al centro dell’attenzione con immagini allo stesso tempo familiari e aliene che invitano lo spettatore a comprenderne il significato.