Ridefinire la narrazione attraverso la memoria del passato. Il nuovo appuntamento di Quotidiana a Palazzo Braschi

Prosegue il palinsesto espositivo di Quotidiana con il doppio appuntamento che vede protagonisti Jacopo Rinaldi per la sezione Portfolio e Alterazioni Video con Ryts Monet per la sezione Paesaggio

L’indagine sul contemporaneo italiano della Quadriennale innesca nuovamente l’incrocio di sguardi tra i flussi creativi nostrani e gli sguardi internazionali, quest’ultimi chiamati a ragionare sulle tendenze e sugli sviluppi che nella penisola hanno maggiormente caratterizzato la produzione dell’ultimo ventennio. Il nuovo binomio espositivo pone l’accento sull’indagine storica. Il progetto dà luogo a un reciproco riverbero delle ispezioni degli artisti chiamati dalla Quadriennale, diretta da Gian Maria Tosatti, per questa nuova pagina del ciclo che sta producendo una capillare ricerca sempre più metodologicamente essenziale nella perlustrazione degli orientamenti del presente all’interno della Penisola.

Quotidiana – Paesaggio, Marie-Therese Bruglacher: Making a Construction Site. Alterazioni Video / Ryts Monet, 13 maggio – 2 luglio 2023, Museo di Roma, Palazzo Braschi, veduta della mostra

Paesaggio indaga il concetto di Anti-monumento 

La nuova mostra del ciclo Paesaggio punta sulla lettura curatoriale della tedesca Marie-Therese Bruglacher che si interroga, attraverso gli sguardi di Ryts Monet e del collettivo Alterazioni Video, sulla valenza storica dell’oggetto monumentale. La lunga vita di tale genere di manufatti si scontra con l’inevitabile trasformazione culturale dei contesti in cui il monumento viene installato. La natura ideologia per cui tali elementi si palesano all’interno del tessuto cittadino ed extracittadino subisce la trasformazione dello sguardo con cui esse vengono percepite: tale presupposto è la base del ragionamento presentato a Palazzo Braschi, secondo cui la disconnessione con il presente deve comunque essere sanata da una nuova legittimizzazione, soprattutto in un momento storico che vede ormai arrivati a maturazione i dibattiti inerenti la storia del mondo occidentale. 
Le arti visive non hanno lasciato passare in sordina tale tematica che ha sempre più allargato il suo focus, abbracciando in senso lato il concetto di manifestazione del potere della supremazia bianca, nelle sue manifestazioni più ardite come nelle sue distorsioni. Di particolare importanza la presenza di una curatrice, come lei stessa tiene a specificare nel suo saggio correlato all’esposizione, «donna, bianca, di 32 anni, nata in Germania», figlia quindi di uno stampo culturale tedesco che ha proteso, dopo i fatti del secondo conflitto mondiale, verso l’iconoclastia, tagliando i ponti con la tragedia a firma nazista. 

L’atteggiamento italiano, ancora incapace di presentare in maniera unitaria una vera rilettura della propria esperienza totalitaria fascista, si contrappone quindi a un generale azzeramento dell’iconologia tedesca ideata da Adolf Hitler. La presenza, ancora imperante, delle grandi realizzazioni monumentali mussoliniane su tutto il territorio italiano, garantisce la propagazione di un’istantanea storica che pretenderebbe una radicale analisi critica. Da tale esigenza prende il via il lavoro di Ryts Monet, autore dell’installazione Taking the Shadow of an Obelisk and Let It Dissolvent into the Sea (2018), che consiste in una cianotipia su carta e nel video che documenta in tempo reale il processo che ha portato alla sua realizzazione. 

Alterazioni Video, Ispica, 2018, stampa Fine Art Giclée, edizione 3+1 a.p., Quotidiana – Paesaggio, Marie-Therese Bruglacher: Making a Construction Site. Alterazioni Video / Ryts Monet,
13 maggio – 2 luglio 2023, Museo di Roma, Palazzo Braschi

Monet opera in particolare per trasformare l’estetica e l’etica dell’obelisco di Villa Opicina a Trieste, “intrappolando” l’ombra del monumento sulla carta, che poi, successivamente lavata nelle acque dell’Adriatico, sviluppa e congela l’immagine. Il suo disciogliendo nel mare porta alla sparizione della natura corporea dell’oggetto e, idealmente, quindi viene messo in atto un rito di natura funebre, capace di manifestare la sempre più marcata incongruenza della simbologia dell’obelisco nell’era attuale. Il risultato della trasformazione estetica prodotta da Monet incarna l’idea dell’anti-monumento, un’implementazione delle modalità in cui la memoria viene propagandata, ridiscutendo i linguaggi formali tradizionalmente utilizzati: un atto di disobbedienza che invita non tanto alla definitiva cancellazione, piuttosto a una rielaborazione del contenuto che tali presenze rappresentano nel quotidiano di ognuno di noi. 

La ricerca di una nuova estetica si riallaccia direttamente con la serie di collage di Alterazioni Video che si legano all’installazione di Manet attraverso l’osservazione della decadenza del concetto di monumento stesso. Partendo infatti dal paesaggio urbano e rurale siciliano, il duo proietta nella presenza di strutture architettoniche fatiscenti, frutto dell’abuso industriale dilagante su tutto il territorio regionale, la traccia della decomposizione e dell’incompiutezza, attivando una disarmante presa di coscienza sull’attuale condizione della dimensione fenomenologica nazionale. 
La raccolta fotografica di case e altre strutture abbandonate viene formalmente rielaborata al fine di dare forma, attraverso la tecnica del collage, a inedite presenze architettoniche immaginifiche. Echeggia nelle composizioni una grottesca memoria brutalista che trasforma le icone dell’obsoleto, come anche dell’incauta e pigra amministrazione territoriale e della fatiscente presenza statale, in organi artificiali in apparente movimento. La sovrapposizione delle forme su campiture di cielo azzurro, nelle quali solo leggeri fasci di nubi interrompono la monocromia, producono l’impressione di una leggerezza disarmonica. Come spiega la curatrice: «Tale sforzo non deve essere visto come la nostalgia per un passato ormai perduto, ma piuttosto una discussione aperta sulla funzionalità e la sostenibilità degli edifici, nonché sulle mutevoli esigenze della società e sull’economia on-demand in un mondo globalizzato». La riflessione di Alterazioni Video mette in campo una vasta discussione sui fenomeni sociopolitici contemporanei quali le migrazioni, la ridiscussione dell’identità occidentale e la sua storia coloniale, mettendo in forte evidenza il fallimento del progetto europeo e americano di modellare a propria immagine e somiglianza il resto del mondo. 

Gaia Bobò chiama Jacopo Rinaldi 

Jacopo Rinaldi, io sono un disgraziato il mio destino è di morir in prigione strangolato, 2020, dettaglio, Quotidiana – Portfolio, 13 maggio – 4 giugno 2023, Museo di Roma, Palazzo Braschi, courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma

Per la sezione Portfolio lo spazio di Palazzo Braschi invita Jacopo Rinaldi che, accompagnato dalla figura curatoriale di Gaia Bobò, presenta la sua personale ricerca basata sulla documentazione d’archivio che da tempo porta avanti e che specificatamente in questa occasione risulta legata alla figura storica dell’anarchico Gaetano Bresci. Domenica 29 luglio 1900, ore 22.35, quattro colpi di pistola vengono sparati, di cui tre a segno (spalla sinistra, un polmone, il cuore) e il Re d’Italia, Umberto I° di Savoia, muore assassinato dall’attentatore toscano. Immediatamente arrestato, dopo appena quattro mesi di dura detenzione, Bresci improvvisamente muore, ufficialmente suicida, impiccatosi, nelle prime ore del pomeriggio, con un fazzoletto o con un tovagliolo, il 22 maggio 1901. Il lavoro di Jacopo Rinaldi solleva il velo della storia per puntare i riflettori sull’uomo e non sul simbolo che il suo atto lo ha portato a incarnare. La riflessione dell’artista si rivolge direttamente poi alla memoria collettiva e nel modo in cui Bresci è stato impresso nella storia.

La doppia installazione presenta la rielaborazione di due rarissime testimonianze fotografiche realizzate dallo stesso anarchico, partito dall’America per l’Italia armato di pistola e macchina fotografica, per dare luogo all’atto estremo. Vita quotidiana, scene familiari, oggetti cari che l’attentatore teneva con se, vicino al cuore, magari nella tasca della giacca che in quel drammatico momento indossa. L’opera io sono un disgraziato il mio destino è di morir in prigione strangolato presenta riprodotti su una pellicola specchiante due di questi scatti che nella loro versione originale conservano sulla superficie impronte digitali di Bresci, fondamentali nello studio comparato di antropologia criminale messo in atto per ufficializzare la sua condanna. L’esposizione che mette in evidenza il rapporto dell’uso della fotografia come veicolo di memora contestualmente collettivo/storica e personale, viene impreziosita dall’inserimento all’interno di un muro della sala di un volume redatto da Cesare Lombroso, colonna portante della visione illuministica alla base della materia criminologica.

Jacopo Rinaldi, io sono un disgraziato il mio destino è di morir in prigione strangolato, 2020, veduta dell’installazione, Quotidiana – Portfolio, 13 maggio – 4 giugno 2023, Museo di Roma, Palazzo Braschi, courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma

Rileggere le pagine della storia 

La rilettura del passato rimbalza quindi tra le sale di Palazzo Braschi evidenziando la forte e dilagante forma di interesse che le arti visive stanno palesando nell’approcciare l’idea di deviazione storica, interconnettendo il presente e il futuro e utilizzando la memoria come strumento di ridefinizione di una narrazione ormai vetusta e inattuale. Il pregiudizio e la categorizzazione forzata hanno dato frutto a un appiattimento del dibattito che non riesce a sconfinare oltre alla dimensione accademica o populista nella maggior parte dei casi. La memoria però, come bene collettivo, deve riuscire a compiere una nuova analisi di coscienza che tocchi da vicino l’intera società, protagonista tutta dello stravolgimento di ogni equilibrio che in questa dilaniata fetta di storia stiamo attraversando tutti insieme.

Articoli correlati