È già passato un anno, le notizie sono calate e all’orrore ci si abitua sempre più in fretta quando non lo si vede più, ma la guerra in Ucraina continua, a un passo da noi, ad avere un impatto devastante sulla vita e sul futuro di milioni di persone, bambini compresi. A un anno di distanza, ancora una volta l’arte ci mette davanti un’occasione per riflettere da che parte stiamo andando e quanta strada ancora c’è da fare in termini di umanità.
Alcune iniziative che raccontano, attraverso lo sguardo di fotoreporter o artisti che provengono dalle zone devastate dalla guerra, la vita di chi vive ancora nel terrore:
La mostra di Julia Krahn, Bandiere di Pace; Ritratti di donne ucraine rifugiate ospitata nel Chiostro del Complesso di Vicolo Valdina della Camera dei Deputati fino all’8 marzo e organizzata da Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera dei Deputati. Il percorso espositivo prevede il racconto per immagini e interviste con cui l’artista fa parlare le donne ucraine fuggite alla guerra. Nel porticato esterno del Chiostro cinquecentesco sono installate sei bandiere recanti i ritratti di donne ucraine rifugiate, come delle icone laiche che si impongono nello spazio con tutta la forza e la dignità del messaggio che veicolano, un messaggio di resistenza e di pace. «Non parlo della guerra, delle sue impossibili ragioni per esistere o di chi la sta tenendo accesa – racconta Krahn – ma delle persone che la subiscono. Indifferentemente da pensiero, posizione o status, sono fuggite per salvare i loro bambini e hanno lasciato indietro i loro mariti. Oltre alla propaganda esistono persone reali. Ognuno con la sua storia. Io accolgo in studio chi ha voglia di condividere la sua».



Anche il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo ricorda lo scoppio della guerra con le opere dell’inviato speciale della Rai e fotoreporter Giammarco Sicuro presentando, in collaborazione con UNICEF, la mostra fotografica Can you smile for me? L’infanzia sperduta. Una collezione di 83 scatti che Sicuro ha raccolto in più dieci anni di lavoro in vari paesi del mondo – dal Myanmar, a Perù, Bolivia, India, Nepal, Brasile, Oman, Tagikistan, fino all’Afghanistan e all’Ucraina – raccontando attraverso i volti dei bambini le loro storie: un mosaico colorato ed eterogeneo, ma anche sofferente, emergenziale e doloroso di un’infanzia sperduta in angoli del mondo troppo spesso abbandonati e dimenticati. «Il volto simbolo di questa esposizione – ha dichiarato Sicuro – è quello di una bambina di Sviatohirsk, un villaggio del Donbass, che ho fotografato all’indomani della liberazione, dopo mesi di occupazione dell’esercito russo. Un volto triste, dallo sguardo perso e vuoto, incapace, appunto, di sorridere: “Can you smile for me?”». Le immagini e le installazioni artistiche della mostra sono donate all’UNICEF per sostenere i progetti a favore della sopravvivenza e dello sviluppo di bambini e adolescenti in tanti drammatici scenari mondiali. «Nelle guerre e nelle emergenze i bambini sono i più colpiti: perdono la loro infanzia, la scuola, la casa, la famiglia, la salute, le certezze; alcuni di loro conoscono soltanto violenze e fuga. Ringrazio a nome dell’UNICEF Italia Giammarco Sicuro per essere vicino alla nostra organizzazione e perché grazie ai suoi scatti possiamo far conoscere le storie che si celano dietro i numeri. Ringrazio anche il Museo MAXXI per avere ospitato la mostra», ha dichiarato Carmela Pace, Presidente dell’UNICEF Italia.


Il Museo di Risorgimento di Milano ospita, invece, fino al 12 marzo, la mostra fotografica Ucraina. Storie di resistenza, a cura del Consolato degli Stati Uniti a Milano. La mostra comprende scatti di Arianna Arcara e Mikhail Palinchak, per un un totale di 46 fotografie che raccontano la resilienza del popolo ucraino che ha scelto di rispondere alla brutalità dell’invasione russa, senza mai arrendersi. «Il 24 febbraio, primo giorno dell’invasione russa, in studio a Cesura è stato tumulto generale – ha sottolineato Arianna Arcara – sono stata subito travolta dalla necessità di partire verso quei territori che nel 2014 erano stati documentati dal cofondatore di Cesura e fotogiornalista Andy Rocchelli e avevano infine segnato la sua storia; così come quella di tutti noi altri membri del collettivo». E Mikhail Palinchak aggiunge: «Non ho mai pensato di diventare un fotografo di guerra e preferisco fotografare la tranquilla vita quotidiana del mio Paese facendo street photography. Ma quando la guerra è arrivata nel mio Paese, nella mia città natale e persino nelle strade dove vivo come cittadino e come fotografo, non ho avuto altra scelta che documentare ciò che stava accadendo intorno a me».

A Pisa, sulle pareti del centro espositivo museale SMS, dal tramonto di venerdì 24 all’alba di sabato 25 febbraio, verrà proiettata l’opera dell’artista concettuale russo Andrei Molodkin dal titolo Bloody Democracy e Putin Filled with Ukrainian Blood. Un’iniziativa organizzata dall’assessorato alla cultura del Comune di Pisa, curata da Giusy Caroppo e promossa da a/political con sede a Londra, dalla Galleria Giampaolo Abbondio di Todi e dalla piattaforma Circuito del Contemporaneo. «In questo momento catastrofico per l’Europa – parla Molodkin – il ruolo della cultura e dell’arte è quello di creare il contesto per comprendere la portata della crisi umanitaria che stiamo attraversando e di cui il popolo ucraino ne sta facendo le spese più imponenti. L’urgenza del mio progetto è quella di mostrare che la democrazia si trova in grave pericolo, sta già sanguinando. Voglio mettere in luce la terribile situazione che sta vivendo la comunità ucraina e aiutarla. Il sangue che combattenti e immigrati ucraini hanno simbolicamente donato per riempire le mie sculture è la loro ultima speranza. Questo è un progetto sociale sulla crisi della democrazia europea. Dobbiamo, tutti insieme, trovare una soluzione per uscire da questo momento di crisi. La rilevanza del tema è stata dimostrata dalle numerose pubblicazioni che la stampa internazionale ha dedicato al progetto trovando in esso la voce e l’immagine per un appello alla collettività. Oggi la voce della cultura è più determinante di quella dei politici. La democrazia è un costrutto vuoto facile da distruggere. In Ucraina si sta combattendo anche per difendere questo concetto. Il costo della guerra è sangue umano. Come artista uso il sangue umano per interrogare il sistema politico esistente».
