Collezionare, raccogliere, mettere insieme. La pratica del collezionismo ha sempre fatto parte dell’uomo e, storicamente, è connessa a motivazioni culturali ed estetiche, al fenomeno del mecenatismo e al mercato dell’arte.
Nell’ambito del collezionismo d’arte, il collezionista è quindi «il soggetto che acquista e vende opere d’arte per soddisfare un proprio interesse che, di norma, è quello di ampliare la propria collezione». Fino ad oggi i collezionisti, spesso inconsapevoli della posizione dell’Amministrazione Finanziaria e della giurisprudenza tributaria, si muovevano nel campo pericolosamente passibili di essere ricondotti ad un’altra categoria, quella dei mercanti d’arte, andando così incontro a non pochi problemi. In mancanza di norme chiare ed univoche, infatti, la dottrina e la giurisprudenza hanno affrontato il tema più volte, senza però mai sgomberare il campo da criticità interpretative.
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi non prevede norme specifiche per coloro che, in qualità di privati, effettuano attività di compravendita di opere d’arte o di oggetti da collezione. Per la dottrina il mercante d’arte è il soggetto che «investe professionalmente in oggetti d’arte allo scopo di trarne un profitto attraverso la successiva rivendita sul mercato». Lo stesso genera reddito d’impresa e le operazioni che compie sono soggette ad IVA. Secondo la giurisprudenza di legittimità e di merito fino ad oggi, «l’accertamento dell’esercizio di un’impresa commerciale da parte del collezionista non può essere svolto in astratto, ma richiede un’attenta analisi fattuale delle modalità attraverso cui agisce nel mercato dell’arte».
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione sembra aver chiarito una volta per tutte la loro posizione.

L’8 marzo 2023, è stata pubblicata l’ordinanza numero 6874 della Corte di Cassazione che fornisce delle linee guida per inquadrare correttamente la situazione e il conseguente trattamento fiscale da applicare. Tre sono i profili da distinguere:
- mercante di opere d’arte: colui che professionalmente e abitualmente ne esercita il commercio, anche in maniera non organizzata imprenditorialmente, col fine ultimo di trarre un profitto dall’incremento del valore delle medesime opere;
- speculatore occasionale: chi acquista occasionalmente opere d’arte per rivenderle allo scopo di conseguire un utile;
- collezionista: chi acquista le opere per scopi culturali, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l’opera, senza l’intento di rivenderla generando una plusvalenza.
Una volta fissato ciò, il passo successivo è la definizione dei criteri in base ai quali inquadrare il privato venditore di un’opera d’arte in una delle tre categorie di cui sopra, da cui discenderà poi il relativo trattamento fiscale.
- scopo dell’acquisto;
- frequenza e il numero delle transazioni;
- durata del possesso;
- attività finalizzate a facilitare la vendita;
- esame delle ragioni che hanno portato all’alienazione.
Ma soprattutto, la giurisprudenza ha individuato nell’abitualità il perno della questione e, ancora una volta, vengono stabiliti nero su bianco i requisiti per determinare tale abitualità:
- il numero delle transazioni effettuate;
- gli importi elevati;
- il quantitativo di soggetti con cui venivano intrattenuti rapporti;
- la varietà della tipologia di beni alienati.
Il soggetto che colleziona deve solo stare attento a non ricadere nella figura dello speculatore occasionale che è, secondo la Cassazione, colui che acquista occasionalmente opere d’arte per poi rivenderle allo scopo di conseguire un utile. Tenendo presente che «non rileva, ai fini impositivi, che il profitto conseguito venga capitalizzato in beni e non in denaro, in quanto porta sempre intrinsecamente un arricchimento del patrimonio personale del soggetto, e che non è possibile escludere aprioristicamente la qualità di imprenditore in colui il quale compia un unico affare, di non trascurabile rilevanza economica, a seguito dello svolgimento di un’attività che abbia richiesto una pluralità di operazioni».
Semplificando, la Corte ha quindi stabilito che il collezionista è «colui che acquista opere per scopi culturali, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l’opera, senza l’intento primario di rivenderla generando una plusvalenza». Questo significa che il collezionista non ha prevalentemente e principalmente interesse al valore economico dell’opera d’arte che acquista, ma il suo interesse e la sua attenzione sono al valore estetico-culturale del bene, al piacere di possedere l’opera, all’interesse per l’arte, agli artisti e il frequentare l’ambiente vedendo mostre, fiere ed eventi collegati all’arte.