How was the fair? Un bilancio dell’ultima edizione di Arte Fiera

Investimenti mirati su settori strategici, grande risposta del pubblico generalista e collezionismo di nuovo in fiducia: così Arte Fiera è tornata a livelli d’eccellenza

How was the fair? Accompagnandoli fuori dai padiglioni, è la fiera stessa a chiedere agli avventori di ogni tipo un’impressione generale. Dal punto di vista dei bilanci più “ecumenici”, già questi fanno segnare un sì convinto: 50 mila i visitatori (a fronte dei 25 mila dello scorso anno), e un incremento del 60% sul dato 2022 per quanto riguarda le visite al sito ufficiale. Risposta affermativa anche da parte del circuito dei venditori e compratori. Il volume delle transazioni, infatti, e degli accordi presi e/o completati – tuttora il termometro più affidabile della riuscita di un evento del genere – ha fatto segnare una decisa inversione di tendenza.

Public Movement, Rescue, prodotto da Arte Fiera in collaborazione Fondazione Furla.
Courtesy of Public Movement and Vistamare, Milano / Pescara

«Parliamoci chiaro: le fiere funzionano se ci sono vendite ed è questo il nostro obiettivo finale». Così, Enea Righi, voluto da Menegoi nel ruolo di Managing Director di Arte Fiera: collezionista di primo piano, Righi ha saputo intercettare i bisogni di un parterre di collezionisti demotivato dal flop – anche logistico e gestionale – dello scorso anno. Le vendite ci sono state, per rispondere a Righi, e anche qualora non si siano concretizzate nell’immediato, il grado di soddisfazione si è comunque attestato su livelli molto alti, dovuti principalmente a un apparato organizzativo che ha saputo mettere nelle giuste condizioni gli espositori, valorizzandone il lavoro anche in chiave allestitiva. Le vendite ci sono state, quindi, e sono state possibili anche in virtù dell’ampliamento del pubblico dei compratori grazie all’introduzione della sezione Multipli: «Pensa all’opera di Giorgio Morandi – continua Righi – Non tutti possono comprare un suo dipinto ad olio ma si può più agevolmente scegliere di investire su una sua incisione». 

nelle stanze quando le persone se ne vanno?

Sul piano più strettamente culturale, invece, la proposta di Pittura XXI – sezione curata, per il terzo anno, da Davide Ferri – si è concentrata, pur con aperture agli anni ’80 e ’90 (Marco Emmanuele, Nell Nicholas, Marta Spagnoli ed altri) sulla generazione anni ’60 e ’70. Artisti mid-career, che proprio nella maturità ritrovano gli esiti più felici, per «la radicata (e giusta, da molti punti di vista) convinzione – scrive Ferri – che la pittura, diversamente da altri medium, abbia, salvo poche eccezioni, dei tempi di maturazione più lunghi». Particolarmente convincenti le proposte di Monitor, che con il solo show di Andrea Respino si aggiudica il premio Lexus – Gruppo Morini, di Luca Tommasi, con l’accoppiata Valentina d’Amaro-Matteo Montani, e di Ribot Gallery, che con Lorenza Boisi vince il premio Osvaldo Licini by FainPlast. Per Fotografia e immagini in movimento, convincenti gli stand di Paola Sosio – specialmente nell’accostamento tra i lavori di Giulia Marchi e Luca Gilli – di Spot Home Gallery (Michael Ackerman, Dimitra Dede) e di Antonia Jannone, nel dialogo tra Santi Caleca ed Ettore Sottsass. Meno convincente infine, per chi scrive, la performance Rescue, messa in scena dal collettivo israeliano Public Movement: scenograficamente e l liricamente molto valida, la danza coreografata dei cinque artisti, ispirata alle tecniche di soccorso e performata tra le macerie di un disastro ideale, che «proprio per questo può rappresentarne tanti», rimane forse soffocata dal contesto. Il dramma del crollo, e la speranza del salvataggio, che vengono chiusi dai limiti imposti dall’architettura, è tristemente spento, depotenziato nella sua sacralità lirica, dalla calca dei curiosi ma soprattutto dal posizionamento, vicino quanto inopportuno, dell’angolo bar. Uno scivolone che fa sorridere, e che tuttavia, se da un lato induce a ripensare il ruolo della performance nel contesto fieristico, e i criteri di selezione delle azioni da presentare, dall’altro non pregiudica la riuscita complessiva della fiera. Un successo che fa seguito alla battuta d’arresto dell’anno scorso, null’altro che un brutto ricordo superato con l’orgoglio che serviva, con un’attenzione al dettaglio e con una cura nella programmazione che non può, e non deve, farsi fatto isolato e felice eccezione, bensì tappa d’avvio di un processo di recupero di una centralità perduta.