The Cremaster Cycle di Matthew Barney torna al cinema di New York

Non viene proiettato dal 2015. Il capolavoro di Barney torna nelle sale di New York in occasione dell'uscita di un nuovo incredibile lavoro

L’iconica impresa cinematografica di nove anni di Matthew Barney che ha contribuito a consolidare il suo posto tra le principali figure del mondo dell’arte emerse negli anni Novanta torna al cinema.
The Cremaster Cycle sarà proiettato al Metrograph di New York, in occasione dell’apparizione della nuova installazione in studio da Barney, Secondary, alla presenza dell’artista stesso e la scrittrice Maggie Nelson. «The Cremaster Cycle ha fatto il suo debutto a New York e non è stato proiettato in città dal 2015. Sono lieto di portarlo a Metrograph questa primavera in concomitanza con la prima del mio nuovo lavoro cinematografico Secondary, in mostra al pubblico nel mio Long Studio di Island City contemporaneamente, dal 12 maggio al 25 giugno 2023», ha dichiarato Barney.

Il lavoro di Barney dura dal 1994 al 2002, culminando nell’elaborazione di una saga monumentale composta da cinque film della durata complessiva di oltre sei ore. L’arte di Barney è volutamente ambigua e provocatoria, incentrata sulla fluidità di genere e soprattutto sul corpo: un corpo ibrido in mutazione nel tempo, vulnerabile e conflittuale. The Cremaster Cycle è un’indagine ricca di allegorie, visivamente sbalorditiva e tentacolare su questioni che coinvolgono lo sviluppo sessuale e l’atto della creazione. Ha scritto Olga Gambari a proposito: «Barney ha creato l’immagine del ‘contemporaneo’, scrivendo il proprio testo sacro sulla società in corso” diventando egli stesso protagonista della sua mitologia grazie all’uso del travestimento. Tutto ruota attorno alla morfogenesi e alla pulsione primordiale che spinge l’uomo a esprimersi attraverso la mitologia, l’attività sportiva, l’arte, la danza, il sesso e la violenza. È un percorso che accompagna l’evolversi delle società e delle culture attuali, un universo di stadi, stati e metamorfosi in cui l’individuo contemporaneo, senza più un’identità stabile, forgia se stesso cambiando pelle, sesso e storia».
Ogni lungometraggio è autonomo eppure legato agli altri, in cui l’artista è al contempo ideatore, regista e attore di questo percorso arduo e contorto, dalla narrativa tutt’altro che lineare. Gli episodi intrecciano sogni, visioni, mitologia greca, rituali religiosi e massonici, cerimonie shintoiste, teatro kabuki, aspetti folkloristici e popolari, ma anche fatti di cronaca, con un risultato totalmente ermetico. Il riferimento del titolo alla fase embrionale della formazione degli organi sessuali si accompagna all’idea di trasformazione e a uno stato liminale di potenzialità creativa.
In questi trent’anni l’opera di Barney continua ad affascinare dando spazio alle tensioni della contemporaneità e, dopo il suo ritorno al cinema, non vediamo l’ora di scoprire cosa succederà nel suo ultimo, scioccante, lavoro.