Il 6 maggio, con una cerimonia millenaria, Carlo Windsor è stato incoronato Re Carlo III nell’Abbazia di Westminster a Londra. L’ultimo rito di incoronazione sopravvissuto nel mondo occidentale, porta con sé una serie di oggetti che ritroviamo ciclicamente in ognuna delle cerimonie dei secoli scorsi:
La Pietra del Destino, chiamata anche Pietra di Scone, ha un valore storico per la Scozia. Pesante circa 152 chili, su quella pietra, infatti, hanno ricevuto la corona i re della Scozia e i re di Dalriada prima di loro. La leggenda narra addirittura che su di essa Giacobbe aveva ricevuto una visione, e che la frattura che presenta fosse derivata dal colpo infertole da Mosè per renderla capace di portare acqua. Fino al 1296 si trovava custodita all’interno dell’Abbazia di Scone, nei pressi della cittadina di Perth. Fu re Edoardo I d’Inghilterra a portare via dalla Scozia tutti gli emblemi e i simboli a cui la nazione era più legata. Tra questi portò con sé anche la pietra del destino e la portò all’interno dell’Abbazia di Westminster a Londra. Lì rimase per i successivi settecento anni. Tutti i monarchi britannici da allora l’hanno inserita nelle cerimonie di incoronazione, fino alla regina Elisabetta II. L’oggetto ha un valore tale per gli inglesi, che lo spostamento della pietra è avvenuto con un’operazione segreta, per timore che alcuni potessero tentare di impedirne il trasferimento in Inghilterra.

Il re è stato poi unto sul petto, sulla testa e sulle mani con l’olio contenuto nell’ampolla, un’aquila d’oro realizzata per l’incoronazione di Carlo II, il 23 aprile 1661, il vaso precedente essendo stato fuso nel 1649 dal Commonwealth dopo l’esecuzione di Carlo I. È un’aquila ad evocare la forma del primo contenitore di olio santo, presumibilmente donato a San Tommaso à Becket dalla Vergine Maria quasi 900 anni fa.

Il cucchiaio d’oro, o cucchiaio dell’incoronazione, in cui viene versato l’olio è l’oggetto più antico utilizzato nella cerimonia, risalente al XII secolo. Fu salvato dalla distruzione nel 1649 da un fedele funzionario che lo donò al re Carlo II alla restaurazione della monarchia undici anni dopo.
Dopo che il re è stato unto, sarà vestito con paramenti sacerdotali: una veste bianca, una tunica di stoffa d’oro, una stola e un mantello da incoronazione simile a un piviale, noto come Mantello Imperiale, realizzato per l’incredibilmente sontuosa incoronazione di Giorgio IV nel 1821, di fili d’oro e d’argento e di seta, ricamati con i fiori nazionali del Regno Unito.

Vestito da re-sacerdote, Carlo III è stato incoronato dall’arcivescovo di Canterbury con la corona di Sant’Edoardo, realizzata per Carlo II, ma con molte modifiche successive. Successivamente, però, il re ha indossato la Imperial State Crown (parola imperiale che non si riferisce all’impero coloniale ma all’autonomia della monarchia inglese), che è stata ricreata ben sei volte dalla sua prima apparizione nel XVI secolo. L’Imperial State Crown racchiude inoltre due gioielli dalla storia straordinaria: l’enorme pietra rossa di fronte, conosciuta come il rubino del Principe Nero (in realtà uno spinello), apparteneva ad Abu Said, principe moresco di Granada del XIV secolo, al quale fu sottratta da Pedro il Crudele, re di Castiglia, che la donò al Principe Nero, così chiamato per il colore della sua armatura, in segno di gratitudine per i servizi militari.


Fu poi indossata in celebri battaglie da due re medievali che conosciamo dall’opera di Shakespeare: Enrico V, vittorioso ad Agincourt – “We few, we happy few, we band of brothers” – e Riccardo III, sconfitto a Bosworth, piangente, “un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo” mentre combatte fino alla morte. Lo zaffiro ritagliato nella croce in alto è sia una sacra reliquia che un gioiello della corona perché fu prelevato 900 anni fa dalla tomba del re e santo anglosassone dell’XI secolo, Edoardo il Confessore.
