Il Governo intende recepire la direttiva Ue per la riduzione dell’IVA ma sono ancora tanti i dubbi e ambiguità sul tema fiscale. Ecco cosa ne pensano gli esperti del settore
Giorgio Fasol è un collezionista di lungo corso. Oltre a scoprire e a sostenere giovani talenti, tra le sue tante azioni che hanno per epicentro l’arte, c’è la battaglia per la trasparenza fiscale. Da sempre la sua idea è di abbassare l’IVA, dichiarando però guerra aperta al nero, sia per chi acquista che per chi vende. Solo così il sistema dell’arte può essere degno di questo nome, sostiene. Nel 2008, durante l’ultimo governo Prodi, insieme a un ristretto gruppo di galleristi e collezionisti, Fasol era riuscito a portare la questione al tavolo dell’allora ministro dei Beni Culturali. Sembrava fatta, tutti d’accordo nell’abbassare l’IVA avvicinandola agli standard europei, a quel tempo decisamente inferiori alla nostra. Ma nel gennaio 2008 Prodi cade e con esso cade anche il possibile provvedimento. «Il governo cade pochi giorni dopo il nostro ultimo incontro. Sono rimasto molto deluso, avevamo fatto un discreto lavoro, e da allora non ho più cercato di discuterne con i politici. Ma i problemi rimangono», racconta Fasol.

Qual è il nocciolo della questione oggi, come forse allora?
«Vuoi sapere la mia proposta? Semplice: cancellazione dell’IVA per gli artisti il cui fatturato non supera i 18.000 euro l’anno, e anche qui poi occorre sorvegliare, perché l’artista con un provvedimento simile non può continuare a vendere sottobanco. Abbassamento dell’IVA al 5% – questa era la nostra proposta al governo Prodi, oggi possiamo pensare a un 7% – nel caso di acquisto presso una galleria straniera. E abbattimento complessivo dell’Iva al 15%, oggi da noi sta al 22%, sebbene l’IVA in Europa, dove prima alcuni Paesi ce l’avevano al 5, 7%, è aumentata avvicinandosi al nostro livello».
Pensi che ci siano margini di manovra, specie dopo la recente sentenza della Corte di Cassazione?
«Mah, vedo che Sgarbi se ne sta occupando, ma io personalmente non ho più ripreso in mano l’argomento. Certo, tutto aiuta. Mi sembra che anche l’Angamc (Associazione nazionale delle gallerie d’arte moderna e contemporanea) si stia attivando. Ed è senz’altro buona la distinzione nelle tre fasce interessate: il collezionista, chi vende occasionalmente e il mercante vero e proprio, che a volte si nasconde dietro la maschera del collezionista».

Ma come si distingue il piccolo dal grande mercante?
«È nella vendita che emerge la differenza, se io vendo una o due opere all’anno per andare avanti con la mia collezione – anch’io lo faccio, non disponendo di capitali che mi permettono di acquistare con disinvoltura – penso che l’azione rientri nella figura del collezionista. Il vero mercante è quello che vende e compra, che compra anche e soprattutto per rivendere. Ma ci sono due problemi seri sotto tutto questo».
Quali?
«Prima di tutto il fatto che in Italia il diritto non è mai certo, ma interpretativo. La differenza tra chi vende occasionalmente e chi lo fa abitualmente l’ho esplicitata io, ma la recente sentenza della Cassazione non lo dice. Non fissa dei paletti. Uno dei quali potrebbe essere il seguente: le opere acquistate dieci anni prima, se rivendute, non vengono tassate. Questo frenerebbe la speculazione immediata, quella che ricerca la plusvalenza subito e che si adopera, se ha i mezzi, anche per influenzare il mercato. E su questo incide la seconda criticità».
Che sarebbe?
«Prima c’era la data certa dell’acquisto, che emergeva dal timbro dell’ufficio postale. Ora, con il pagamento online, tutto questo sparisce. Se poi vendo e mi pagano in tre rate, come si fa ad individuare la vendita? Come faccio a dimostrare che le tre rate si riferiscono a un’unica vendita? I truffatori sono molto abili e sanno come aggirare le norme. D’altra parte, l’ambiguità del legislatore è funzionale al non prendere posizione, e questo vale specie per l’arte che interessa poco la politica».
Quindi, che fare?
«Spingere il legislatore ad esprimersi con chiarezza al momento di fare la legge. Già sarebbe qualcosa».
Giorgio Fasol, nato a Verona nel 1938, è uno dei più importanti collezionisti d’arte italiani. Dalla sua grande passione per l’arte contemporanea nasce una significativa raccolta privata: Agi Verona Collection. Nel 1988 concede il primo prestito: cinque lavori esposti in occasione di Arte Fiera Bologna, e da allora le opere appartenenti alla sua collezione non hanno più smesso di viaggiare, richieste e prestate a Musei e Fondazioni di tutto il mondo vengono esposte in mostre e rassegne dedicate al linguaggio artistico contemporaneo. Dal 2019, attraverso l’iniziativa “Contemporanee / contemporanei”, l’Università di Verona accoglie in una mostra permanente una serie di opere della collezione Agi che Fasol ha messo a disposizione di studenti, docenti e visitatori. A maggio del 2023 il progetto sarà ampliato e un’altra notevole parte della collezione andrà ad arricchire l’Ateneo.
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